CAMMINARSI DENTRO (203): La porta stretta

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Lunedì 4 luglio 2011

La sottile inquietudine che ci prende quando avvertiamo – e lo avvertiamo pressoché ogni giorno – che ci sfugge il ricordo di tutto quello che abbiamo fatto può essere in parte ‘vinta’ tenendo traccia dei passi compiuti, anche dei gesti insignificanti, come il controllo dell’avantreno della nostra macchina o il pagamento della fattura del gas e dell’elettricità.

Io utilizzo da sei anni la Moleskine Diary rigorosamente nera, che non mi stanca, come non mi stancano le pagine sempre uguali, con righi della stessa altezza. Questo mi consente di scrivere sempre agevolmente. La pagina della Domenica è riservata agli Indici: riporto lì, ad esempio, il giorno a cui andare a cercare eventi importanti, come il rinnovo del contratto del database MySql fornito dal provider Aruba per questo sito. La data della prossima scadenza è riferita al 2012. A breve, comprerò la nuova Moleskine Diary, per annotare la scadenza.

Ieri sera la madre di Benedetto mi ha chiesto la data del viaggio in aereo in Sardegna che ho fatto con il figlio, per accompagnarlo in Comunità a Iglesias, un anno fa. Lei cerca tutte le date recenti, per ricostruire le tappe della vita di chi non c’è più. Ho ritrovato agevolmente il giorno, ma anche preziose emozioni annotate quel giorno e nei giorni successivi. Se non l’avessi fatto con metodo, oggi non potrei rispondere ad Ester su una cosa che mi riguarda, perché ne sono stato protagonista. E’ così che combatto l’inquietudine che necessariamente ci accompagna.

Porto la Moleskine sempre con me. Non la lascio mai incustodita, quando sono fuori di casa, perché è oggetto non paragonabile agli altri oggetti che pure porto con me. Le altre cinque ‘annate’ sono ben custodite, al riparo da occhi indiscreti: in bella mostra, su uno dei tanti palchetti della libreria ‘a giorno’ di destra, nel mio studio. Come la lettera rubata, in quella posizione passano inosservate: nessuno andrà a cercare ciò che cade sotto lo sguardo distratto del ‘passante’. D’altra parte, so che nessuno in casa oserebbe aprirne una, anche solo per curiosare senza uno scopo preciso.

Entrare nel recinto dell’anima di una persona da una porta spalancata non è cosa raccomandabile. Se lo faremo, non sarà possibile poi tornare indietro: potrebbero dischiudersi scenari imprevedibili. Una sola parola potrebbe distruggere illusioni costruite con arte e con metodo! Non è per quella via che si accede all’invisibile dell’esperienza personale. Nemmeno noi possediamo la chiave che sicuramente fornirà l’accesso alla nostra anima. Ne possediamo, infatti, più di una. E poi, ha senso chiedere una ‘chiave’? Disponiamo solo di una porta socchiusa, che sta lì davanti a noi. Possiamo a volte entrare e uscire, approfittando di occasioni felici che ci riservano questo privilegio. Ma pretendere di entrare e di installarsi comodamente negli ‘spazi’ interni è solo astratta illusione. Il nostro posto è qui. Possiamo solo sperare che ci venga concesso in dono che questa soglia sia costante.

Ci viene in soccorso, a questo riguardo, il poeta francese René Char, che scrisse il 26 maggio 1976, all’annuncio della morte di Martin Heidegger, che era stato suo amico:

Martin Heidegger è morto questa mattina. Il sole che lo ha fatto tramontare gli ha lasciato i suoi attrezzi, trattenendo solo l’opera. Questa soglia è costante. La notte che si è aperta predilige. (da Lieve da portare)

Questo solo chiediamo per noi, che sia finalmente possibile dire che consistere qui e ora non equivale ad essere poveri, quasi fossimo dimentichi di noi e del bene che abbiamo ricevuto. Entrare nel cuore degli altri è possibile. Si richiede soltanto la buona fede della memoria. Solo questo ci è concesso: ricordare il bene che abbiamo ricevuto. Solo questo ci consente di sostare qui, su questa soglia.

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