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- Sull’indifferenza (S.Ghisu)
- Sulla parresia (U.Galimberti)
- Sulla tossicodipendenza (F. Mele)
Leggere Leonardo Tondelli
LEONARDO TONDELLI, Internet e quella Stella che brilla lassù, l’Unità online 16 dicembre 2009
Dal suo sito, oggi: Nelle urne andrà la cenere
Pubblicato in Leonardo Tondelli, Su Internet
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Ascoltare Beethoven – Sinfonia n.5
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Pubblicato in Ascoltare Beethoven
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Ascoltare Mozart – Sinfonia n.41 “Jupiter”
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Pubblicato in Ascoltare Mozart
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MARCO TRAVAGLIO, Il più amato dagli italiani, Passaparola 14 dicembre 2009
Pubblicato in Marco Travaglio
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GIACOMO CARISSIMI, Missa “Sciolto avean dalle alte sponde”
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Messa: “Sciolto avean dalle alte sponde”:
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Pubblicato in Giacomo Carissimi
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Ascoltare HANS WERNER HENZE
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Sinfonia n.1 (1947)
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Sinfonia n.2 (1949)
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Sinfonia n.5 (1962)
Primo Movimento oppure (se il link non risponde) Primo Movimento
Secondo Movimento oppure (se il link non risponde) Secondo movimento
Terzo Movimento oppure (se il link non risponde) Terzo Movimento
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Sinfonia n.7 (1983/84)
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Sinfonia n.8 (1992/93)
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Sinfonia n.9 (1995/97)
Sesto Movimento (Seconda parte)
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Sinfonia n.10 (1997/2000)
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Requiem (Introitus) – (2. Dies irae)
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Pubblicato in Ascoltare Hans Werner Henze
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CAMMINARSI DENTRO (112): Ascolta il tuo cuore, città! – Venti tesi per non morire di droga.
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Ascolta il tuo cuore, città!
Venti tesi per non morire di droga
di Gabriele De Ritis
La realtà può essere compresa
solo a partire dai suoi estremi.
SIEGFRIED KRACAUER
La gioventù sente che il mondo è gravido di forze;
ma non immagina quale parte sostenga
nel mondo la debolezza nelle sue diverse forme.
HUGO VON HOFMANNSTHAL
Dietro il vizio e la spinta al consumo; oltre la contiguità e la curiosità; indipendentemente da ogni analisi sociologica e statistica, la tossicodipendenza è la sola risposta alla sofferenza della persona di cui sia capace chi non è riuscito a trovare altre soluzioni ai problemi della propria esistenza.
Nessuno arriva ad infilarsi un ago in vena da un giorno all’altro. Dietro quel primo buco c’è un corteo di frustrazioni, di sconfitte, di silenzi, di esclusioni, di rimproveri, di fraintendimenti, di paure, di incomprensioni, di perdite, di vane attese, di desideri impossibili, di bisogni insoddisfatti, di astratti furori.
La tossicodipendenza non è una malattia del corpo. Si tratta di decidere qui dove andare a cercarla.
Se concepiamo l’uomo come una realtà duplice – corpo e anima -, la cercheremo nell’anima, dal momento che il corpo guarisce dal male che contraddistingue la tossicodipendenza, ma la persona continuerà a patire nella mente, nel cuore e nello spirito; nei pensieri, nei sentimenti, nelle emozioni.
Se concepiamo l’uomo come una realtà indivisibile, cercheremo la tossicodipendenza nella vita della persona, nel progetto esistenziale della persona, nella persona.
Studieremo le sue relazioni sociali, le sue relazioni familiari, le sue relazioni di gruppo, le sue relazioni ‘coniugali’: non isoleremo l’individuo dal suo mondo; lo assumeremo come cittadino e come persona, come parte dei sistemi in cui è immerso, ma soprattutto come singolo, cioè come una realtà spirituale dotata di coscienza morale.
Contrassegnato Camminarsi dentro, Libera Mente
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CAMMINARSI DENTRO (111): Sotto il segno di Epimeteo. – Schede per la formazione degli Operatori nel Centro di ascolto.
SCHEDE PER LA FORMAZIONE
L’ispirazione ideale
Sotto il segno di Epimeteo
Tutti conoscono la storia di Prometeo, colui che prima pensa e poi agisce, pochi conoscono la storia di suo fratello Epimeteo, colui che prima agisce e poi pensa. Eppure i loro destini sono inscindibili.
Contrassegnato Camminarsi dentro, Exodus, Libera Mente
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CAMMINARSI DENTRO (110): Libera Mente
L’idea di chiamare l’Associazione Libera Mente nasce dalla convinzione che molte cose della vita di ognuno di noi si decidono nella mente, dipendono dalla vita della mente, dalla sua ‘salute’.
