PROGETTO E DESTINO: il «diventa ciò che sei» pindarico e la sua scomposizione nel campo psicoterapeutico
Si tratta di «AIUTARE I SINGOLI A DIVENTARE QUELLO CHE SONO», facendo bene attenzione al cambiamento che subisce il ‘campo’ sul quale si esercita l’azione terapeutica, in quanto la formula da cui siamo partiti si moltiplica nelle altre formule: «DIVENTA CIÒ CHE NON SEI», «NON DIVENTARE CIÒ CHE SEI», «NON DIVENTARE CIÒ CHE NON SEI».
In questo senso, occorrerà capire bene cosa implichi il motto DIVENTA CIÒ CHE SEI. Una persona deve essere aiutata a realizzare la propria natura, più che a passare a vivere quella che a noi sembra la forma di vita migliore. Allora, tornare a vivere ‘libera-mente’ significa imparare a riconoscere e ad accettare come un dato il proprio Sé. A questo deve conformarsi la vera o pretesa libertà dell’Io. Ogni eventuale integrazione o «riparazione» del proprio nucleo originario non comporterà mai un mutamento sostanziale o un annullamento di quella parte di sé che «non piace». Su questa base teorica e metodologica l’asserto di partenza si potrà chiarire, allora, con le espressioni popolari «SII TE STESSO», «NON TRADIRE TE STESSO». La fuoriuscita dalla tossicodipendenza coinciderà, per il resto della vita della persona, con l’accettazione del proprio DESTINO.
DIVENTA CIÒ CHE NON SEI», ovvero la possibilità del mutamento. L’esperienza ci ha insegnato che il PROGETTO supera il destino quando si avverte come possibile la trasformazione della propria vita sotto la spinta di mete ideali, per quanto esse siano arginate dal principio di realtà. L’utopia, l’esodo, la speranza non sono esiti negati dalla psicoterapia. Rispetto al «diventa ciò che sei», il «diventa ciò che non sei» non si pone come opposto che lo esclude ma come elemento complementare. Si tratta di far interagire ‘libera-mente’ i due momenti nella relazione terapeutica, orientando l’ascolto nella direzione suggerita dalle modificazioni che intervengono nel ‘campo’ e dai ‘punti di resistenza’ che affiorano.
NON DIVENTARE CIÒ CHE SEI» o della liberazione limitata dai condizionamenti. Sia i condizionamenti naturali che i condizionamenti culturali costituiscono una determinazione che occulta una natura più originaria che non possiamo escludere di poter realizzare nel corso della nostra vita. Non saremo noi a suggerire all’utente questa meta come senz’altro desiderabile, in quanto essa si mostrerà spontaneamente e in forme imprevedibili nello spazio terapeutico. La problematicità di quest’ultimo decide sul corso che prenderanno le cose. L’altro si dislocherà ‘libera-mente’ sotto la guida accorta dell’operatore.
NON DIVENTARE CIÒ CHE NON SEI: fedeltà al dato originario e perseverazione nella libertà finita. Solo apparentemente siamo ritornati al primitivo «diventa ciò che sei». In realtà, il progetto (diventare) si adegua al destino (ciò che sei) con un movimento che potremmo dire centrifugo, mentre nella forma originaria il movimento è, per così dire, centripeto. Qui si ammette la possibilità di diventare «altro», pertanto di assumere forme, norme, stereotipi e modalità forniti dai modelli storici diffusi in una determinata cultura, e questa possibilità è assunta come rischio di fuga da sé, come pericolo di infedeltà al dato originario. Tuttavia questa possibilità, per quanto astratta, comporta quella libertà senza la quale ogni imperativo non avrebbe senso. Si tratta di una libertà finita, una libertà che si esercita all’interno di condizioni sia pure non del tutto necessitanti. La possibilità di essere se stessi assume valore proprio perché viene preservata questa libertà finita. L’altro oscillerà ‘libera-mente’ dentro la personale dialettica libertà-necessità.
La scomposizione in quattro momenti, a partire dalla formula di partenza, è tipica della fondamentale problematicità che dischiude dinanzi a noi il campo psicoterapeutico: solo in questo spazio di incertezza costitutiva si manifestano sia le possibilità autentiche del diventare se stessi e del non fuggire da se stessi, sia i rischi fecondi della trasformazione del dato originario e del mutamento della direzione.
Brani liberamente tratti e adattati da
MARIO TREVI, Il lavoro psicoterapeutico. Limiti e controversie, THEORIA 1993
Noi non siamo psicoterapeuti, ma è interessante osservare nel tempo l’oscillazione dell’altro tra Progetto e Destino.
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