MARCO TRAVAGLIO, Referendum, quattro sì per voltare pagina

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Buongiorno a tutti, domenica 12 e lunedì 13 giugno andremo a votare, almeno io andrò a votare, spero lo facciate tutti voi e portiate gente possibile a votare indipendentemente dal cosa poi si voterà, per 4 referendum, per dire sì o no a 4 quesiti che propongono di abolire 4 leggi. 4 norme: la prima lo sappiamo, riguarda il legittimo impedimento, la seconda riguarda il nucleare, la terza e la quarta riguardano la privatizzazione della gestione dei servizi idrici, dell’acqua, si sa poco o nulla di questi referendum se non in generale, se non che si terranno sul dettaglio, il colore delle schede, cosa prevedono i vari quesiti, cosa succede se vince il sì, cosa succede se vince il no, cosa succede se non si raggiunge il quorum, mistero, allora cerchiamo di fare chiarezza in termini molto semplici, spero, senza entrare nei tecnicismi, ma dando un’informazione completa di quello che ci aspetta domenica e lunedì fino alle 15 quando entreremo nel seggio e nella cabina elettorale con 4 schede in mano.

Sì all’acqua pubblica


La prima e la seconda scheda di cui vi voglio parlare, sono quelle che riguardano l’acqua, una è di colore rosso, l’altra è di colore giallo.
Quella di colore rosso porterà scritta una frase ostrogota nella quale si dice “Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica” il quesito punta a abrogare l’Art. 23 bis del Decreto Legge 25 giugno 2008 N. 112 che è il cosiddetto Decreto Ronchi, in cui si parla di disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, competitività e la stabilizzazione della finanza pubblica, la perequazione tributaria che è stato poi modificato più volte nel 2009, la parola acqua in questa scheda rossa non compare mai, neanche i suoi derivati tipo idrici, idrico, eppure si parla di acqua, scheda rossa, cosa siamo chiamati a decidere? Se abrogare questa norma che prevede l’obbligatorietà della gestione privata dei servizi idrici almeno per quanto riguarda il pacchetto di maggioranza delle società che li gestiscono, il decreto è più ampio perché riguarda tutti i servizi pubblici di rilevanza economica e si stabilisce per decisione di questo governo che debbano essere i privati a avere la maggioranza nelle società che gestiscono acquedotti e affini, il pubblico può partecipare ma in minoranza, quindi la regola è che la maggioranza la debbono sempre avere dei soggetti con finalità ovviamente di lucro, profitto dei privati, o con società completamente private o con società miste pubblico – private dove però il pubblico è minoritario, quindi naturalmente si fanno le gare, si stabilisce che almeno il 40% di queste società vada a capitale privato, quindi multinazionali, finanziarie, fondi etc.. Le società quindi attualmente a totale capitale pubblico che gestiscono moltissimi acquedotti comunali etc., dovranno cessare improrogabilmente dalla loro attività entro il dicembre di quest’anno, oppure potranno continuare a gestire servizi idrici, soltanto se si trasformeranno in società miste con un capitale privato di almeno il 40%, chi vota sì cancella questa norma e cioè consente che possano continuare a essere delle società a capitale interamente pubblico o a maggioranza di capitale pubblico a gestire i servizi che ci portano l’acqua in casa e che trasportano l’acqua dalle fonti, dalle sorgenti a noi consumatori, cittadini che la dobbiamo bere, che la dobbiamo usare per le nostre esigenze personali, quindi sì vuole dire no alla privatizzazione obbligatoria dei servizi idrici, dire no invece significa confermare il Decreto Ronchi, sì all’abrogazione del Decreto Ronchi che stabilisce l’obbligatorietà di società private a gestire l’acqua, quindi non è l’acqua in sé che viene privatizzata, sono i servizi che ce la portano e naturalmente questo a cosa va incontro? Va incontro intanto al problema delle tariffe, quanto costa l’acqua? L’acqua ovviamente essendo un bene naturale dovrebbe essere di tutti perché costa? Costa sulla nostra bolletta, costa quando viene imbottigliata etc., perché c’è qualcuno che la