CAMMINARSI DENTRO (196): La Madre addolorata stava / in lacrime presso la Croce / su cui pendeva il Figlio.

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Giovedì, 9 giugno 2011

Ci siamo inter- rogati più volte in questi anni di fronte alla morte di uno dei nostri ra- gazzi. Abbiamo ripercorso la carriera del tos- sicomane in cerca del punto di rottura, del gesto che incep- pa il meccani- smo, della ferita originaria… Abbiamo enumerato sconfitte e fallimenti, astratti furori e incomprensioni, fraintendimenti e distrazioni… Abbiamo evocato la mancanza d’amore. Il poco amore. Il troppo amore. Il sentimento sbagliato di sé. La paura di non farcela. La fatica di esistere. Di essere se stessi. Al termine di tutte le spiegazioni, invocate soprattutto per dare un senso a una morte prematura, abbiamo rivolto lo sguardo altrove.

Una volta esaurito il lavoro del concetto, tentate tutte le spiegazioni, non paghi della logica e della scienza e dell’esperienza, abbiamo considerato il dolore delle madri – quello dei padri non interessa nella stessa misura -, per aiutare le stesse madri a darsi una ragione della violenza più grande. Ieri Ester diceva che non è naturale il fatto che un figlio muoia prima dei genitori. Ho pensato a lei.

Mi è tornato in mente il testo di Tiziano Scarpa, Stabat mater, e con esso lo Stabat Mater di Vivaldi, e poi quello di Pergolesi e di Scarlatti. Ho cercato il denominatore comune, per dare una risposta all’interrogativo: cosa significa per una madre veder morire un figlio? Forse, una prima risposta è contenuta proprio nel testo dello Stabat mater. Esso può aiutare a pensarsi oltre il dolore e la morte… perché un’esperienza anche più grande è stata fatta dalla madre di Cristo. E cosa contiene il testo che ce ne parla? Seguiamolo in latino e in italiano sulla base di quanto riferisce Wikipedia:

Stabat Mater dolorósa

iuxta crucem lacrimósa,

dum pendébat Fílius.

Cuius ánimam geméntem,

contristátam et doléntem

pertransívit gládius.

O quam tristis et afflícta

fuit illa benedícta

Mater Unigéniti !

Quae moerébat et dolébat,

pia mater, cum vidébat

nati poenas íncliti.

Quis est homo, qui non fleret,

Christi Matrem si vidéret

in tanto supplício?

Quis non posset contristári,

piam Matrem contemplári

doléntem cum Filio ?

Pro peccátis suae gentis

vidit Jesum in torméntis

et flagéllis subditum.

Vidit suum dulcem natum

moriéntem desolátum,

dum emísit spíritum.

Eia, mater, fons amóris,

me sentíre vim dolóris

fac, ut tecum lúgeam.

Fac, ut árdeat cor meum

in amándo Christum Deum,

ut sibi compláceam.

Sancta Mater, istud agas,

crucifíxi fige plagas

cordi meo válide.

Tui Nati vulneráti,

tam dignáti pro me pati,

poenas mecum dívide.

Fac me vere tecum flere,

Crucifíxo condolére

donec ego víxero.

Iuxta crucem tecum stare,

te libenter sociáre

in planctu desídero.

Virgo vírginum praeclára,

mihi iam non sis amára,

fac me tecum plángere.

Fac, ut portem Christi mortem,

passiónis fac me sortem

et plagas recólere.

Fac me plagis vulnerári,

cruce hac inebriári

et cruóre Fílii.

Flammis urar ne succénsus,

per te, Virgo, sim defénsus

in die iudícii.

Fac me cruce custodíri

morte Christi praemuníri,

confovéri grátia.

Quando corpus moriétur,

fac, ut ánimae donétur

paradísi glória. Amen.

 

La Madre addolorata stava

in lacrime presso la Croce

su cui pendeva il Figlio.