Il nostro progetto educativo potrebbe essere ricondotto a un’ecologia della mente, all’idea che la mente è un territorio da preservare da intrusioni indebite e da condizionamenti negativi.
Tra mente e cuore, noi riteniamo che si debba scegliere il primato della mente. E mente non significa cervello, intelletto, ragione soltanto. La mente non è tutta ‘nella testa’. In parte è anche cuore. Ma le ragioni del cuore non sono ragioni, sono forze. Dunque, è sbagliato farsi guidare da istinti, impulsi, bisogni, passioni, volizioni, desideri, emozioni, sentimenti. Farsi guidare dalla ragione significa saper discriminare tra bene e male e saper scegliere il bene, riuscire a scegliere il bene.
Occorre conoscere poi la realtà dell’anima, per poter praticare il governo dei sentimenti. L’esperienza del dolore è centrale, perché senza di essa non si dà governo dei sentimenti.
Il ‘compimento’ del lavoro sociale dei Volontari si manifesta dalla parte del ragazzo come ‘padronanza’ della propria esperienza e capacità di realizzare il proprio progetto di vita nella chiarezza degli orizzonti assegnati all’azione e nella congruenza del comportamento. La meta ambita che viene assegnata all’azione è quella di costituirsi come soggetto morale.
Il quadro di riferimento ideale a cui si ispira l’azione di chi scrive queste note potrebbe essere iscritto sotto la rubrica di una filosofia della libertà. Solo uomini liberi dalla paura possono mettere il proprio tempo di vita a disposizione degli altri. Il dono del tempo, che è l’essenza del volontariato, è il valore primario da cui germina ogni altro valore. Ci si salva soltanto insieme. La moralità individuale trova il suo orizzonte di senso nell’etica pubblica, come nella moralità collettiva. Di fronte alle emergenze morali del nostro tempo, il Volontario si costituisce come soggetto morale.
LIBERA MENTE si compone di due parole; è un’espressione latina che significa
senza paura
con la mente sgombra da ogni pregiudizio
in esodo dalla propria schiavitù
lontano dalle costrizioni e dalle mode
dalla disperazione alla speranza
in ascolto.
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Contrassegnato Camminarsi dentro
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CAMMINARSI DENTRO (109): Il brusio degli angeli. Saggio etico-politico sui fondamenti del lavoro sociale.
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Il brusio degli angeli
Saggio etico-politico
sui fondamenti del lavoro sociale
È o vorrebbe essere da un capo all’altro un piccolo tentativo di dissidenza dal gioco delle forze, «una professione di incredulità nell’onnipotenza del visibile» (Cristina Campo)
Contrassegnato Camminarsi dentro, Libera Mente
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CAMMINARSI DENTRO (108): Corpo vivente linguistico.
L’allarme lanciato da Scuola e Università sulle difficoltà linguistiche degli studenti non mi trova impreparato. Avendo insegnato Italiano e Latino per 35 anni, so quanto sia difficile aiutare i ragazzi a ‘colmare le lacune’ e a ‘correggere gli apprendimenti sbagliati’. La diagnosi del male non aiuta. Anzi, contribuisce a scoraggiarsi ancora di più. E’ sufficiente dire che la scuola dell’obbligo e la famiglia non sono state come avrebbero dovuto accanto ai ragazzi che studiano, per agevolare l’apprendimento della lingua materna?
L’uomo è fondamentalmente corpo vivente linguistico: non c’è una grammatica o una sintassi fuori dell’esperienza umana. L’uomo nasce in-fans, senza linguaggio, ma non apprende semplicemente regole, definizioni, strutture da ‘applicare’ all’espressione.
L’idea di ‘recuperare’, fornendo ai ragazzi un supporto grammaticale all’Università, sarà forse destinata al fallimento. Mentre occorrerebbe offrire Corsi sulla scrittura universitaria, si pensa ad orientare l’attenzione sulle strutture elementari del linguaggio! Riusciranno gli studenti ad ‘abbassare le soglie’ della percezione dei fenomeni linguistici e a farsi ‘piccoli’, per correggere gli apprendimenti sbagliati e colmare le lacune pregresse? Il metodo che sarà adottato riuscirà a realizzare l’obiettivo dato?
Wittgenstein ha scritto: “Io ho appreso il significato della parola ‘dolore’ dall’esperienza” e “I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo”. Grammatica? Sintassi? Per dire cosa?