prende e la tratta, che la porta o la imbottiglia, ci aggiunge del suo e questo è inevitabile, il costo dell’acqua è inevitabile, il problema è quanto costa l’acqua e chi decide quanto costa l’acqua? Ora come ora, almeno là dove il servizio è ancora gestito dal servizio pubblico, cioè dai comuni e dalle società pubbliche a maggioranza di capitale pubblico, c’è un controllo democratico, perché? Perché noi eleggiamo i sindaci, i Consiglieri comunali che esprimono, le giunte comunali e che a loro volta poi decidono la gestione del servizio idrico e quindi se non ci piace come lo gestiscono li possiamo bocciare e mandare a gestirlo degli altri la volta successiva. Quindi diciamo che il servizio è in qualche modo collegato al potere del popolo, alla democratica, nel caso in cui dovesse non farsi il quorum o dovesse passare il no, ma il no è praticamente impossibile che passi, il rischio è che non passi il quorum, resterebbe per un bel po’ di anni questa norma che ha fatto questo governo, secondo cui la gestione, il servizio dell’acqua non sarebbe controllabile dai cittadini perché sarebbe affidata a privati che naturalmente ci fanno i loro affari con l’acqua, questo è il tema di cui si parla nel primo quesito, naturalmente i sostenitori del no che non avendo la possibilità di far vincere il no stanno facendo campagna perché la gente vada al mare, sempre che trovi poi qualche spiaggia dove andarci, perché sapete che stanno tentando di privatizzare, anche se è un termine un po’ generico, le spiagge per 99 anni, vogliono che l’acqua sia gestita dai privati perché sostengono che i privati sono più efficienti del pubblico, e effettivamente noi sappiamo che i pubblici poteri non brillano per efficienza, i servizi pubblici spesso sono mal gestiti da gente incompetente, messa lì dai politici per ragioni clientelari e che quindi abbiamo molti acquedotti intorno ai quali nascono casi di corruzione, truffe, interessi mafiosi che si attaccano alle reti pubbliche, ci sono sabotaggi delle reti pubbliche, il caso della Sicilia dove l’acqua si disperde in mille rivoli, gli acquedotti sono dei colabrodo o addirittura non esistono e si devono portare le taniche di acque in certi comuni, parlano da sé, lo sappiamo, pubblico in Italia non è sinonimo di efficienza sempre, ma neanche privato è sinonimo di efficienza sempre, anzi se l’acqua viene sottoposta esclusivamente a regole di mercato e se l’unico scopo di chi eroga questo servizio è quello di farci dei soldi, intanto c’è da dubitare che si possano fare soldi su un bene comune come l’acqua, a che titolo uno fa soldi su un bene comune come l’acqua? E soprattutto c’è da dubitare che avrà come principale scopo quello di migliorare il servizio, spesso per migliorare il servizio bisogna fare dei grossi investimenti, bisogna spendere molti soldi e se spendi molti soldi ne guadagni di meno e quindi di solito l’imprenditoria, almeno all’italiana, ma non soltanto all’italiana lesina gli investimenti e quindi penalizza il servizio e tutto ciò lo fa al riparo dal controllo dei cittadini che invece possono andare a punire o a premiare quei comuni, quelle amministrazioni virtuose che invece magari danno un buon servizio per quanto riguarda l’erogazione dell’acqua, quindi ci sono questioni di principio e questioni anche di soldi, è un dato di fatto che in quasi tutti i paesi del mondo e in quasi tutti i comuni d’Italia dove l’acqua è passata dal controllo maggiormente pubblico al controllo maggioritaria mente privato, le bollette e le tariffe sono aumentate, perché? Perché naturalmente il privato ci deve guadagnare, mentre invece il servizio pubblico dovrebbe garantire soltanto la buona salute della società che eroga questi servizi, ma non naturalmente l’ingrassamento della società a spese dei cittadini consumatori e soprattutto a spese del servizio e degli investimenti necessari per renderlo migliore, quindi chi dice sì al referendum non è che vuole mantenere i carrozzoni pubblici, vuole che il servizio pubblico sia più efficiente e vuole che i cittadini mantengano il controllo su chi decide, chi gestisce l’acqua, cioè un bene comune.
