INTELLIGENZA EMOTIVA (3): Il desiderio nella Fenomenologia dello Spirito di Hegel

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Le emozioni hanno relazioni con l’apparato cognitivo perché si lasciano modificare dalla persuasione. Aristotele

Massimo Cacciari legge la Fenomenologia dello Spirito di G.W.F.Hegel

Kojève, Hegel e l’animale dotato di linguaggio

Barbara Marte, L’appetizione hegeliana, la Begierde, come “attività di una mancanza”: Il significato di Begierde tra appetito e desiderio; La Begierde come “attività di una mancanza”; Il desiderio e la dialettica del riconoscimento; Il destino della natura come momento di disgiunzione tra Kojève ed Hegel.

Recensione a Soggetti di desiderio di Judith Butler, Laterza 2009


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CAMMINARSI DENTRO (179): Dai fantasmi della notte

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Giovedì, 3 marzo 2011

Occorre una buona dose di infelicità, per poter scrivere. Non è indispensabile dichiararla a chiare lettere, né indicarla, sforzandosi di darle un nome. Il mio professore di Greco negli anni di Liceo ci diceva che l’arte nasce dal dolore. Noi non siamo artisti, ma siamo portati oggi ad esprimerci, anche pubblicamente, nelle forme più diverse; per lo più, modestamente, mostrando una parte di noi che pensiamo vera: come se mettessimo a nudo il nostro cuore. Come se tutto quello che scriviamo fosse importante. Giustamente, grandi scrittori come Pessoa hanno dichiarato solennemente di aver compreso con un’illuminazione definitiva di non essere nessuno.

Gli infelici pochi di cui parlava Elsa Morante nella sua poesia hanno qualcosa da dire. Ai felici molti?

L’insidia quotidiana all’esistenza che esiste proviene dalla stupidità criminale che non si riesce a contenere in nessun modo. Ci vorrebbe un amico, come diceva la canzone, non solo per poterti dimenticare. Ci vorrebbe aria fresca, per tornare a vivere paghi del buon vivere.

Pietro Verri nella sua opera, giustamente ignorata dagli Italiani, il Saggio sopra l’origine del piacere e del dolore, afferma che i dolori innominati sono la sorgente di tutte le arti. Non i dolori ineffabili, inesprimibili. Ho sempre pensato che volesse riferirsi proprio a quel fondo della nostra anima in cui si celano le cose più vere, che non possiamo squadernare qui, perché sono come il porto sepolto di Ungaretti: occorre un lavoro di scandaglio anche rischioso, per giungere fino al midollo delle cose, ma soprattutto occorre saper risalire in superficie, restituendo i resti di quel nulla.

Dare voce all’abisso da cui proveniamo non è facile. Soprattutto se non siamo scrittori veri. Nominare la cosa è compito arduo. Alludo agli indecidibili di cui pure è costellata la nostra esistenza. Se diamo ad essi un nome, li facciamo esistere.

Noi siamo lì, all’incrocio di due vie del cuore, incerti se proseguire o abbandonare la strada, attratti come siamo dall’indistinto brulichio della selva sottostante, dove la superficie ovattata delle cose si mantiene sempre uguale. La loro vita è scandita dal tepore del consueto battito quotidiano delle ore. E’ stordimento e per niente estasi questo incerto trascorrere lungo la luce opaca dei giorni. Senza gloria né barlumi di verità. Senza ethos alcuno che riscaldi l’anima, infondendole fiducia e speranza. Si accampano sulla scena solo i mediocri vincitori di una guerra che non ci è mai stato concesso di combattere.

Conosco bene il rimedio: in tutte le cose occorrerebbe ispirarsi a principi, a valori condivisi. Solo così avremmo tutti la sensazione di esistere veramente e non di sognare il sogno del vincitore, come è tipico di tutte le forme di fascismo, non importa quanto cruente.