Ad esempio, nella Secondaria superiore si insegna a scrivere il saggio breve – quando lo si fa! -, che è testo argomentativo e che, quindi, richiede la conoscenza e la padronanza della proposizione temporale, della causale, della concessiva, ma soprattutto del periodo ipotetico. (E’ interessante, a questo riguardo, sentir dire: Se avrei… Che genere di esperienza è quella di chi non è consapevole dei mezzi che si richiedono per esprimere chiaramente il proprio pensiero? Quali armi linguistiche ha ricevuto per imparare a difendersi dall’ignoranza, per non rimanere confuso in eterno?) Si scrivono saggi brevi per argomentare a favore o contro una tesi. I ragazzi si esercitano a pensare, ad argomentare – le scienze fanno esercitare a dimostrare – intorno alle loro idee, a supporto delle loro idee. Sono liberi di sostenere qualsiasi idea, anche la più assurda e controversa – ma non è mai così! -. Sono, comunque, liberi.
La prima condizione dell’apprendimento è la libertà linguistica.
Che cosa dire? Su che cosa scrivere? Innanzitutto, sui temi disciplinari. Bisogna imparare a studiare, ad usare tecniche adeguate di lettura. Occorre un lungo lavoro di comprensione dei testi, basato su diverse tipologie testuali.
Ma soprattutto bisogna pensare e bisogna esprimere idee ed emozioni, sentimenti e passioni.
Gli studenti hanno una vita, forse non ancora una biografia da rivendicare. Sicuramente, bisogni forti e confusi.
Sarà sufficiente parlare loro della struttura della proposizione, dei connettivi logici e sintattici, dei modi nella proposizione secondaria?
E’ possibile separare forme e strutture della lingua dall’esperienza?
Siamo una «comunità di parlanti» (K.O.Apel). E’ lecito operare separazioni tecniche nel vivo dell’esperienza, andando a curare gli errori di ortografia, le carenze della punteggiatura, le dipendenze grammaticali e sintattiche, quando il ritmo della scrittura e della parola siano – come sono per tutti noi – espressione viva della vita della coscienza?
Io ci ho provato sempre, naturalmente. Ho degli alunni dotati che sono a due passi dalla laurea e che scrivono ancora: un’uomo.
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Non tra ‘anima’ e ‘corpo’ si gioca il nostro destino, né in improbabili percorsi dall’uno all’altra troveremo le ragioni del nostro consistere qui e ora. Il corpo vivente linguistico (Sprachleib) – come Maurice Merleau-Ponty chiamava il Sè, con l’aiuto della Psichiatria fenomenologica tedesca – è in uno la nostra Realtà umana.
Contrassegnato Camminarsi dentro, Italiana, Lingua, linguaggio
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CAMMINARSI DENTRO (107): Quasi carne.
Quello che abbiamo ‘di fronte’, ‘in presenza’, e che chiamiamo ‘altro’, che pensiamo di capire, che sentiamo di comprendere non è una semplice-presenza. E questo lo sapevamo già: c’è dell’altro. Occorre superare, oltrepassare il mero fatto fisico, i dati sensoriali, le impressioni, i conati, per realizzare un contatto, un incontro non occasionale e non superficiale.
La realtà dell’altro – come la nostra – trascende l’apparenza sensibile, ma non è da questa separata, identificandosi come totalmente altra: un’essenza indifferente alla corporeità, al linguaggio incarnato, alla realtà concreta dell’anima. Marina Cvetaeva ci illumina al riguardo: «… l’anima, che per l’uomo comune è il vertice della spiritualità, per l’uomo spirituale è quasi carne».
La pasta, dunque, di cui è fatta la persona che mi guarda è data da sguardi, pieghe del viso, movimenti delle braccia, intonazioni della voce, apostrofi, singhiozzi, talora lividi irrigidimenti, esplosioni di gioia, fiduciosi abbandoni.
I dolori innominati di Pietro Verri, il non detto delle emozioni di Claude Olievenstein, il silenzio dell’Abate Dinouart, la dissimulazione onesta di Torquato Accetto, l’indifferenza di Marcel Proust, ma anche il Presupposto di Schelling, l’indicibile di Platone, l’indecidibile di Jacques Dérrida…
Al di qua dell’espressione di sé noi avvertiamo nell’uomo, in ogni uomo, l’esistenza di una parte nascosta che aspiriamo ad illuminare, a far emergere, ad afferrare. C’è del mistero, ma più spesso qualcosa è sottaciuto, negato, rimosso.
L’Inconfessabile, poi, a dispetto della spudoratezza dei tempi, continua a costituire parte grande della vita della coscienza.
Noi ci affacciamo esitanti sulla vita al mattino, in cerca di conferme e di riconoscimenti, spesso sicuri di noi e indifferenti alla risposta che riceveremo; più spesso, bisognosi di un sorriso, di parole gentili, addirittura di cure.