Spiega il Prof. Riccardo Petrella del gruppo di Lisbona del Comitato istituzionale per il contratto mondiale dell’acqua, uno dei massimi esperti e dei promotori di questo referendum che l’acqua intanto è un bene comune come l’aria, l’educazione, la salute e aggiungo io l’energia e poi aggiunge che nel primo referendum si dice con chiarezza, votando sì, che non si può accettare l’obbligatorietà del soggetto privato come unico e solo gestore titolare del servizio idrico, è vero che l’esperienza delle municipalizzate a capitale pubblico è molto negativa, ma questo non vuole dire che lo Stato debba abdicare i propri compiti, lo Stato deve tornare a fare lo Stato e deve essere pubblico in quanto deve essere nell’interesse dei cittadini e deve poter essere controllato dai cittadini.
Nell’Art. 23 del Decreto Ronchi è scritto in maniera esplicita che lo Stato italiano non è abilitato a gestire il servizio unico e questo dice il Prof. Petrella è un vero e proprio rigetto dello Stato, un’assurdità lo Stato che nega sé stesso! Cosa succede se vincono i sì, potremo avere ancora l’acqua a gestione pubblica, decidendo semplicemente di eleggere in comune persone che sostengono la gestione pubblica, mentre se vince il no o non passa il quorum, avremo dappertutto obbligatoriamente i privati che la fanno da padroni nella gestione del servizio idrico, scheda rossa, primo quesito sull’acqua.
Passiamo al secondo quesito sull’acqua che è la scheda gialla, lì si parla di “Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito” e qui almeno idrico c’è, quindi si capisce che si parla di acqua nella scheda gialla, il quesito dice: volete voi che sia abrogato il comma 1 dell’Art. 154, tariffa del servizio idrico integrato del Decreto Legislativo N. 152 del 3 aprile 2006 norme in materia ambientale limitatamente alla seguente parte: dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito? Tutto ciò cosa significa in italiano? Significa che nel Codice dell’ambiente all’Art. 154, Decreto Legislativo 2006, al comma 1 quello che si vorrebbe abrogare è stabilito come devono essere calcolate le tariffe che noi cittadini paghiamo sulla bolletta per il servizio idrico, si dice che le tariffe devono obbligatoriamente tenere conto dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito, quindi cosa dicono i promotori di questo secondo referendum? Che la norma che si vuole abrogare, quella che consente ai gestori di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% per remunerare il capitale investito senza alcun collegamento a qualunque logica di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio, non obbliga chi gestisce il servizio a fare degli investimenti per migliorare il servizio, dice che la tariffa anche se non fanno investimenti e se lasciano il colabrodo che c’è, deve garantire il 7% di utile a chi gestisce il servizio per ricompensarlo del capitale che ha investito nel costituire questa società o nel comprarsi naturalmente la gestione del servizio medesimo e quindi cancellando questa norma assurda si elimina questo cavallo di Troia che apre la strada ai privati nella gestione dei servizi idrici, perché i privati naturalmente accettano di entrare in questo servizio se hanno la garanzia di un profitto, di un utile, questo profitto gli viene assicurato addirittura obbligatoriamente per legge e quindi ci si fiondano ovviamente sull’acqua, se invece dovessero andarsi a guadagnare con il loro sudore o con i loro investimenti un profitto collegato con il lavoro che ci mettono per migliorare il servizio, magari alcuni di loro non ci si butterebbero in questo servizio, perché? Perché rischierebbero magari di non farli gli utili se non sono bravi o se hanno troppo da investire rispetto a quello che hanno da guadagnare, invece qui gli si garantisce il 7%, capito? Dice il Prof. Petrella: la nostra legge, è vero che il gestore privato deve avere una logica di profitto, è ovvio che i privati fanno impresa per guadagnarci, mica per perderci, ma la legge parla di stabilire una tariffa che prevede obbligatoriamente almeno il 7% di profitto per il privato, senza prevedere alcun obbligo di investimento, in nessuno dei paesi del mondo che consentono di dare ai privati la gestione dei servizi idrici, è prevista l’obbligatorietà del profitto, perché? Perché è come al solito il libro mercato all’italiana, dove non rischi nulla e dove guadagni a prescindere, ovviamente sulle spalle dei cittadini e del servizio, cioè dell’acqua, cancellando questa norma se ci saranno partecipazioni di privati alla gestione del servizio idrico, questi il profitto se lo dovranno andare a guadagnare in proporzione alle migliorie che porteranno a questo servizio e non perché la legge gli garantisce un minimo profitto che è semplicemente slacciato da qualunque regola di mercato e che è semplicemente il chip che noi mettiamo sul tavolo e che il privato arriva e se lo porta via, senza neanche giocare la partita, anzi neanche rischiare del proprio, questo è il secondo e ultimo quesito che riguarda il tema acqua, scheda gialla no al profitto garantito obbligatorio! Naturalmente si potrebbero dire molte altre cose sul tema dell’acqua, ne sapete meglio molti di voi che non io, l’importante è conoscere il contenuto delle varie schede, le prime due allora ricapitolando e cioè quella rossa e quella gialla, cancellano queste norme che si sono stratificate sotto l’ultimo governo Berlusconi nel 2006/2008/2009 per dare in mano ai gestori privati i servizi idrici.

