E’ stato sfogliando l’opera recente di Eugenio Borgna, Le emozioni ferite, che ho ripensato in modo forte a mio padre. Dopo il frontespizio di apertura, si legge in esergo: alla memoria, mai così viva, di mio padre. Eppure, Borgna è un vecchio signore, ormai, ancorché si tratti del più autorevole esponente della Psichiatria fenomenologica in Italia! Stupisce dolorosamente il richiamo a chi non c’è più, per dire che, invece, c’è ancora, ma non come esangue simulacro, pallida ombra. Insomma, sono fermo a questo punto: a quelle parole, che hanno procurato in me una emozione così forte che non riesco ad avviare la lettura dell’opera.
I giovani dovrebbero saperlo: è possibile amare una persona oltre la sua morte, di un amore così grande da vederlo crescere addirittura.
Ed io penso a mio padre e a mia madre. E mi chiedo chi abbia amato di più. Da ieri non penso ad altro. Le ragioni che fanno derivare il sentimento dalla diversa natura dell’uno e dell’altra non mi interessano. Per te stesso ugualmente ti amerei, ha scritto un poeta molti anni fa. Anche se tu non fossi mio padre, per te stesso ugualmente ti amerei.
Ieri il pensiero di mia madre, che ha occupato il mio cuore negli ultimi due anni generando ripetutamente commozione fino al pianto, mi è sembrato ingombrante, come se il ricordo di lei offuscasse quello di mio padre, più lontano e meno vivo.
E’ bastato leggere le parole di Borgna per sentirmi di nuovo nella casa lungo il fiume, alle prese con le sue ire amorose, spaventato, preoccupato per la sua salute, proteso a cogliere il momento in cui la tensione si sarebbe sciolta. Solo allora lo avrei sentito al sicuro. Perché era allora che io lo amavo di più, quando si abbandonava ai rimproveri aspri e accorati e lamentava di non essere rispettato a sufficienza. Ma come dire l’amore che pure c’è ed è vivo e forte e pervade l’intera vita, mentre noi emergiamo alla consapevolezza, ma siamo distratti dalle nostre cose, ed aspettiamo la domenica o le ricorrenze, per fargli festa, a lui, al padre? Certo, i baci non sono mai mancati, quando, con il cuore in tumulto, ci avvicinavamo a lui e gli stringevamo il collo e lo baciavamo dappertutto, sulla fronte, sulle guance ispide, per la barba sempre un po’ presente.
Le braccia non possono stringere più e non si protendono nemmeno in corsa, come sanno fare i bambini soltanto, che incominciano ad abbracciare da lontano e non smettono più di stringere. E possono farlo, perché non fanno mai male.
Quando, tornando da scuola, prendevo a raccontare di me e studiavo il momento più giusto per dirgli che avevo preso un bel voto, assaporavo con il cuore in gola il momento della sua gioia, che doveva essere piena, altrimenti le fatiche sarebbero state vane.
Lui guardava da un’altra parte, per schermirsi forse, per nascondere l’empito della gioia che saliva in lui, rendendolo orgoglioso di avere un figlio come me.
Tutto quello che ho fatto di buono è stato da me dedicato a lui. Io dovevo nutrirlo ogni giorno con una buona notizia. Dovevo farlo uscire dai suoi affanni, per farlo sorridere finalmente, compiaciuto di tutti i suoi figli. Li rappresentavo tutti, al suo cospetto. A nome di tutti, proclamavo la vittoria sull’ignoranza, il risultato raggiunto. Porgevo riconoscente a lui i frutti delle mie fatiche, perché ogni giorno potesse pensare che la sua vita non era stata inutile. Di questo lui viveva.
Il manuale di Letteratura in uso negli anni di Liceo era stato dedicato dall’Autore a suo padre con queste parole: a mio padre, tenue ombra che guida ancora la mia vita. Naturalmente, noi ridevamo di quell’uomo che definiva ‘ombra’ suo padre; e non comprendevamo come potesse non essere ‘tenue’, trattandosi di un’ombra. Solo il tempo ci consentì di scoprire la saggezza raccolta in quella ricca emozione.
Di mio padre potrei dire la stessa cosa. Quando cammino per le strade della mia città, soprattutto lungo il fiume, è l’anno 1957. Tengo stretta la mano di mio padre, a cui sono aggrappato. Mi sento sicuro, però. Non era propenso a sciogliere quella presa. Non ricordo il momento in cui quella stretta si scioglieva. Mi penso sempre così, con la mia mano stretta con la sua.
E’ vero. La memoria di lui è sempre viva. Stamattina posso dire anch’io che non è mai stata così viva. Non sono solo, quando sono solo. Lui è sempre con me. Non mi hai mai abbandonato veramente.