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INTELLIGENZA EMOTIVA (0): Imparare a comprendere e comunicare i sentimenti e le emozioni

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Martedì, 1° marzo 2011

Le emozioni hanno relazioni con l’apparato cognitivo perché si lasciano modificare dalla persuasione. Aristotele

L’intelligenza emotiva è stata studiata da Daniel Goleman, autore, con il DALAI LAMA, di Emozioni distruttive. Liberarsi dai tre veleni della mente: rabbia, desiderio, illusione, MONDADORI 2003

La facoltà che governa settori decisivi dell’esistenza non è l’intelligenza astratta dei soliti test, ma una complessa miscela in cui hanno un ruolo predominante fattori come l’autocontrollo, la perseveranza, l’empatia e l’attenzione agli altri. L’intelligenza emotiva consente di governare le emozioni e guidarle nelle direzioni più opportune; spinge alla ricerca di benefici duraturi piuttosto che al soddisfacimento degli appetiti più immediati; si può apprendere, perfezionare e insegnare ai bambini, rimuovendo alla radice le cause di molti e gravi squilibri caratteriali. [Presentazione dell’opera di Goleman]

A noi interessa l’intelligenza emotiva perché ha a che fare con la formazione del carattere, con la percezione della sensibilità degli altri, con la cura di sé, con il movimento verso l’altro.

La saggezza dell’amore, l’ordine del sentireil segno di Epimeteo, identità e racconto, la vita autentica,  caducità,  lontananza,  sincerità veridicità autenticità, esercizi spirituali sono alcuni dei termini di riferimento che suggerisco. E’ possibile trovarne altri nel sito, seguendo la rubrica Camminarsi dentro.

Un testo destinato a genitori e insegnanti: ROBERT ROCHE OLIVAR, L’intelligenza prosociale. Imparare a comprendere e comunicare i sentimenti e le emozioni, ERICKSON 2002 – Indice dell’opera

Leggere la voce Emozione del Dizionario di psicologia di UMBERTO GALIMBERTI, UTET 1992

Una definizione di intelligenza emotiva

CENTRO STUDI HÄNSEL E GRETEL, Relazione educativa e intelligenza emotiva – Disagio e maltrattamento – Servizi di ascolto, consulenza e formazione

Recensione di ANTONELLA MADIONI a Emozioni distruttive

La sofferenza umana deriva dalle “emozioni distruttive”, quelle emozioni, cioè, che si trasformano fino a diventare incontrollabili dalla mente, tanto da aumentare il loro potere sulla nostra esistenza.

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MOMENTI D’ESSERE (2): Il respiro dell’Angelo

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Domenica, 27 febbraio 2011

“Gli angeli non conoscono l’ansia” (EUGENIO BORGNA)

La condizione angelica evoca stati di coscienza e posture analoghe nell’uomo. Essa rimanda ad aspirazioni e tensioni eroiche, tipiche di quell’eroismo morale che ci spinge a sostare per un tempo indefinito alle soglie dell’inferno, ad attraversare la soglia, a dare un nome all’inferno, a riemergerne con la creatura che eravamo andati ad affiancare nel suo cammino all’indietro.

Bisogna scendere, per poter salire. Descensus ad Inferos, discesa agli Inferi è stato chiamato il viaggio da compiere nell’Oltretomba in cerca delle proprie ragioni, presso le anime dei propri numi tutelari. Allo stesso modo io chiamo il cammino accanto all’Ombra dell’‘esistenza spezzata’, cioè la condizione tossicomanica, quella paralisi dell’esistenza che ‘esce’ dal tempo mondano, rinunciando a protendersi verso il futuro.

La contrazione del tempo non è certo il risultato di una scelta! Piuttosto, si tratta di una malattia del tempo vissuto. La riduzione della vita della coscienza a un eterno ‘presente’, al vivere nello spazio di una giornata tutte le opportunità a disposizione, senza nulla chiedere per poter durare oltre l’orizzonte della sera, induce chi affianca la persona a sentirsi angelo, come se ci fosse da sostare di fronte all’Altissimo per un’eternità, aspettando il proprio turno per poter cantare una sola volta: è, ugualmente, attesa l’indugio e il rinvio ripetuti infinite volte.