Sì all’abolizione del nucleare


Terza scheda, la scheda grigia è quella sul nucleare, qui sono successi pasticci di ogni genere, perché?Perché intanto quando Di Pietro ha cominciato a raccogliere le firme due o tre anni fa, era stato appena presentato il Piano Scajola per la costruzione di 4 centrali nucleari, ciascuna con due reattori nucleari, quindi 8 reattori nucleari, la Confindustria calcolò che ci volessero 50 miliardi adesso Euro per costruire queste 4 centrali, immaginate quanti decenni ci sarebbero voluti per ammortizzare un investimento di quel genere e soprattutto si doveva anche decidere dove metterle, ma il governo ci aveva fatto la campagna elettorale sopra al ritorno al nucleare, infischiandosene del fatto che nel 1987 la stragrande maggioranza degli italiani avevano detto no al nucleare in un referendum promosso dagli ambientalisti ma anche dai socialisti di Craxi, per cui quando Berlusconi parla di comunisti è assurdo, tutti i partiti alla fine dissero di essere favorevoli a quel referendum, tranne i pubblicani di Spadolini che rappresentavano il 3% del Parlamento italiano, persino i missini, il movimento sociale disse sì al referendum che abrogava il nucleare, dopo 24 anni, oggi, siamo di fronte a un bivio, perché? Perché il governo non ha mai cancellato quell’impegno anche se ha fatto finta di farlo, Di Pietro 3 anni fa comincia a raccogliere le firme, tutti lo prendono in giro, gli dicono: tanto non ci sarà mai il quorum, sei matto, regali a Berlusconi la possibilità di dire “ho vinto” anche se ha perso solo perché non si è fatto il quorum, invece Di Pietro va avanti, raccoglie le firme e poi succede l’incidente di Fukushima che porta il tema del nucleare al centro della scena non soltanto politica ma soprattutto dell’attenzione dell’opinione pubblica, tutta l’Europa direbbero i nostri Ministri ineffabili, si fa prendere dall’emotività, no non si fa prendere dall’emotività, scopre che ancora nel 2011 non esiste il nucleare sicuro, scopre che tutte le rassicurazioni sulle altissime tecnologie giapponesi in realtà poi di fronte alla furia della natura evaporano, quindi fa i conti con tutto ciò, il che non esclude che in un futuro si possa inventare veramente il nucleare pulito, quello che nasce dalla fusione fredda, per esempio, ma non mi voglio inoltrare in questi tecnicismi perché non sono un tecnico.
