DA UN ANTICO RACCONTO DI TRADIZIONE EBRAICA
Un giorno un vecchio rabbino chiede ai suoi discepoli da quale segno sia possibile riconoscere il momento preciso in cui finisce la notte e comincia il giorno. La domanda dà origine ad un interessante dialogo.
– E’ forse – reagiscono i discepoli – quando si può distinguere da lontano e senza fatica un cane da una pecora?
– No, dice il rabbino. E così avanti nel dialogo.
– Ma quand’è allora? – chiedono i discepoli.
– E il rabbino risponde: E’ quando, sperduto nella folla, il volto di uno sconosciuto qualsiasi vi diventa altrettanto prezioso quanto quello di un padre, di una madre, di un fratello, di una sorella, di un figlio o di una figlia, di uno sposo o di una sposa, di un amico… Fino a quel momento, fa ancora notte nel vostro cuore.
SETTE GIORNI FA ABBIAMO ACCOMPAGNATO AL CIMITERO UNO DEI NOSTRI RAGAZZI. NELLA CITTA’ IN CUI VISSE E NELLA NOSTRA ASSOCIAZIONE SI SONO LEVATE VOCI DISCORDI. QUANDO LUI ERA IN VITA LO ABBIAMO AMATO IN MODO DISCORDE. PER QUESTO, HA SENSO ANCORA CHIEDERSI A CHE PUNTO SIA LA NOTTE, CIOE’ SE SIAMO CAPACI DI RICONOSCERE IL PRECISO MOMENTO IN CUI FINISCE LA NOTTE E COMINCIA IL GIORNO.
CHE MERITO C’E’ AD AMARE (SOLO) QUELLI CHE CI AMANO, E SOLO QUELLI CHE MERITANO IL NOSTRO RISPETTO, E NON RIUSCIAMO A ‘DISTINGUERE’ QUELLI CHE, COME NOI, SONO IMPEGNATI NELLO STESSO COMPITO, ESPOSTI NELLA RELAZIONE EDUCATIVA, RESPONSABILI DELLA VITA DI COLORO CHE SI SONO AFFIDATI A NOI?