Sette viaggi di papa Wojtyla in Francia non hanno prodotto una svolta. Le chiese rimangono vuote, le messe pressoché deserte, il clero in estinzione.
È la prova che il revival religioso, i successi mediatici, i trionfi delle folle convivono con la secolarizzione. Perché l´eclissi del sacro in Europa è irreversibile dal momento che l´esistenza dei credenti, anche dei praticanti, non è più scandita da un calendario sacro come accadeva nei millenni trascorsi.
Nel tempo della secolarizzazione c´è spazio per il ritorno di Dio, la nostalgia del trascendente, la ricerca generica di spiritualità. Ma è uno spazio condiviso con altre istanze, altri bisogni, altri desideri.
Il pellegrinaggio di Benedetto XVI nella Francia del XXI secolo è l´appuntamento più importante del suo pontificato. Perché Ratzinger ha sempre ritenuto fondamentale il ruolo della fede nel Vecchio Continente, culla e colonna della «società cristiana».
L´Europa è il banco di prova del suo pontificato, che aspira a salvaguardare l´integrità della fede e diffondere il messaggio di un cristianesimo gioioso e libero e non un mero fardello di regole.
Parlerà di laicità positiva e di cultura il Papa, che Parigi attende di conoscere da vicino. Insisterà nel dire che la religione deve avere un ruolo nella sfera pubblica. La domanda è: per dire cosa? Perché la caratteristica del cristianesimo e la forza speciale del cattolicesimo è consistita sempre nella capacità di reinventare la configurazione del suo messaggio. E allora cresce l´attesa di quanti intendono capire dopo tre anni di pontificato qual è il discorso con cui Joseph Ratzinger intende afferrare le società occidentali. L´organizzazione del viaggio rivela due pecche. Non c´è un vero incontro con le altre confessioni cristiane, segno della crisi dell´ecumenismo. Non c´è un vero confronto con i musulmani, nel paese che ha la più forte rappresentanza islamica europea.
A Parigi, presenti i rappresentanti dell´Unesco, Benedetto XVI parlerà all´Europa intera. Ma il viaggio sarà l´occasione anche per ascoltare. Non basta il richiamo alle tre radici: Gerusalemme, Atene, Roma. L´Europa, continente dinamico per eccellenza, è molto di più. È il Rinascimento, la Riforma protestante, l´Illuminismo, il pensiero liberale e socialista, la nuova soggettività di massa. E in questo humus in evoluzione c´è anche un Islam, che non è ospite di passaggio ma religione coltivata da milioni di cittadini europei.
Non basta più, in questo contesto variegato, denunciare il relativismo. Perché certamente esiste a livello becero una dittatura dell´egocentrismo, che eleva a massima suprema il faccio-come-pare-a-me. Ma certamente non si può tacciare di relativismo una molteplicità di visioni etiche dotate della propria coerenza.
Se nei territori dell´ex Sacro Romano Impero, della Francia «primogenita» della Chiesa, nella Spagna un tempo apostolica il cristianesimo è minoranza, è l´esito di processi profondi che vanno al di là di un Zapatero, di una Merkel, di un Sarkozy. La carenza drammatica di clero non potrà più essere rimossa per molto con l´esortazione a «distribuire meglio» ciò che non c´è.
Serve un´analisi strutturale della situazione ed una riposta all´altezza dei nuovi, drammatici tempi. Ma soprattutto, nel Vecchio Continente in cui c´è un cristianesimo da re-impiantare, è forse maturato il momento che il Papa senta ciò che pensa il popolo di Dio. Diceva Giovanni Paolo II che non solo i vescovi, ma anche i battezzati hanno il compito di «interpretare alla luce di Cristo la storia di questo mondo». Pensare ad un rilancio del cristianesimo in Europa senza un loro reale coinvolgimento, senza dare spazio a come loro nel quotidiano vedono e vivono la dottrina, l´etica, la morale e il messaggio cristiano, alla lunga non sarà possibile.
la repubblica, 12 settembre 2008