Nel frattempo in questo momento si sa che il nucleare sicuro, pulito non esiste! Perché esista dovrebbero succedere molte cose che non sono successe, ecco perché la gente allarmata anche da Fukushima decide di protestare, in tutto il mondo e tutti i governi rispondono all’opinione, non all’emotività, alla giusta preoccupazione, il principio di precauzione dice che se c’è una cosa pericolosa tu devi cercare di non tarla, non devi semplicemente dire: la facciamo e mettiamo in conto i rischi, soprattutto se ci sono delle alternative per nulla rischiose o molto meno rischiose, questo è il tema che ha indotto governi di destra come quello di Angela Merkel in Germania, governi che sfuggono alle nostre categorie mentali come quello svizzero a cancellare il futuro nucleare per i loro paesi e puntare su altri tipi di approvvigionamento energetico che nel frattempo naturalmente hanno fatto passi da gigante e ne faranno altri nel futuro.
Ecco quindi che quel referendum diventa il detonatore perché dato che la gente è molto vigile sul tema del nucleare e non vuole il ritorno al nucleare in Italia, si presume, questa era la previsione del governo italiano, che andrà in massa a votare anche se si mette il referendum il 12/13 giugno quando ci sono già i weekend di vacanza e quindi questo referendum trascinerà gli altri, portando molto probabilmente il quorum per tutti i referendum e allora il governo si attiva per depotenziare il referendum sul nucleare per dire: state tranquilli quel referendum è inutile perché ci pensiamo noi a sospendere la Legge Scajola e la progettazione e l’iter che porterebbe alla costruzione di quelle nuove 4 centrali nucleari, quindi non andate a votare perché tanto ci ha già pensato il governo a sospendere sine die il nucleare e fanno quel decreto omnibus che è diventato l’obbligo del quesito della scheda grigia sul nucleare, perché ha riformulato l’orientamento del governo rispetto a quello della Legge Scajola, quindi se Di Pietro aveva raccolto le firme contro la Legge Scajola che prevedeva le 4 nuove centrali nucleari con 8 reattori, il governo fa il Decreto omnibus per dire quello che intende fare dopo Fukushima sul nucleare, sostiene il governo, non ci sarà più il nucleare per un po’ di tempo, sostengono i promotori del referendum: hai fatto il furbo, perché hai lasciato aperta la strada al nucleare, proprio mentre dicevi che la chiudevi fino a nuovo ordine.
Dato che la Corte Costituzionale fin dal 1978, credo, ha stabilito che per far saltare un referendum non basta cambiare la legge che i promotori volevano abrogare con la loro raccolta di firme, ma bisogna proprio eliminare tutti i principi ispiratori della legge che si vuole abrogare, se tu lasci in piedi il principio ispiratore, lasci aperto uno spiraglio al nucleare, allora il referendum è buono e il quesito abrogativo si trasferisce sulla nuova legge che modifica quella vecchia e è quello che ha fatto la settimana scorsa la Cassazione riformulando il quesito perché? Perché la nuova norma, il Decreto omnibus non è zuppa, è pan bagnato rispetto alla Legge Scajola e allora il quesito riformulato dalla Corte di Cassazione dice così: abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare e il testo dice: volete che siano abrogati i commi 1 e 8 dell’Art. 5 del Decreto Legge 31/3/2011 34 convertito con modificazioni dalla legge 26/05/2011 N. 75? La parola nucleare per fortuna nella scheda grigia c’è, anche se è annegata in quel mare magnum di burocratese, quindi cosa abroghiamo noi? Abroghiamo se votiamo sì il Decreto omnibus nella parte in cui dice sospendiamo per un anno il progetto nucleare e poi vedremo alla luce di nuove tecnologie, orientamenti europei, supercazzole varie il da farsi, dopodiché deciderà il Presidente del Consiglio in persona se fare il nucleare o se invece, nel nuovo piano energetico nazionale inserire soltanto altre fonti, quelle rinnovabili e non, ma senza il nucleare.
