Annidato all’interno dell’esperienza educativa c’è un inconfessabile tra i più interessanti: le emozioni dell’Educatore. La natura segreta di questi stati di coscienza non è motivo di preoccupazione: nessun essere umano può chiudersi nell’indifferenza nei suoi rapporti con gli altri. Se anche lo facesse, non aumenterebbe l’efficacia dell’azione educativa. Comunque, avvertirà ‘sentimenti’ di approvazione e di disapprovazione. Sarà sempre ben presente e partecipe della vita della classe. L’arcipelago delle emozioni rende difficile, a distanza di tempo, per me renderne conto adeguatamente. Mi limiterò a poche riflessioni.
I ragazzi avvertono bene le increspature della superficie, il poco che traspare. Un bravo Educatore, allora, non lascerà trasparire molto di sé. Controllerà soprattutto la mimica facciale, perché non sia immediatamente ‘leggibile’ tutto quello che prova. La maggior parte del vissuto emotivo diventerà quasi inerte, tale cioè da non costituire motivo di turbamento evidente. Ad esempio, l’ira sarà ben nascosta, fino al punto di dissimularla con ragionamenti distesi e apparentemente neutri, quando non si ricorrerà a un cambio di discorso.
Un modo forte di mascherare le proprie emozioni è quello di ‘nascondersi’ per bene dietro la disciplina, affrontando solo i contenuti della propria materia di insegnamento. Senza riferimenti diretti alla realtà. E’ quello che riescono a fare bene i docenti di alcune materie scientifiche. Si pensa sempre al carattere del docente, alla sua impersonalità, alla scarsa disponibilità a dialogare con gli studenti. In realtà, l’atteggiamento ‘neutro’ dell’insegnante corrisponde a una strategia educativa dettata dall’esigenza dell’efficacia della didattica. Una disciplina ‘dura’ per definizione come la Fisica sarà presentata con il massimo del distacco.
Un secondo modo di mascherare le proprie emozioni paradossalmente è quello di esibirle tutte con la scelta di argomenti di studio presi in prestito dall’attualità. Ma anche in questo caso, la scelta sarà obbligata. La lettura del giornale in classe, ad esempio, non si concentrerà mai sull’attualità politica, in quanto motivo di divisione: la discussione non aiuterebbe il gruppo-classe a ritrovarsi intorno a valori condivisi, a letture univoche della realtà. Le passioni politiche avrebbero la meglio. La ‘lettura’ della realtà ne uscirebbe compromessa. Più produttiva, invece, sarà la scelta di pagine culturali e scientifiche orientate all’informazione su questioni aperte, con posizioni a favore e contro una determinata tesi: quando il giornale si presenta così, è facile favorire nei ragazzi l’espressione libera di posizioni personali. Si pensi alle materie di costume e di etica di cui si parla di più. Se il singolo pezzo è univoco, cioè propone una presa di posizione univoca, si rimanderà ad altri pezzi già raccolti e catalogati: la costruzione di dossier tematici, infatti, serve allo scopo della raccolta di ‘argomenti’ a favore o contro tesi date. L’insegnante, così facendo, non si sarà schierato, pur avendo proposto ai ragazzi la riflessione su materie controverse. Le sue emozioni si ridurranno all’interesse suscitato dal tema prescelto. Potrà esprimere personali opinioni, ma passeranno come opinioni non vincolanti, come esempio di un modo di argomentare tra gli altri, a fronte del compito assegnato ai ragazzi di produrre comunque una posizione personale e argomentata.
Cosa dire degli affetti, se non che lo sguardo dell’insegnante si poserà sui ragazzi senza indugiare a lungo su uno più che sugli altri? senza evidenti manifestazioni di simpatia, che saranno manifestate con la stessa intensità a tutti gli altri e con tono scherzoso ed ironico? che ad essi dichiarerà apertamente di essere in qualche modo padre, un secondo padre? che i ragazzi potranno contare su tutti gli Educatori, perché tutti ‘padri’? Insomma, parliamo dei sentimenti morali che inducono a indicare mete realistiche per l’azione, a fare anche leva su aspetti della personalità diversi dall’intelligenza operativa, ma nel fondo del proprio cuore ognuno di noi nasconderà per sempre anche la più piccola ‘preferenza’, la simpatia forte, il rammarico per i difetti morali, la propensione ad aprirsi più facilmente con qualcuno. Ogni predilezione è bandita, se si voglia conseguire il risultato morale di un’apertura dall’altra parte non viziata da sospetto e timore.
I ragazzi debbono potersi sentire sempre liberi. Debbono affidarsi con fiducia ad adulti sereni, che siano capaci di guardare a loro con disinteresse e passione. L’unica passione ammessa è quella per la conoscenza. L’unico sorriso compiaciuto è quello che l’Educatore dispenserà sempre con la stessa intensità a ciascun ragazzo, tutte le volte che abbia fatto registrare un progresso di cui ci sia motivo per essere lieti.
L’arte dell’Educazione è nella misura della distanza e nella capacità di allontanarsi in fretta dai ragazzi tutte le volte che un’emozione troppo forte ci avvicini a loro e ci induca a mostrare emozioni che potrebbero turbare i ragazzi stessi. L’unico turbamento che bisogna suscitare in loro è quello che deriva dal fatto che la passione della conoscenza li cambierà. Il turbamento di coscienza conseguente all’acquisizione di nuova conoscenza è l’unica emozione da perseguire.
La riconoscenza di cui potremo godere nel tempo deriverà da quest’attitudine etica. Educare un giovane è compito che va oltre la ‘trasmissione’ di contenuti disciplinare: ne va anche della sua libertà. Essa è il bene più prezioso. Con essa le nostre emozioni non interferiranno mai.