L’indifferente e l’onnipotente difettano gravemente di umanità. La loro umanità è dimidiata, offesa, pericolosamente protesa verso di noi, giacché da essa non verrà ciò di cui abbiamo bisogno: solo dolore ci sarà riservato dal freddo che ha dentro chi non è capace di medesimezza umana e da chi ha bisogno di affermarsi indipendentemente da ogni umano riconoscimento. Questi due tipi umani sono esempi di chiusura al mondo, non importa se inconsapevole o patologica.
Siamo interamente situati dalla parte dell’Aperto, dalla condizione animale prima alle forme spontanee, irriflesse dell’espressione umana. L’ingenuità infantile e l’innocenza primigenia, la verginità e la purezza sono cose che vengono meno. Eppure, Paul Ricoeur ha postulato la possibilità di un’innocenza seconda che è consentito attingere. La niciana malinconia del così fu non ci appartiene. Giustamente, Elie Wiesel ha scritto contro la malinconia.
All’individuo sovrano promesso da una società che genera follia, come rivelato da Claudio Risé, noi opponiamo l’uomo nomade, che si congeda dalla Terra, per imparare a rispettarne la legge, lasciandola in eredità a coloro che verranno, grazie alla rinuncia a sfruttare la Natura, deturpandone la bellezza.
All’anima, che aspira ad aprirsi all’altro, mossa dal desiderio di conoscenza e di felicità, si presenta uno scenario inquietante. La folla solitaria di David Riesman, l’individuo eterodiretto nell’epoca della colonizzazione delle coscienze, è un esempio di ‘assenza’. Povertà e schiavitù, ignoranza e corruzione delle coscienze, addiction, sociopatia.
Il dolore che suscita in noi lo spettacolo dell’umanità ferita è sentimento di giustizia, aspirazione a sanare antiche ingiustizie e forme di sopraffazione e minorità spirituale che si ripresentano in forme nuove.
L’ansia e l’angoscia, le angustie della mente e il male oscuro della depressione accompagnano, precedono o conseguono ai vizi sociali e a tutte le derive del tempo.
Spesso noi cerchiamo una umanità che non troviamo: negli altri scopriamo la sofferenza generata dagli istinti incontrollati e dai bisogni deviati dalla loro giusta meta.
C’è da meravigliarsi quando sia possibile veder emergere una persona da ciò che opprime e sfigura l’umano in noi. L’anima dell’altro, «quasi carne», è ciò che cerchiamo: l’affermazione di sé nelle forme autentiche che è possibile realizzare, rendere reale, visibile allo sguardo di chi abbia capacità di visione.
Il farsi carne dell’anima è sguardo, voce, desiderio. Ciò che aspiriamo ad incontrare è tutto ciò, in mezzo alla foresta dei simboli, certo!, ma sicuramente oltre indifferenza e diniego, nell’aperto.
La tonalità del contatto è promessa e speranza.
Contrassegnato Camminarsi dentro
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Avec le temps
Avec le temps…
avec le temps, va, tout s’en va
on oublie le visage et l’on oublie la voix
le cœur, quand ça bat plus, c’est pas la peine d’aller
chercher plus loin, faut laisser faire et c’est très bien
avec le temps…
avec le temps, va, tout s’en va
l’autre qu’on adorait, qu’on cherchait sous la pluie
l’autre qu’on devinait au détour d’un regard
entre les mots, entre les lignes et sous le fard
d’un serment maquillé qui s’en va faire sa nuit
avec le temps tout s’évanouit
avec le temps…
avec le temps, va, tout s’en va
mêm’ les plus chouett’s souv’nirs ça t’as un’ de ces gueules
à la gal’rie j’farfouille dans les rayons d’la mort
le samedi soir quand la tendresse s’en va tout’ seule
avec le temps…
avec le temps, va, tout s’en va
l’autre à qui l’on croyait pour un rhume, pour un rien
l’autre à qui l’on donnait du vent et des bijoux
pour qui l’on eût vendu son âme pour quelques sous
devant quoi l’on s’traînait comme traînent les chiens
avec le temps, va, tout va bien
avec le temps…
avec le temps, va, tout s’en va
on oublie les passions et l’on oublie les voix
qui vous disaient tout bas les mots des pauvres gens
ne rentre pas trop tard, surtout ne prends pas froid
avec le temps…
avec le temps, va, tout s’en va
et l’on se sent blanchi comme un cheval fourbu
et l’on se sent glacé dans un lit de hasard
et l’on se sent tout seul peut-être mais peinard
et l’on se sent floué par les années perdues- alors vraiment
avec le temps on n’aime plus
Pubblicato in Foné semantiké
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