Prendere la parola, allora, non è un vero parlare: manca un vero interlocutore. Al di là della parete di vetro che ci separa dall’altro arriverà un bisbiglio soltanto. Frammenti di senso saranno sparsi nel tempo, posati delicatamente sull’anima, perché si facciano eco di altre voci. L’inaudito del quotidiano è messaggio e farmaco. La voce dell’angelo ha un suo respiro. E’ il ritmo consueto della vita, che viene riproposto semplicemente indicando le proprie necessità quotidiane, perché nasca nell’altro la nostalgia del tempo perduto. Da questa sponda è importante che parta l’alito sommesso del vento ristoratore: vicinanza e ascolto toccano l’anima. Qualunque cosa accada dall’altra parte, è anche merito del ritmo di questa voce.

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Leggere EUGÈNE MINKOWSKI, Il tempo vissuto, EINAUDI e, in particolare, le pagine 90-93 sull’attesa – la scheda di ALBERTO BIUSO

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MOMENTI D’ESSERE (1): Una sala del commiato

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Domenica, 27 febbraio 2011

La prima idea mi è venuta ieri, all’ingresso della Camera mortuaria del Policlinico di TorVergata, dove Paolo attendeva di essere trasferito a Sora, per i funerali di rito. A sinistra del corridoio che conduce agli spazi in cui vengono sistemate le bare, una stanza con un divano e basta. A destra della porta, una piccola insegna, poco appariscente, con la scritta: Sala del commiato. E sotto quella scritta, altre parole: un invito ad accogliere e confortare parenti e amici.

Sarà stata la parola ‘commiato’ a turbarmi. La vista di Paolo, immobile con jeans e casacca sportiva sopra una camicia a righe sbottonata, non mi ha sconvolto, per quanto lo amassi, come tutti i nostri ragazzi. L’abbraccio alla madre e al padre, la lunga sosta accanto a lui, le carezze al viso, la stretta alle mani. Il gelo della sua pelle contrastava con la dolcezza della sua espressione. Il viso non era contratto. Sembrava che dormisse. Di questo abbiamo parlato a lungo. La madre ha raccontato gli ultimi mesi trascorsi con lui. C’era stato un riavvicinamento, dopo quindici anni di contrasti e incomprensioni. Lei non faceva che dire questo: in questi ultimi tempi Paolo è stato solo mio. E di questo strazio ci sarà da dire ancora. Oggi la ferita sanguina troppo.

Prima di andar via, sono tornato a considerare l’esistenza di quella sala di commiato. Forse, era la parola ‘sala’, che fa pensare a un ambiente grande, spazioso. Si trattava di un’angusta stanzetta senza arredo. Un piccolo divano a destra faceva pensare che fosse dedicata solo a due o tre persone. Ma di più mi aveva colpito la parola ‘commiato’. Saluto. Congedo. Un modo per consentire l’incontro con persone di riguardo? Perché appartarsi, poi? Era opera di una sorta di Associazione, che compariva sotto la piccola insegna, a ricordare di chi era stata l’idea. Inizialmente, mi sono detto: buona idea! Ma poi, di fronte a tutta la gente, che era tanta, e che stava tutta nel corridoio o fuori a fumare, mi è rimasto il dubbio o meglio l’interrogativo: a cosa servirà questa Sala? A realizzare un luogo più intimo in cui raccogliersi a raccontare, a confortare? Ancora adesso, mi infastidisce il pensiero che io non riesca a spiegarmi bene la funzione di quella Sala, in un luogo sempre molto affollato. Ho il sospetto che mai nessuno si fermerà su quel divano a ‘raccogliere’ il dolore in una più calda intimità. Il gelo della morte potrà mai essere riscaldato da una simile Sala? Si desidera forse un po’ di ‘calore’ in quei momenti? Ne dubito. Di fronte all’immane e all’irreparabile si accetta anche di stare in uno squallido corridoio, con le pareti di pietra, e con due sole sedie nel cubicolo senza porta in cui serialmente viene sistemata la bara che ci sta a cuore. Si sente distintamente il grido di dolore proveniente dal cubicolo confinante. Sarà per questo che qualcuno ha pensato di concedere a due dei tanti la possibilità di appartarsi un po’, per dare una voce più pacata al proprio dolore e magari per raccontare più sommessamente come andarono le cose, a dispetto del Destino, nell’esistenza di una persona che per esigenze burocratiche è momentaneamente sistemata nel cubicolo n.3?

