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Giovedì 24 novembre 2011
Per tornare a parlare di la- birinti l’occa- sione mi è stata offerta dalla pubbli- cazione su la Repubblica di Parma di un gruppo di sette foto intitolato: Perdersi nel labirinto di FMR → →. L’acronimo FRM sta per Franco Maria Ric- ci (ma vale anche éphémère, ‘effimero’), l’editore parmense (amante del tipografo Giovanni Battista Bo-doni → → →) che ha creato la rivista d’arte più bella del mondo: FMR. L’Editore aveva annunciato proprio così la sua uscita, poche settimane prima di marzo 1982. Io sottoscrissi l’abbonamento senza avere in mano nemmeno un numero 0, che sarebbe comunque uscito di lì a poco.
Il labirinto più grande del mondo – così lo ha voluto Franco Maria Ricci – mi ha riportato alla memoria uno dei miei emblemi: il labirinto.
La prima nozione importante che ne abbia avuto risale al 1979, anno di pubblicazione dell’ottavo volume dell’Enciclopedia Einaudi, uno dei monumenti della cultura del XX secolo, che contiene la voce Labirinto.
E’ stato nel 1984, con l’uscita della prima edizione de Il libro dei labirinti. Storia di un mito e di un simbolo di Paolo Santarcangeli, che ho potuto approfondire lo studio dei labirinti. La breve Prefazione di Umberto Eco mi introdusse alle classificazioni dei labirinti e alla comprensione delle ragioni poste alla base dell’Enciclopedia Einaudi: in essa il sapere viene definito come labirinto e come ‘rete di modelli’.
La rinuncia a un sapere totalizzante – una semantica dizionariale – a favore di un sapere ‘discreto’ – una semantica enciclopedica – orientò poi tutti i miei studi successivi.
L’abbandono del marxismo come visione del mondo totalizzante e la rinuncia a un sapere conchiuso, del tipo dell’Enciclopedia filosofica hegeliana, costituirono la svolta più importante della mia vita.
SINTESI DELLA VOCE «LABIRINTO», CURATA DA PIERRE ROSENSTIEHL – VOLUME 8º DELL’ENCICLOPEDIA EINAUDI
Il labirinto rappresenta l’essenza dei sistemi reticolari acentrati (cfr. centrato/acentrato, rete, sistema) nei quali ogni decisione viene presa localmente. Il problema allora è quello di capire in che misura un «viaggiatore» interno al labirinto, dotato solo di percezione locale, sia capace di un’azione globale che gli eviti infiniti percorsi (cfr. locale/globale, calcolo, algoritmo, automa). Dal punto di vista esterno dell’«architetto» del labirinto è possibile una classificazione secondo i metodi della topologia combinatoria (cfr. geometria e topologia). In generale dal punto di vista formale «risolvere» il labirinto significa esplorarlo tutto e ritrovarsi al punto di partenza. A ciò si adattano i metodi combinatori della teoria dei grafi e delle reti (cfr. combinatoria, grafo, ma anche grammatica, per il fatto che ad ogni labirinto è possibile associare una grammatica generativa del tipo context-free). Ma, risolto il labirinto, rimane la metafora (cfr. metafora/metonimia) per cui ogni persona tende a misurare il proprio progresso con l’avanzamento in qualche labirinto; rimangono così le contraddizioni e le simbolizzazioni della mitologia, rimane intatta la potenza magica del labirinto (cfr. immagine, magia, mito/rito, simbolo).
E’ a pagina 761, nel bel mezzo del 15° volume, intitolato Sistematica, che compare un breve inserto intitolato Il sapere è un labirinto, messo lì a separare le due parti di cui si compone il volume: la Sistematica locale e i Ricoprimenti tematici.
La pubblicazione nel 1981 dalle Edizioni Panini degli Atti del Convegno Il sapere come rete di modelli. La conoscenza oggi contribuì a confermarmi nell’idea che il sapere è una rete di modelli. Molti Autori dell’Enciclopedia Einaudi figurano tra i Relatori. Il volume è introvabile, perché fuori commercio.
