L’allarme lanciato da Scuola e Università sulle difficoltà linguistiche degli studenti non mi trova impreparato. Avendo insegnato Italiano e Latino per 35 anni, so quanto sia difficile aiutare i ragazzi a ‘colmare le lacune’ e a ‘correggere gli apprendimenti sbagliati’. La diagnosi del male non aiuta. Anzi, contribuisce a scoraggiarsi ancora di più. E’ sufficiente dire che la scuola dell’obbligo e la famiglia non sono state come avrebbero dovuto accanto ai ragazzi che studiano, per agevolare l’apprendimento della lingua materna?
L’uomo è fondamentalmente corpo vivente linguistico: non c’è una grammatica o una sintassi fuori dell’esperienza umana. L’uomo nasce in-fans, senza linguaggio, ma non apprende semplicemente regole, definizioni, strutture da ‘applicare’ all’espressione.
L’idea di ‘recuperare’, fornendo ai ragazzi un supporto grammaticale all’Università, sarà forse destinata al fallimento. Mentre occorrerebbe offrire Corsi sulla scrittura universitaria, si pensa ad orientare l’attenzione sulle strutture elementari del linguaggio! Riusciranno gli studenti ad ‘abbassare le soglie’ della percezione dei fenomeni linguistici e a farsi ‘piccoli’, per correggere gli apprendimenti sbagliati e colmare le lacune pregresse? Il metodo che sarà adottato riuscirà a realizzare l’obiettivo dato?
Wittgenstein ha scritto: “Io ho appreso il significato della parola ‘dolore’ dall’esperienza” e “I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo”. Grammatica? Sintassi? Per dire cosa?
Ad esempio, nella Secondaria superiore si insegna a scrivere il saggio breve – quando lo si fa! -, che è testo argomentativo e che, quindi, richiede la conoscenza e la padronanza della proposizione temporale, della causale, della concessiva, ma soprattutto del periodo ipotetico. (E’ interessante, a questo riguardo, sentir dire: Se avrei… Che genere di esperienza è quella di chi non è consapevole dei mezzi che si richiedono per esprimere chiaramente il proprio pensiero? Quali armi linguistiche ha ricevuto per imparare a difendersi dall’ignoranza, per non rimanere confuso in eterno?) Si scrivono saggi brevi per argomentare a favore o contro una tesi. I ragazzi si esercitano a pensare, ad argomentare – le scienze fanno esercitare a dimostrare – intorno alle loro idee, a supporto delle loro idee. Sono liberi di sostenere qualsiasi idea, anche la più assurda e controversa – ma non è mai così! -. Sono, comunque, liberi.
La prima condizione dell’apprendimento è la libertà linguistica.
Che cosa dire? Su che cosa scrivere? Innanzitutto, sui temi disciplinari. Bisogna imparare a studiare, ad usare tecniche adeguate di lettura. Occorre un lungo lavoro di comprensione dei testi, basato su diverse tipologie testuali.
Ma soprattutto bisogna pensare e bisogna esprimere idee ed emozioni, sentimenti e passioni.
Gli studenti hanno una vita, forse non ancora una biografia da rivendicare. Sicuramente, bisogni forti e confusi.
Sarà sufficiente parlare loro della struttura della proposizione, dei connettivi logici e sintattici, dei modi nella proposizione secondaria?
E’ possibile separare forme e strutture della lingua dall’esperienza?
Siamo una «comunità di parlanti» (K.O.Apel). E’ lecito operare separazioni tecniche nel vivo dell’esperienza, andando a curare gli errori di ortografia, le carenze della punteggiatura, le dipendenze grammaticali e sintattiche, quando il ritmo della scrittura e della parola siano – come sono per tutti noi – espressione viva della vita della coscienza?
Io ci ho provato sempre, naturalmente. Ho degli alunni dotati che sono a due passi dalla laurea e che scrivono ancora: un’uomo.
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Non tra ‘anima’ e ‘corpo’ si gioca il nostro destino, né in improbabili percorsi dall’uno all’altra troveremo le ragioni del nostro consistere qui e ora. Il corpo vivente linguistico (Sprachleib) – come Maurice Merleau-Ponty chiamava il Sè, con l’aiuto della Psichiatria fenomenologica tedesca – è in uno la nostra Realtà umana.