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MOMENTI D’ESSERE (0): Il bisogno di scrivere

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Domenica, 27 febbraio 2011

Basta partire da qui, dall’oggi, perché l’antico, la nascita come individuo e poi come persona, verrà dopo, oltre quello che pure credo di avere capito di me. In altri spazi ho scritto di me, senza raccontarmi ‘sistematicamente’, e forse è proprio questa la via: scrivo episodicamente, senza regolarità. Non è tempo di autobiografia. Non perché si debba avviare il racconto di sé a cose fatte, al termine della vita, o al culmine di essa! Al suo acmé. Non è tempo, perché sto già scrivendo, ma cerco di capire mentre scrivo. La vita sta ancora davanti a me. Non ce l’ho (tutta) alle spalle.

Quello che racconto è costruzione che sale dal profondo. Mentre scrivo, improvviso: io non so cosa sto scrivendo; scopro da quello che appare sullo schermo ciò che si agita al fondo. Mi stupisco di quello che scrivo.

Debbo scrivere e sono felice di farlo, indipendentemente da quello che scrivo, perché avverto un’apertura dell’anima, un travaglio della mente, che si ritrova a manipolare un frammento, un’idea iniziale, a cui si accompagna un turbamento, un affanno, spesso una curiosità soddisfatta dallo studio, dalla scoperta di idee fruttuose.

Un ricordo è spesso all’origine di un’idea che prende forma con la scrittura. Il ricordo di una pagina letta venti anni fa sta lì che attende di venir fuori per farsi idea: preme per ore, fino a quando non passo alla videoscrittura; mi accompagna generando in me positive emozioni, direi un’emozione fondamentale: la gioia di avere un senso da dare a qualcosa.

Quel sentire precede e accompagna la scrittura. Dopo, nel resto della giornata, conservo lo stato di benessere guadagnato. La scrittura è un guadagno, un arricchimento che pesa ormai significativamente sulla mia vita.

>Non sono certo uno scrittore. Mi accade di scrivere. Non storie, non la mia storia. Accadimenti. Illuminazioni. Intuizioni.

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Tutto ciò che è raccontato prende vita

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Mercoledì, 23 febbraio 2011

CAMMINARSI DENTRO (178): Tutto ciò che è raccontato prende vita.

Ho impiegato qualche decennio a capirlo ma ci sono arrivato. Delle cose che ci diciamo sulla vita, sul suo significato e sul modo più giusto di viverla, tra necessità di farsi guidare da principi ed esercizio della virtù, è altro che mi appare ora decisivo: se vogliamo che file di continuità si istituiscano nella vita delle nostre relazioni, con qualcuno in particolare, è nella vita della coscienza che bisogna cercare.

Ai miei alunni ho sempre raccomandato di aprirsi al mondo, mostrando attraverso narrazioni le vicissitudini della coscienza. Finalmente, cos’altro dovrebbe accadere in una relazione sentimentale degna di questo nome se non raccontare l’assenza?

Istituire file di continuità vuol dire mettere insieme, tenere insieme ciò che altrimenti andrebbe disperso, continuerebbe a mantenere i caratteri dell’infranto, resterebbe inespresso.

