Contributi a una cultura dell’Ascolto CAMMINARSI DENTRO (301): Noi siamo una preghiera

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Venerdì 4 novembre 2011

Leggere MASSIMO RECALCATI, Cosa resta del padre? La paternità nell’epoca ipermoderna, RAFFAELLO CORTINA EDITORE 2011

INTRODUZIONE

Sia grazia essere qui,
grazia anche l’implorare a mani giunte,
stare a labbra serrate, ad occhi bassi
come chi aspetta la sentenza.
Sia grazia essere qui,
nel giusto della vita,
nell’opera del mondo. Sia così.

MARIO LUZI, Augurio

1. E’ giusto insegnare ai nostri figli a pregare, se Dio è morto? Mi pongo questo problema come padre prima che come psicoanalista. Ma cosa significa pregare? Significa alimentare nei nostri figli l’illusione in un Dio che non esiste più, in un mondo dietro al mondo? Significa, come pensa una certa cultura del disincanto, alimentare un rituale superstizioso? Oppure insegnare a pregare è un modo per custodire l’evocazione di un Altro che non si può ridurre alla supponenza del nostro sapere, è un modo per preservare il non tutto, per educare all’insufficienza, all’apertura al mistero, all’incontro con l’impossibile da dire? Un mio caro collega non sopporta di sentirmi fare questi discorsi. E’ convinto che la psicoanalisi sia un abbandono senza ritorno di ogni forma di preghiera. Dio non risponde, il Padre tace, il cielo sopra le nostre teste, come ripete Sartre, è vuoto.
 Anche io, come il mio amico, non so pregare, sebbene mi sia stato insegnato con cura da mia madre. La preghiera rivolta a Dio appartiene al tempo dell’esistenza di Dio. Eppure ho deciso, con il consenso di mia moglie, di insegnare ai miei figli che è ancora possibile pregare perché la preghiera preserva il luogo dell’Altro come irriducibile a quello dell’io. Per pregare – questo ho trasmesso ai miei figli – bisogna inginocchiarsi e ringraziare. Di fronte a chi? A quale Altro? Non so rispondere e non voglio rispondere a questa domanda. E i miei figli, d’altronde, non me la pongono. Quando me lo chiedono, pratichiamo insieme quello che resta della preghiera: preserviamo lo spazio del mistero, dell’impossibile, del non tutto, del confronto con l’inassimilabilità dell’Altro. Amen, così sia, “sia così”. Nel tempo in cui il Padre non può più rispondere sul senso della vita e della morte, sul senso del bene e del male, nell’epoca che Lacan definisce dell’“evaporazione del padre”, quello che resta è la forza di una preghiera che intende rispettare il mistero di quello che semplicemente esiste.
Freud in L’avvenire di un’illusione, sulla scia del Nietzsche illuminista, evocava la fede nella ragione come antidoto critico nei confronti dell’illusione che ogni religione rappresenta. Il lutto del Padre significava per lui la rivendicazione orgogliosa del carattere finito dell’esistenza. Ma perché, mi chiedo, questo carattere finito dell’esistenza dovrebbe essere tale da sopprimere ogni forma di mistero? L’esistenza […] non è forse un mistero a se stessa? Non siamo qui di fronte a un aspetto fondamentale della funzione paterna nell’epoca ipermoderna? Come preservare l’apertura dell’esistenza al mistero evitando di fare del disincanto una nuova religione, una nuova forma di illusione? Come rendere possibile l’esperienza virtuosa del limite? L’esperienza della nostra castrazione non è forse l’esperienza centrale di ogni autentica preghiera? E non è un compito cruciale della funzione paterna rendere possibile l’incontro con il nostro limite più radicale?

2. Ogni discorso sulla crisi della funzione paterna sembra essere, al tempo stesso, irrimediabilmente datato e irrimediabilmente urgente. Non solo perché non ci si rassegna facilmente al lutto del Padre, ma soprattutto perché l’umanizzazione della vita esige l’incontro con “almeno un padre. Nell’epoca della sua evaporazio- ne, “qualunque cosa”, affermerà l’ultimo Lacan, potrà esercitarne la funzione. Il Padre non è più una questione di genere o di sangue. La sua Imago ideale non governa più né la famiglia né il corpo sociale. Non si tratta però né di rimpiangere il suo regno né di decretarne la sparizione irreversibile. Per fare a meno di un padre bisogna essere in grado di servirsene, direbbe Lacan. Farne a meno, fare il lutto del Padre, non significa infatti bandire il Padre, esaltare la sua demolizione, decretarne il peso insopportabile o, più semplicemente, l’inutilità. Fare seriamente il lutto del Padre significa accettare l’eredità del padre, accettare tutta l’eredità. Cosa significa? Il soggetto, scriveva Sartre, si può realizzare solo facendo qualcosa di quello che l’Altro (il padre, la madre, la famiglia, la società, gli altri) ha fatto di lui. Per gli esseri umani, per gli esseri che abitano il linguaggio, non c’è possibilità di autosufficienza, non c’è verso di sfuggire alla dipendenza strutturale dall’Altro. Noi siamo, in questo senso, una preghiera.