E il suo animo gemente,

contristato e dolente

una spada trafiggeva.

Oh, quanto triste e afflitta

fu la benedetta

Madre dell’Unigenito!

Come si rattristava e si doleva

la pia Madre

vedendo le pene dell’inclito Figlio!

Chi non piangerebbe

al vedere la Madre di Cristo

in tanto supplizio?

Chi non si rattristerebbe

al contemplare la pia Madre

dolente accanto al Figlio ?

A causa dei peccati del suo popolo

Ella vide Gesù nei tormenti,

sottoposto ai flagelli.

Vide il suo dolce Figlio

che moriva, abbandonato da tutti,

mentre esalava lo spirito.

Oh, Madre, fonte d’amore,

fammi provare lo stesso dolore

perché possa piangere con te.

Fa’ che il mio cuore arda

nell’amare Cristo Dio

per fare cosa a lui gradita.

Santa Madre, fai questo:

imprimi le piaghe del tuo Figlio crocifisso

fortemente nel mio cuore.

Del tuo figlio ferito

che si è degnato di patire per me,

dividi con me le pene.

Fammi piangere intensamente con te,

condividendo il dolore del Crocifisso,

finché io vivrò.

Accanto alla Croce desidero stare con te,

in tua compagnia,

nel compianto.

O Vergine gloriosa fra le vergini

non essere aspra con me,

fammi piangere con te.

Fa’ che io porti la morte di Cristo,

avere parte alla sua passione

e ricordarmi delle sue piaghe.

Fa’ che sia ferito delle sue ferite,

che mi inebri con la Croce

e del sangue del tuo Figlio.

Che io non sia bruciato dalle fiamme,

che io sia, o Vergine, da te difeso

nel giorno del giudizio.

Fa’ che io sia protetto dalla Croce,

che io sia fortificato dalla morte di Cristo,

consolato dalla grazia.

E quando il mio corpo morirà

fa’ che all’anima sia data

la gloria del Paradiso. Amen.

 

Gemere e affliggersi. Rattristarsi e dolersi. Piangere. La voce che si rivolge alla Madre di Cristo chiede: Oh, Madre, fonte d’amore, / fammi provare lo stesso dolore / perché possa piangere con te. Una prima scoperta: c’è da chiedere un dolore più grande! Un dolore che sia almeno paragonabile a quello provato da Lei. Santa Madre, fai questo: / imprimi le piaghe del tuo Figlio crocifisso / fortemente nel mio cuore. Addirittura, la voce chiede di patire le stesse piaghe del Figlio! Condividere il dolore del Crocifisso. Essere parte del compianto. Essere feriti delle sue ferite. Essere fortificati dalla morte di Cristo. Consolati dalla grazia. Inebriarsi del sangue del Figlio.

Le madri hanno, allora, una via da percorrere nell’ora che non ha sorelle: non chiudersi nel loro dolore. Sapere che c’è un dolore più grande. Chiedere di poter partecipare ad esso. Trovare conforto nella grazia che si riceve tra i doni inaspettati. La grazia forse è il privilegio di ritrovarsi a vivere un’esperienza analoga a quella che provò la Vergine ai piedi della Croce. Riconoscere quel dolore come motivo di conforto e di speranza. Se da quella Passione derivò una Resurrezione e la promessa di Salvezza, è da quel dolore che non bisogna mai distogliere lo sguardo. Il senso che daremo ad esso ci aiuterà a trovarne per il nostro.

Nei prossimi giorni proporrò alla madre di Benedetto l’ascolto di Vivaldi e la lettura di Scarpa, perché trovi un primo motivo di conforto nell’una e nell’altra cosa. Non dobbiamo sempre trovare una ragione per il nostro dolore, perché non ci costringa a credere che avrà ragione di noi, per non restare confusi in eterno, come dicevamo da bambini con l’aiuto del vecchio Catechismo?

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