Quando esco di casa, anche per poche ore, rientrando sento il dovere di dire cosa ho fatto fuori di casa. La vita intima, l’insorgere delle emozioni, ogni più piccolo moto dell’anima poi possono diventare oggetto di piccoli racconti. Le epoche più lontane della mia vita, con il paesaggio affettivo che ospitava ogni minimo turbamento, pure meritano una restituzione nella forma della mera rievocazione o della confessione.

Tuttavia l’analisi di situazioni personali e familiari, di fatti giudicati significativi, di incontri mancati o di errori dolorosi produce materiali che richiedono una ‘sistemazione’, che si assegni loro un posto sulla linea del tempo. Il pensiero corre più volte alle cose trascorse; si convince della bontà del suo procedere, quando a distanza di anni e di decenni esse conservano lo stesso significato: non ricordi di copertura, edulcorazioni della realtà o altre astuzie della ragione varranno a fissare il valore di causa di un evento lontano nel tempo.

E’ stato detto che il sogno più grande è finalmente sapere che qualcuno racconterà di noi. Gli psicoterapeuti di tutte le scuole vanno convincendosi del fatto che la cura è costruzione di racconti. Io credo che l’amore sia nel tempo, alla fine dei tempi, quando tutti gli astratti furori si siano consumati, raccontare all’amata la sua favola, dopo averla creata dal fondo di tutte le cose che ci sono più care. Prendersi cura dei suoi pensieri. Custodire il ricordo del bene ricevuto.

Io ricordo ancora con commozione l’attesa di mio padre, che mi chiamava sempre con lo stesso pretesto, per avermi accanto a sé, forse perché sapeva bene che mi sarei fermato a lungo a raccontare. Gli portavo la vita. Senza i miei racconti la sua vita si impoveriva ogni giorno di più: egli non trovava ragioni sufficienti per continuare, senza il calore dei nostri racconti. Quelle file di continuità hanno reso indistruttibile il nostro rapporto. Oltre la sua stessa morte, non ho mai smesso di raccontargli la mia favola, perché la sua esistenza non scivolasse nella dimenticanza, superata la soglia del tempo.

L’insensatezza del mondo e l’esperienza del vuoto che generano il fascino della dissolvenza – il gorgo muto in cui si perdono i nostri ragazzi -, possono essere vinte solo dalle nostre narrazioni. Solo uscendo dal silenzio del cuore riusciremo a dare senso alle loro narrazioni. Se temiamo che si allontanino dalla vita, fino a sfidarla e smarrirne il senso, dobbiamo coltivare la speranza che tutto ciò che è raccontato prende vita.

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APPUNTI e IDEE (3): IMSLP – Biblioteca Musicale Petrucci

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Mercoledì, 23 febbraio 2011

[ vai alla pagina Appunti e Idee ]

 

IMSLP / Petrucci Music Library / Biblioteca Musicale Petrucci

In linea dal 16 febbraio 2006: 34.835 opere · 85.696 partiture · 1.791 registrazioni · 4.942 compositori · 61 esecutori

Benvenuti alla Petrucci Music Library (Biblioteca Musicale Petrucci), La biblioteca di spartiti musicali di pubblico dominio!

Il nostro obiettivo è creare una biblioteca virtuale contenente tutta musica di pubblico dominio, come pure musica di compositori che desiderano condividere le loro opere con tutto il mondo gratuitamente.

La Petrucci Music Library incoraggia lo scambio di idee musicali, sia sotto forma di opere musicali che della loro analisi. Aggiungete liberamente la vostra analisi di un determinato brano nelle “pagine di discussione”, oppure iscrivetevi ai nostri forum di discussione per discutere interattivamente con la comunità anche in italiano.

Filosofia

Noi di IMSLP crediamo che la musica dovrebbe essere una cosa facilmente accessibile per chiunque. A questo fine, abbiamo creato IMSLP per fornire spartiti musicali gratuitamente a chiunque abbia un accesso internet. IMSLP sarà sempre accessibile gratuitamente.