Quindi il Decreto Omnibus dà al Presidente del Consiglio il potere tra un anno di decidere di riaprire il discorso nucleare che il referendum invece vuole chiudere per sempre, c’è anche una norma che consente di espropriare i terreni dei privati per potervi costruire nuove centrali nucleari anche da parte di imprese private, se non è far rientrare dalla finestra il nucleare che era stato fatto uscire dalla porta, ditemi voi, la Cassazione comunque ha capito bene, il Governo ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale che domani si dovrebbe pronunciare e come si pronuncerà l’ha già fatto intuire il nuovo Presidente Quaranta che appena eletto stamattina ha dichiarato: vedremo domani ma non vedo come possa la Corte Costituzionale bloccare un referendum, meno male, anche se forse non spetterebbe al Presidente della Consulta anticipare le decisioni della Consulta, però ci ha fatto capire più o meno qual è il suo orientamento di Presidente della Corte Costituzionale, quindi se si vota sì non potranno essere inserite centrali nucleari nel nuovo piano energetico nazionale, quindi spariscono quei progetti per gli 8 reattori su 4 centrali, ci saranno altre fonti di energia come quelle che sorreggeranno le forniture energetiche in Germania, Svizzera, in altri paesi che hanno rinunciato al nucleare, naturalmente conosciamo cosa dicono quelli del no, dicono: abbiamo 58 centrali in Francia, molte delle quali proprio al di là delle Alpi, se esplodono quelle noi comunque ci becchiamo le radiazioni lo stesso, allora perché comprare energia dalla Francia quando potremmo produrla con lo stesso sistema noi in Italia? E’ un ragionamento a cazzo, come dire: dato che ho il vicino di casa piromane, do fuoco a casa mia io personalmente, così lo frego perché arrivo prima di lui, ma stiamo scherzando? Senza contare il fatto che già è grave se c’è un incidente nucleare al di là delle Alpi, ma è ancora più grave se c’è al di qua delle Alpi, perché qua ce l’abbiamo in casa, mentre la Francia è un po’ più lontana, non dimentichiamo che la catastrofe di Fukushima ha prodotto comunque l’evacuazione della popolazione in un raggio di 30 chilometri, non stiamo parlando di territori sterminati, certo poi un po’ di radiazioni arrivano anche oltre i 30 chilometri, ma intanto il pericolo di sopravvivenza in un disastro di quelle proporzioni è limitato, si è detto, a 30 chilometri, quindi contano molto le distanze, la Francia, le Alpi che ci proteggono, quindi comunque non c’è paragone tra il danno che farebbe una centrale che esplode in Italia e quello che potrebbe fare all’Italia una centrale che esplode in Francia, poi si dice che l’energia nucleare costa meno delle altre, beh a regime ovviamente, questo vale per un paese che le ha già le centrali nucleari, ma non vale per un paese che non le ha più e che le deve ricostruire e che ci costerebbe un’ira di Dio, decine e decine di miliardi come ha stabilito non Greenpeace, la Confindustria quando fu annunciato il Piano Scajola e poi c’è il problema naturalmente delle scorie, noi abbiamo ancora le scorie delle centrali nucleari pre 1987 a ridosso di fiumi e torrenti tipo a Saluggia e non sappiamo cosa farne, dove metterle, come smaltirle e come neutralizzarne i possibili effetti nefasti perché semplicemente il nucleare è per sempre!
Le scorie sono per sempre, sono ineliminabili, i reattori una volta accesi non si spengono più, quindi anche loro sono per sempre, pensate al caso di Chernobyl dove hanno costruito questo sarcofago in cemento che si crepa e comunque non può impedire che tutto intorno si continuino a sprigionare radiazioni micidiali come ha mostrato il bellissimo servizio di Corrado Formigli l’altra sera, quindi cambia un po’ quello che deve fare un paese che per sua fortuna non ha più il nucleare da 24 anni, rispetto a un paese che ce l’ha e che lo deve dismettere, noi abbiamo la fortuna di non averlo e mentre gli altri, molti altri, alcuni importanti altri paesi come la Germania e la Svizzera si fermano, noi vogliamo ripartire, una follia totale che ci costerebbe molto di più, visti i costi di costruzione delle centrali e che naturalmente ci porterebbero come in tutti i paesi che hanno le centrali nucleari, dei pericoli che derivano dalle scorie, dai guasti e che possono derivare da eventi catastrofi naturali, siamo il paese più sismico d’Europa, le uniche aree ritenute meno insicure dal punto di vista dei terremoti, cioè la Pianura Padana e la Sardegna sono amministrate dal centro-destra, bene, il governatore della Sardegna Cappellacci Pdl, il Governatore del Veneto Zaia, Lega, il governatore della Lombardia Formigoni Pdl hanno già detto che loro nel loro territorio le centrali non le vogliono, allora dove le mettiamo? Le mettiamo in Abruzzo dove siamo reduci da un terremoto devastante? Le mettiamo