INDICE

Introduzione, pag.11

PARTE PRIMA
Unire il desiderio alla Legge

Tramonto ed evaporazione del padre
Il gesto di Ettore e il padre castrato
Fraintendimenti della funzione paterna
Il padre primigenio del totalitarismo
Il trionfo del discorso del capitalista

Legge, desiderio e testimonianza paterna
La dissociazione tra Legge e desiderio
Restaurare l’ordine del pater familias
La Legge come taglio simbolico
La sfida a Dio
Interdizione e donazione
La testimonianza del desiderio

Il legame familiare nell’epoca dell’evaporazione del padre
Le metamorfosi della famiglia
L’umanizzazione della vita
Appartenenza ed erranza
Conflitto e violenza
La differenza generazionale
Essere genitori oggi: una missione impossibile?
Elogio del fallimento

PARTE SECONDA
Testimonianze

“Non devi dimenticarti nulla”
Il suo cervello nelle mani
Ogni padre è morto da sempre
Un atto mancato
Trattenere o gettare via tutto?
Una piccola tazza da barba
La nevrosi come rifiuto dell’eredità
L’intolleranza paterna
Solo un po’ di merda
La testimonianza della memoria

Portare il fuoco
Un mondo senza Legge
“Eccomi!”
La vita del bambino è il verbo di Dio
La Legge del fuoco
L’addio

Eredità e trasmissione del desiderio
Lo spazio della testimonianza
Al di là del familismo
“Io voglio lei!” – “Sarò il suo allenatore!”
Un desiderio deciso
Un’altra iniziazione
La testimonianza non ha modelli ideali

«La figura del padre, ridotta a “papi”, invece di sostenere il valore virtuoso del limite, ne autorizza la sua più totale dissoluzione. E riflette la tendenza di fondo della famiglia ipermoderna: entrambi i genitori sono più preoccupati di farsi amare dai loro figli che di educarli. Più ansiosi di proteggerli dai fallimenti che di sopportarne il conflitto, e dunque meno capaci di rappresentare ancora la differenza generazionale».

Cosa resta del padre? «Certamente non l’ideale del Padre, il pater familias, il padre come erede in terra della potenza trascendente di Dio, e nemmeno il padre edipico celebrato da Freud come perno della realtà psichica. Non possiamo più ricorrere all’autorità simbolica del padre, che ormai si è dissolta: lo dicono gli psicoanalisti, i sociologi, i filosofi della politica… Si tratta allora di pensare al padre come “resto”, non più Ideale normativo ma atto singolare e irripetibile, antagonista all’insegnamento esemplare, all’intenzione pedagogica. Quel che resta del padre ha la dimensione di una testimonianza etica, è l’incarnazione della possibilità di vivere ancora animati da passioni, vocazioni, progetti creativi. Seppure senza il ricorso alla fede nella parola dogmatica o attraverso sermoni morali».

«È un uomo che dice “sì!” a ciò che esiste, senza sprofondare nell’abisso di un puro godimento distruttivo, senza rendere la vita equivalente alla volontà di morire o impazzire. La verità che può trasmettere è necessariamente indebolita, perché non vanta modelli esemplari o universali: la sua testimonianza infatti buca ogni esemplarità e ogni universalità, risultando eccentrica e anarchica nei confronti di qualunque retorica educativa. Quel che conta – e resta a un figlio – è come, nella buia notte di un mondo senza Dio, un padre mantenga acceso il fuoco della vita, non la manifestazione di una pura negazione repressiva, ma piuttosto la donazione della fiducia nell’avvenire».

Presentazione del libro sul sito di Jonas: Rassegna stampa e Intervista radiofonica (36 minuti)

Massimo Recalcati presenta in un video l’Associazione Jonas

Il sito dell’Associazione

Letture consigliate

PAOLO DI STEFANO, I nuovi padri? Non educano (Trasmettono passioni), Il Corriere della Sera 13 marzo 2011

Recensione sul blog della libreria LibOn

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