CAMMINARSI DENTRO (210): A che cosa dobbiamo prepararci?

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Sabato 16 luglio 2011

Mentre l’Italia affronta la crisi finanziaria più grave della sua storia – sullo sfondo, il rischio di bancarotta addirittura degli Stati Uniti d’America! – con strumenti solo finanziari, senza che la gente tutta sia chiamata a partecipare a scelte che peseranno chissà per quanti anni ancora dopo di noi, non c’è da chiedersi a cosa andiamo incontro? a cosa dobbiamo prepararci?

Quando i ragazzi mi chiederanno per quale ragione io parli di sacrifici e di rinunce, potrò soltanto dire con altre parole le stesse cose, che occorre liberare energie vitali e riscattare il tempo perduto. In un tempo in cui i destini personali sono stati caricati per intero sulle spalle di chi ne sente di più il peso avrebbe senso indirizzare altrove lo sguardo, verso chi ha colonizzato le coscienze, se non siamo tutti interessati a guardare in quella direzione?

Abbiamo troppi esempi di esistenze che si sono consumate tutte nell’ostinato diniego e negli astratti furori per poter agevolmente distinguere tra progetto e destino: saremo sempre dentro l’oscillazione tra un ‘termine’ e l’altro. Il modello che seguiamo non prevede più che si attribuisca – anche solo in parte – al contesto, alla famiglia, alla società, al tempo storico la ‘responsabilità’ dei destini personali. Siamo soli.

I Servizi sociali si muovono nei labirinti dell’esistenza personale avendo come nemico proprio il tempo storico, le derive di un tempo che non sembra governato da nessuna forza razionale che autorizzi a pensare che le risorse della Terra, sempre meno sufficienti per tutti, non saranno dissipate e che non saranno perpetuati gli errori che hanno contribuito a portarci qui, in questo spazio stretto in cui da soli affrontiamo il compito dell’educazione dei ragazzi. 

L’educazione si interroga sempre sulle strade da indicare, soprattutto sulla direzione del cammino di crescita personale, sulle mete da raggiungere, sui fini da assegnare all’azione. C’è, per me, come uno scopo fisso dal quale non riesco a staccarmi: l’idea che attraverso sacrifici e rinunce soltanto sia possibile arricchire la propria personalità, imparando ad affrontare il mondo che cambia. Il compito più difficile: imparare a vivere la propria solitudine, coltivando lo spazio della coscienza necessario per poter dialogare con se stessi . E’ indispensabile dedicarsi ai più diversi esercizi spirituali , per riuscire a passare attraverso la cruna dell’ago che ci sarà messo davanti, ma, nello stesso tempo, imparare a riconoscere i progressi compiuti, confidando nei mezzi personali. Accettare gli atti di benevolenza che ci vengono dagli altri. Ricordare il bene ricevuto . Sentirsi parte di qualcosa di più grande, a partire dalle piccole cerchie che si creano con l’amicizia e la solidarietà. Riconoscere l’esistenza delle relazioni significative e provvedere alla manutenzione degli affetti . Inchinarsi di fronte alla vita così come ci viene incontro e ringraziare per le piccole cose. Perdonare e ringraziare .

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