Obiettivi

Il fine ultimo di IMSLP è di raccogliere tutti gli spartiti nel pubblico dominio, in aggiunta agli spartiti di quei compositori contemporanei (o loro successori) che desiderano rilasciarli al pubblico gratuitamente. Inoltre, un altro obiettivo principale di IMSLP è di facilitare lo scambio di idee musicali al di là delle composizioni: per esempio, l’analisi di un determinato pezzo di musica. Per discussioni generali e domande relative a IMSLP, richieste di spartiti, eccetera, potete usare i forum (anche in lingua italiana). Speriamo di costruire una comunità crescente di musicisti dedicati e amanti della musica, che possano usare questo sito come piattaforma per godersi la musica.

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LEGGERE EMANUELE SEVERINO (6): Scheda su Severino di Andrea Antonelli

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Martedì, 22 febbraio 2011

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ANDREA ANTONELLI, Emanuele Severino, il giornale di filosofia, 28 gennaio 2009

La scheda è concentrata sulle origini del pensiero di Severino: l’articolo del 1956, La metafisica classica e Aristotele (oggi contenuto nel Fondamento della contraddizione ADELPHI 2005, pp.115-142), che si presenta come lo sfondo storico-teorico de La struttura originaria (1958, 1981), in cui la riflessione sul principio di non contraddizione trova una sistemazione definitiva; del 1964 è Ritornare a Parmenide, confluito in Essenza del nichilismo (1972, 1982); Il sentiero  del giorno (1967) e La terra e l’essenza dell’uomo (1968) completano il ciclo critico inaugurato con Ritornare a Parmenide.

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PENSARE E SCRIVERE (6): Val più la pratica

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Lunedì, 21 febbraio 2011

LUISA CARRADA, Per il neo-crusc che è in noi

LUISA CARRADA, E alla fine, apporre un sigillo

Sarà anche vero, come dicono in tanti, che l’italiano si sta imbarbarendo, che gli incolti lo inquinano, che l’inglese lo corrompe, che i giornali lo sviliscono e la televisione lo umilia, ma non c’è al mondo esercito più feroce e agguerrito di quello che presidia a colpi di penna rossa la frontiera che separa l’italiano ‘buono’ da quello ‘cattivo’. Se insegnanti intransigenti e maestrini puntigliosi vi hanno ormai convinto che la Grammatica è un affare polveroso, questo libro vi farà cambiare idea una volta per tutte.

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Il Risorgimento e la paranoia del complotto

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Domenica, 20 febbraio 2011

Insieme progetto editoriale, rivista online, archivio di scritti introvabili, onlus, è partito il 18 febbraio www.doppiozero.com, diretto da Marco Belpoliti e Stefano Chiodi: «Doppio zero come gli zeri degli anni 2000, in cui abbiamo iniziato a lavorarci», dice Belpoliti.

Intervista a UMBERTO ECO

Il semiologo parla del suo rapporto con la storia: «E’ fatta dai discorsi, e di quelli mi sono occupato, anche se tanti mi hanno attribuito le opinioni dei miei personaggi».

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Guasto è il mondo

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Domenica, 20 febbraio 2011


Lo studioso scomparso un anno fa analizza gli effetti del “piccolo crac” del 2008 e indica la via futura: “Torniamo alle radici del XX secolo”.

ADRIANO SOFRI, Il bello della socialdemocrazia, la Repubblica 18 febbraio 2011

SERGIO LUZZATTO, Quest’Italia di cultura ‘glocale’, Il Sole 24 Ore, 6 febbraio 2011

C’è qualcosa di errato nel nostro modo di vivere: abbiamo tradotto in virtù il perseguimento dell’interesse materiale.

Ricerca del benessere e culto del privato. Gran parte di ciò che oggi ci pare naturale risale agli anni 80.