in Sicilia dove i terremoti sono all’ordine del giorno? Questo è anche un problema pratico, senza contare che coloro che ci avvertono forse esagerando ma non è mai troppa la precauzione della possibilità di nuovi attentati terroristici sull’esempio delle due torri, beh provate a immaginare se a qualcuno venisse in mente di dirottare un aereo non sulle due torri gemelle, ma su una centrale nucleare cosa potrebbe succedere, mi pare che ce ne sia a sufficienza e se poi non ce ne è a sufficienza leggetevi quello che dice Carlo Rubia che ha dovuto andare all’estero per portare le sue idee e i suoi progetti, visto che in Italia ci fidiamo di esperti come quelli che avete visto a Anno Zero che negano addirittura che a Chernobyl sia successo qualcosa o altri esperti come Chicco Testa che si mettono a disquisire sul fatto che sì ci sono 4500 bambini malati di tumore ma non sono tutti morti, quindi vuoi mettere la soddisfazione di avere un bambino malato di tumore che però non è ancora morto.
Visto che il livello dei nostri esperti sostenitori del no è questo, magari fidiamoci dell’unico Premio Nobel per la fisica italiano che abbiamo vivente e che naturalmente è costretto a operare fuori dall’Italia perché in Italia è considerato un pericoloso sovversivo, quindi votando sì diciamo: basta al nucleare per un bel po’ di anni, a meno che un giorno non ci portino finalmente le prove di un sistema per produrre energia dall’atomo che non abbia tutti gli effetti collaterali e i rischi collaterali che abbiamo fin qui descritto, scheda grigia nucleare.

Sì alla legge uguale per tutti


L’ultima scheda è quella verde e riguarda il legittimo impedimento, anche qua la parola impedimento per fortuna compare in un mare magnum naturalmente di burocratese.Il referendum è intitolato “Abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010 N. 51 in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza N. 23/11 della Corte Costituzionale” e il quesito dice: volete voi che siano abrogati l’Art. 1 commi 1, 3, 5, 6 nonché l’Art. 2 della Legge 7 apre 2010 N. 51 recante disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza? Risposta che do io, almeno anche in questo caso sì, cosa vuole dire tutta questa pappardella? Vuole dire che l’anno scorso la Legge Alfano ha stabilito che il Presidente del Consiglio e i suoi Ministri per il solo fatto di essere membri del Governo, hanno diritto a non comparire in udienza per una durata di un anno e mezzo, 6 mesi più 6 mesi, più 6 mesi e il giudice deve fidarsi dell’autocertificazione che loro depositano tramite i loro Avvocati, in cui si dice: tizio imputato è Ministro, tizio imputato è Presidente del Consiglio, quindi per un anno e mezzo non ha tempo, quindi non convocatelo il processo lo si fa tra un anno e mezzo, perché hanno detto tra un anno e mezzo? Perché era una norma a ponte in vista di una norma definitiva che era il Lodo Alfano costituzionale che avrebbe dovuto immunizzare questi personaggi per tutta la durata dell’incarico, poi la legge costituzionale non l’hanno fatta, è rimasto questo abortino, è stato un po’ tagliuzzato dalla Corte Costituzionale del gennaio di quest’anno, quando la Corte ha stabilito che non c’è un automatismo, il fatto che tu sei Ministro o Presidente del Consiglio, ti consente di stare lontano dal Tribunale per un anno e mezzo, ti consente di stare lontano dal Tribunale quando hai degli impegni di governo e decide il giudice di volta in volta se quegli impegni li hai e se corrispondono a un legittimo impedimento speciale così come previsto dalla Legge Alfano, allora qualcuno di voi dirà: ma non c’è più bisogno di votare in questo referendum perché già la Corte Costituzionale il legittimo impedimento gliel’ha fatto a pezzi, no bisogna votare, intanto per una questione di principio, non si vede perché uno perché è Ministro o Presidente del Consiglio deve essere più uguale degli altri, visto che la nostra Costituzione stabilisce che solo per i reati ministeriali commessi nell’esercizio delle funzioni di governo c’è un trattamento a parte, si viene giudicati dal Tribunale per i reati ministeriali previa autorizzazione del Parlamento, per i reati comuni siamo tutti uguali e è esperienza quotidiana vedere i Ministri e il Presidente del Consiglio che fanno tutto quello che vogliono, vanno alle partite, vanno di qua, vanno di là, giustamente hanno un sacco di tempo libero anche loro e quindi una parte di quel tempo libero se sono imputati la dedicano al giudice e decide il giudice se l’impedimento è reale e decide il giudice se è legittimo, altrimenti cosa fa? Mica li fucila, semplicemente tiene l’udienza in assenza di questi signori che non si sono presentati, è un modo per evitare che usino l’impegno ministeriale per allungare il brodo del processo e non farlo mai arrivare alla fine.
