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DUCCIO DEMETRIO, L’interiorità maschile. Le solitudini degli uomini, RAFFAELLO CORTINA EDITORE 2010
Intervento di Duccio Demetrio al Festival biblico di Vicenza (28 maggio 2011) – Audio e Testo
Indice del volume:
Con sguardo preoccupato: Cronaca di un’idea
1. Maschi e uomini: Una specie interiore?
2. In un corpo di donna: Miti e storie
3. Figure d’uomo nel tempo: Quando Narciso è triste
4. La tragicità maschile: Nel labirinto, non si estingue l’eroe
5. In fuga da se stessi: L’epica della solitudine
6. Ritratti virili: Nobili d’animo e di silenzi
7. A scuola dalle donne: Esercizi per maschi affaticati
8. Un commiato incruento: Per dimenticare Giuditta
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Lo stile latino preferisce il concreto all’astratto. Esso ‘direbbe’ “l’uomo interiore”, non “l’interiorità maschile” E Duccio Demetrio, che pure intitola la sua opera “L’interiorità maschile”, a pagina 44 – discutendo di “Chirone: l’uomo completo” – per la prima volta scrive: “l’uomo interiore” (non “il maschio interiore”). Nella pagina successiva si dedica ad una “Lode agli uomini interiori”. Un ulteriore ‘passaggio’ è dato da ‘uomo’ rispetto a ‘maschio’.
L’opera si apre con un auspicio che l’Autore rivolge a se stesso: vorrebbe scrivere come uomo, non come maschio. Dunque, più che al maschio interiore è interessato all’uomo interiore. D’altra parte, l’interiorità maschile è cosa che pertiene all’uomo, più che al maschio. E’ più corretto dire, allora, l’uomo interiore.
Cioè che è in questione qui è l’interiorità dell’uomo, del maschio come della femmina. Il titolo va bene, perché è chiaro: allude alla condizione in cui si ritrova il maschio, per cui ha da realizzare la propria natura umana, deve crescere a dignità di uomo, ergendosi al di sopra dell’appartenenza di genere, se per genere si vorrà intendere il genere maschile e il genere femminile. A me piace dire: il genere umano maschile e il genere umano femminile, dove l’accento è posto su umano, più che su maschile e femminile.
Avevamo intitolato questo post Padroni di sé per il fatto che in interiore homine habitat veritas, cioè la verità abita nell’interiorità dell’uomo, come ci ha insegnato Agostino. E nella nostra interiorità troviamo non solo Dio, ma anche noi stessi. Prima di tutto noi stessi. Demetrio scrive: «L’interiorità esiste, è autentica sempre; anche quando medita sui peggiori livori e sui più ignobili misfatti» (p.71). E’, dunque, facendo i conti con ciò che noi siamo veramente che arriveremo a realizzare una qualche forma di governo della nostra vita. Agostino dice ancora in te ipsum redi, ritorna in te stesso. E’ l’anima il luogo dell’incontro con la verità. Al di là di Dio, dicevamo, prima di tutto incontreremo noi stessi, la nostra verità. Allora, bisogna dilatare lo spazio della propria interiorità, facendone la sede della propria coscienza, per potersi realizzare come soggetti morali.
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L’opera di Demetrio è dedicata
A tutte le donne che ci aiutano a interrogare la vita interiore, senza fare troppe domande alle nostre solitudini.
A pagina 15 si legge:
Interiorità è pensare, custodire intimità, è avere una memoria alla quale poniamo domande, è tutto quanto non può sfuggire alla coscienza. L’interiorità è preoccupazione etica, è propensione filosofica e artistica, è vocazione religiosa o soltanto sensibilità per quanto, della vita, non riusciamo sempre a comprendere. Nessuno, il bruto quanto l’animo migliore, ne è esente. Varieranno i contenuti e le tensioni interiori, ma tanto il criminale quanto l’uomo integerrimo ne hanno una. Chi di più e chi di meno, ognuno ama coltivarla e non si astiene dal farne apertamente argomento di discussione anche con altri, con i quali condivide identiche sensibilità: in ragione della propria storia, di consuetudini educative apprese. Nella caparbia volontà di non voler vivere solamente di apparenze. E’ a questo punto che le qualità interiori si divaricano: per taluni sono fonte di una ricerca continua, per altri sono lo strumento per pensare (anzi per covare), non visti, pensieri e azioni non particolarmente elevati. O funzionali ai propri più disparati tornaconto.
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Saltando a una rapida conclusione, a proposito della necessità di attivare gli strati profondi della propria sensibilità ci è di aiuto quanto afferma Duccio Demetrio nel saggio contenuto in Adultità, che si apre così:
In una recentissima intervista, Pierre Hadot ci ricorda che: «In ambito filosofico, l’esercizio spirituale può considerarsi come una pratica volontaria, tutta personale, destinata a provocare una profonda trasformazione dell’individuo, una profonda metamorfosi del sé». E prosegue: «Per alcuni filosofi antichi, questa pratica potrebbe essere messa in relazione con il prepararsi ad affrontare le difficoltà della vita: la malattia, la povertà, la mancanza del necessario, la variazione improvvisa della fortuna impongono un esercizio interiore che ci aiuta nella quotidianità e, nello stesso tempo, ci insegna a ragionare e a interiorizzare il sapere» (Intervista a Pierre Hadot a cura di N.Ordine, Corriere della sera, 27 febbraio 2008, p.37).
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… visto da Ada Ascari, della Libera Università dell’Autobiografia
… visto da Giorgio Macario, della Libera Università dell’Autobiografia
… visto da me: Ciò che sono diventato. Al di là e oltre ciò che credevo di essere
Dal sito SiamoDonne: Intervista
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DUCCIO DEMETRIO, Dia-logo versus mono-logo? Riflessioni sull’esercizio autobiografico come incontro filosofico (contenuto in Adultità. Rivista semestrale sulla condizione adulta e i processi formativi, n.27, marzo 2008 – numero monografico intitolato Le pratiche filosofiche nella formazione: imparare a vivere, a cura di Romano Màdera), pp.7-12
Indice del saggio:
Preambolo
Esercizi filosofici e tenacia introspettiva della scrittura di sé
Non dimenticare la lezione fenomenologica
L’autobiografia come stile filosofico e di vita
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DUCCIO DEMETRIO, L’educazione è interiore. E’ autodisciplina che lascia e cerca tracce invisibili (contenuto ne L’educazione non è finita, RAFFAELLO CORTINA EDITORE 2009), pp.139-144
Tutta la seconda parte dell’opera è un’illustrazione dell’idea dell’educazione come autodisciplina interiore:
I. L’educazione è autodisciplina – Perché deve tornare nelle nostre mani, pp.109-12
II. L’educazione è liberale – E’ autodisciplina che non tollera gli oltraggi del potere, pp.123-130
III. L’educazione è personale – E’ autodisciplina che ci rende unici e irriproducibili, pp.131-137
IV. L’educazione è interiore – E’ autodisciplina che lascia e cerca tracce invisibili, pp.139-144
V. L’educazione è generosa – E’ autodisciplina dei diritti non solo verso se stessi, pp.145-148
VI. L’educazione è indocile – E’ autodisciplina del dovere di essere indisciplinati, pp.149-151
[ Post in progress ]