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Questo è un libro appassionato, saggio, lucido, capace di guardare in modo approfondito sia al passato che al futuro. È un regalo ai giovani che oggi si sentono smarriti e non per mancanza di obiettivi. La causa della loro inquietudine è il mondo che ricevono in eredità e i pochi mezzi che hanno per trasformarlo. Questo libro, summa degli interessi di una vita intera, è dedicato al loro futuro e a tutti noi che vogliamo farne parte. I ricchi, come i poveri, ci sono sempre stati. Ma rispetto al resto della popolazione i ricchi, oggi, sono più ricchi e più numerosi di qualsiasi altra epoca di cui si abbia memoria. Il privilegio privato è facile da capire e da descrivere. Più complicato è spiegare l’enormità dello squallore pubblico in cui siamo precipitati. La povertà è un’astrazione, perfino per i poveri, ma i sintomi di un impoverimento collettivo sono tutti intorno a noi. Qualcosa che non va c’è, e non è trascurabile. Se una simile, grottesca disuguaglianza persisterà, perderemo qualsiasi senso di fratellanza; e la fratellanza, per quanto fatua come obiettivo politico, è la condizione necessaria della politica stessa. Inculcare il senso di uno scopo comune e di una dipendenza reciproca per molto tempo è stato visto come il pilastro di qualsiasi comunità. Sappiamo da sempre che la disuguaglianza non è solo fastidiosa moralmente: è inefficiente. L’egoismo è scomodo perfino per gli egoisti. Guasto è il mondo è una sfida politica alla politica: farci carico dei mali della nostra società e immaginare un modo migliore di vivere.

Indice

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LEGGERE EMANUELE SEVERINO (5): Video-intervista

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Domenica, 20 febbraio 2011

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ASIA Associazione Spazio Interiore Ambiente

Prima parte dell’intervista – 6 agosto 2008

Seconda parte dell’intervista – 2 settembre 2008

Intervista al filosofo Vincenzo Vitiello, in occasione dell’ 80° compleanno di Emanuele Severino – 17 febbraio 2011

Vacances della Filosofia 2008 – La storia, l’aldilà, il destino
12-19 Luglio 2008, Soprabolzano (BZ)

La parola “destino”, che nel titolo compare per ultima, dovrebbe stare all’inizio. Il suo senso stabilisce infatti il senso delle altre due. Le restituisce alla sua stabilità. Stabile è ciò che non può essere negato. Che cosa c’è di innegabile in ciò che diciamo “storia” e “aldilà”? E d’altra parte, sia la “storia”, sia l’“aldilà” non sono forse interpretazioni e quindi qualcosa di negabile? Propriamente, l’intento di questi incontri riguarda il destino della “storia” e dell’“aldilà”. Riguarda quindi, innanzitutto, il senso autentico del destino – il suo differire da ogni forma di sapere e di agire di cui noi abbiamo notizia, e quindi il suo stare nell’“inconscio” più profondo dell’uomo. Eppure è nello sguardo del destino che la storia mostra la propria destinazione alla civiltà della tecnica e l’aldilà mostra di essere il destino stesso, cioè la stessa essenza più profonda dell’uomo. Stiamo dicendo che il destino dell’uomo, cioè dell’aldiqua, è l’aldilà? Sì; ma a questa affermazione compete un significato esssenzialmente diverso da quello che la coscienza metafisico-teologico-religiosa sarebbe propensa ad attribuirgli. Il destino non è “Dio” e non è nemmeno l’“immortalità dell’anima”. E tuttavia il destino è qualcosa di infinitamente “più alto” di “Dio” e della “immortalità dell’anima”. È necessario pertanto che in esso appaia anche il senso autentico dell’“altezza” e dell’essere “infinitamente” più alti di “Dio” e dell’“immortalità”. E quindi è necessario che in esso appaia il senso autentico della morte. Quanto si è detto implica che nello sguardo del destino la storia mostri una struttura dove il mortale è destinato dapprima a Dio e poi alla civiltà della tecnica, che è la forma più rigorosa del divino. Quello sguardo oltrepassa quindi la struttura della storia, cioè la relazione tra il mortale e il divino. Si tenterà di indicare, sia pure da lontano, il senso di questo oltrepassare. – Emanuele Severino

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LEGGERE EMANUELE SEVERINO (4): La struttura originaria è l’essenza del fondamento.