Fatto che il giudice decida di volta in volta, vuole dire che si apre un contenzioso infinito tra il giudice e gli avvocati che faranno mille ricorsi contro ogni decisione del giudice che dice no, non era legittimo impedimento, i difensori dicono: sì era legittimo, allora si rivolgono alla Corte d’Appello, alla Corte di Cassazione, alla Corte Costituzionale e ricusano il giudice e chiedono di trasferire il processo perché a Milano ce l’hanno tutti con il loro cliente etc., se non si mette fine a questo aborto del legittimo impedimento, processare il Premier e i suoi Ministri sarà impossibile come, anche con i tagliuzzini che ha fatto la Corte Costituzionale, radiamo al suolo quello che rimane del legittimo impedimento Alfano e facciamo in modo che il Presidente del Consiglio e i suoi Ministri vengano processati, se sono imputati, come comuni cittadini, se hanno qualcosa di importantissimo da fare non c’è problema, stabiliscono insieme al Giudice il calendario delle giornate in cui sono liberi, dopodiché dopo aver dato disponibilità in quei giorni fisseranno i Consigli dei Ministri in giorni in cui non hanno i processi o viceversa nei giorni in cui ci sono i Consigli dei Ministri non verranno fissati i processi, leale collaborazione tra poteri dello Stato, invece adesso anche la versione dimagrita del legittimo impedimento dopo che la Corte Costituzionale lo ha tagliuzzato, consente una guerriglia permanente nei processi al Primo Ministro e ai suoi Ministri, aggiungo che non c’è nessun paese al mondo dove i membri del governo godano di particolari privilegi rispetto agli altri cittadini, anzi ci sono paesi come la Francia, dove il Primo e il Primo Ministro non sono parlamentari e quindi non hanno neanche l’immunità che hanno i parlamentari, possono essere arrestati, perquisiti, intercettati e indagati anche per i reati di opinione, cosa che invece per il parlamentare non è, quindi il Ministro ha meno garanzie del parlamentare, non di più, noi saremmo l’unico paese dove il fatto di essere Presidente del Consiglio e di essere Ministro, ti dà un bonus per avere la quasi certezza di non essere processato, quindi votando sì si cancella questa porcheria, non fatevi fregare da chi vi dice che la legge ormai è svuotata dalla Corte e che quindi il referendum è inutile.
Il fatto che Berlusconi dica che i referendum sono inutili, è la migliore dimostrazione che sono utilissimi e siccome lui punta al no, ma dato che sa che il no non vincerebbe, punta all’astensione, il modo migliore per rispondergli che li riteniamo utili è quello di votare sì, questa era la scheda verde.

Quindi sì al rosso, cioè no ai privati obbligatoriamente maggioritari a gestire l’acqua pubblica, sì al giallo, cioè no all’obbligo di profitto di almeno il 7% per i privati che prendono in mano i servizi idrici, sì al grigio, cioè no alle nuove centrali nucleari nel futuro piano energetico nazionale, sì al verde cioè no a un trattamento privilegiato di Ministri e del Capo del Governo quando sono sotto processo, la legge è uguale per tutti!

(6 giugno 2011)

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