CAMMINARSI DENTRO (208): Un confidente abbandono

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Venerdì 15 luglio 2011

Jennie McGrew

Non una figura incappucciata 
dove la scala curva nell’oscurità
rattrappita sotto un mantello fluttuante!
Non occhi gialli nella stanza di notte,
che fissano da una superficie di ragnatela grigia!
E non il battito d’ala di un condor,
quando il ruggito della vita inizia
come un suono mai udito prima!
Ma in un pomeriggio di sole,
in una strada di campagna,
dove erbacce viola fioriscono
lungo una staccionata sconnessa,
e il campo è stato spigolato, e l’aria è ferma,
vedere contro la luce del sole qualcosa di nero,
come una macchia con un bordo iridescente –
questo è il segnale per occhi di seconda vista…
e io vidi quello.

EDGAR LEE MASTERS

Occorre esercizio di vera umiltà per riuscire a cogliere l’evidenza che si mostra lungo il nastro discontinuo degli eventi. L’umile splendore della vita quotidiana è tutto nel suo apparire, e se il suo scomparire ci induce nella tentazione di far precipitare nel nulla la sua effimera bellezza per la nostra pretesa di assoluto, ‘dimenticare’ quella bellezza per l’incapacità di salvarne la necessaria caducità è proprio l’errore che commettiamo noi, gli umani.

Angustia della mente, apatia dei sensi, aridità del cuore, malinconia d’amore, fascino della dissolvenza cos’altro sono se non questa nostra incapacità di aprirci a nuove evidenze?

Se non impareremo a ringraziare per le piccole cose, come potremo affidarci ancora ad esse quando si sottrarranno alla vista, rendendoci scemi di memoria, se non avremo appreso il bene ricevuto?

L’arte più difficile è riuscire a tenere insieme presenza e assenza, a partire dalla capacità di cogliere nella mera presenza un modo di darsi della cosa che troverà compiutamente il suo senso nel successivo ritrarsi, nel suo modo di scomparire.

Ogni cosa è veramente illuminata dalla luce del passato, dei ricordi, della memoria. Se lasceremo precipitare nella dimenticanza l’apparizione di Noelle e della famiglia di cigni sul lago, che ne sarà di noi e dei nostri giorni? Riusciremo a comprendere perché il sole continua a sorgere per noi e perché le creature ci sorridono ancora, per il loro semplice apparire, se non sapremo andare oltre questo loro apparire, che non è mai semplice, perché ogni volta di nuovo si richiederà piuttosto la semplicità dello sguardo, il nitore di uno sguardo che salva le apparenze comprendendole tutte nel cerchio del loro apparire?

Fino a quando continueremo a sognare la «terra senza il male» non onoreremo la vita che è tutta buona e santa, a dispetto del fulmine e del tuono e di tutto ciò che si abbatte sulle nostre povere dimore, alla maniera di Eros, l’immensurabile, che mette scompiglio nel nostro cuore, impedendoci di vedere il lago e i cigni e Noelle e tutto il resto.

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