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Domenica, 20 febbraio 2011

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«La struttura originaria (1958) rimane ancora oggi il terreno dove tutti i miei scritti ricevono il senso che è loro proprio»: così scrive Severino all’inizio del lungo saggio (88 pagine), quasi un libro a sé, che introduce alla «nuova edizione ampliata» (1982) di questa sua opera, fino a oggi la meno conosciuta e insieme quella a cui tutti i suoi scritti riconducono, quella in cui in certo modo riconosciamo l’impalcatura segreta del suo pensiero. Il titolo dell’opera accenna alla «struttura originaria della verità dell’essere», quindi al «luogo, già da sempre aperto, della Necessità e del senso originario della Necessità». E «solo all’interno di questo luogo può apparire la necessità che l’essenza dell’Occidente sia il nichilismo». L’impresa di questo libro è dunque solitaria e grandiosa: esprimere «nel modo più determinato e concreto l’inconscio che sta alle spalle della stessa struttura inconscia dell’Occidente, il sottosuolo che giace ancora più in fondo del sottosuolo costituito dal pensiero fondamentale in cui ormai tutto viene pensato e vissuto dalla civiltà dell’Occidente». Qui, in una articolazione formale minuziosa e lucidissima, appaiono i presupposti logici e ontologici di tutto il pensiero di Severino, qui si trovano già formulate molte risposte alle obiezioni ricorrenti che incontrano le sue tesi estreme. Nella sua costruzione di trattato, dove ogni passo segue il precedente more geometrico, questo libro mobilita tutto il passato della metafisica occidentale per giungere a guardarla da un luogo a essa esterno. E proprio questa paradossalità ci permette di seguire in ogni suo meandro il lungo percorso di un pensiero che qui si azzarda al di là del «tramonto» del «concetto occidentale di ‘pensiero’».

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LEGGERE EMANUELE SEVERINO (1): Lettera di Massimo Cacciari a Emanuele Severino

LEGGERE EMANUELE SEVERINO (2): I testi presenti nel web

LEGGERE EMANUELE SEVERINO (3): «L’uomo è atteso dalla terra che salva».

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LEGGERE EMANUELE SEVERINO (3): «L’uomo è atteso dalla terra che salva».

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Domenica, 20 febbraio 2011

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Negli scritti di Severino la struttura originaria del destino si espande progressivamente dall’iniziale e sconvolgente affermazione dell’eternità di ogni essente – che già aveva scardinato uno dei perni su cui, da Platone in poi, si fonda il pensiero occidentale – al tema che, portando al culmine la sua speculazione, egli affronta analiticamente in Oltrepassare (2007): la necessità che, con il «tramonto della terra isolata dal destino» e con l’apparire della «terra che salva», si manifesti «in carne e ossa» – e al di là di ogni volontà di potenza, umana o divina – la stessa Totalità infinita degli essenti, cioè il modo in cui la vita dell’uomo vi si conserva e vi si identifica. «Il necessario tramonto totale e definitivo della terra isolata implica con necessità il tramonto – e dunque l’apparire – delle tracce della solitudine della terra nel tutto e delle tracce del Tutto nella solitudine della terra. Ma questo oltrepassamento è concreto, totale e definitivo solo se le tracce sono decifrate, cioè solo se appare di quali essenti del Tutto son tracce le tracce del Tutto che sono presenti nella terra isolata e di quali essenti della terra isolata son tracce le tracce della terra isolata che sono presenti nel Tutto» (dai risvolti di copertina di Oltrepassare).

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