SINTESI DELLA VOCE «ENCICLOPEDIA», CURATA DA ALFREDO SALSANO – VOLUME 1º DELL’ENCICLOPEDIA EINAUDI
Caratterizzata da un’irrisolta tensione tra l’unità di una sistematica e la pluralità delle conoscenze (cfr. conoscenza), l’enciclopedia tende il più delle volte a cadere nella pura e semplice lessicografia (cfr. lessico) anche quando alla base della sua costruzione è una classificazione delle scienze (cfr. scienza) che in genere coincide con quella accademia delle discipline. Abbandonati i fini didattici (cfr. insegnamento) o di pura erudizione che caratterizzarono le produzioni enciclopediche occidentali dalla tarda antichità al XVII secolo, l’enciclopedia ha nel Settecento integrato le arti (le «belle arti» e le «arti meccaniche») accanto alle scienze, configurandosi come strumento di informazione sui diversi settori delle attività pratiche e della ricerca teorica (cfr. anche teoria, teoria/pratica). L’ordine alfabetico generalmente adottato consente una presentazione che si vuole estranea all’ideologia, oggettiva anche nel senso che non propone un ordine di lettura predeterminato. Trionfo dell’analisi sulla sintesi, della molteplicità sull’unità e sulla totalità (cfr. analisi/sintesi, uno/molti, totalità), l’enciclopedia sembra paradigmatica (cfr. paradigma) di quell’oscillare tra invenzione e metodo che è proprio del moderno pensiero scientifico. Senza proporre un’unificazione di tipo filosofico delle conoscenze (cfr. filosofia/filosofie) essa cerca oggi di esplicitare quella che, con metafora matematica, si può chiamare la rete del sapere.
Il labirinto è metafora della cultura del nostro tempo, in cui rischiamo tutti di perderci.
I labirinti, tuttavia, sono costruzioni umane: sappiamo come si entra in essi e come se ne esce!
La prima volta forse è stato Baudelaire a dire della foresta dei simboli della cultura moderna, ma non si trattava propriamente di labirinti. Piuttosto, della possibilità di perdersi. Se non si sa cosa siano, si è portati a pensare che siamo condannati comunque a smarrire la strada del ritorno una volta che ci fossimo avventurati in uno di essi. Nel nostro tempo lo sforzo più grande compiuto è il progetto dell’Enciclopedia Einaudi, con le sue 600 voci chiuse in un grafo nel quale sono disposte con un criterio tale che non si possa individuare un centro da cui partire o verso il quale far convergere le ‘ricerche’: sistema acentrato, il sapere umano è stato pensato come rete di modelli e come labirinto, appunto.
Ad una semantica dizionariale occorrerà sostituire una semantica enciclopedica: la costruzione della conoscenza si dà per accumulo entro una rete in cui sistema ed enciclopedia restano in tensione.
Noi siamo impegnati a costruire labirinti, senza saperlo. Non ci chiudiamo forse dentro costruzioni nelle quali l’altro deve raggiungerci? e non forniamo forse alle persone alle quali soltanto vogliamo che ci raggiungano la traccia delle vie che conducono al nostro cuore? Percorsi tratteggiati, i nostri discorsi alludono alla costruzione in cui occorre muoversi per giungere finalmente ad una meta lontana.
Leggete la sintesi della stessa voce LABIRINTO dell’Enciclopedia.
La ‘navigazione’ dentro l’enciclopedia avviene ‘percorrendo’ regioni circoscritte che raccolgono altrettante voci disciplinari.
Le parole o le coppie marcate in neretto sono altrettante voci a cui ogni voce rinvia, con una modalità ipertestuale. Così si generano i ‘percorsi’ nel labirinto.
Oltre la teoria, la classificazione di tutti i labirinti possibili, ‘ridotti’ a tre modelli fondamentali da Umberto Eco (Prefazione a Il libro dei labirinti di Paolo Santarcangeli, Frassinelli 1984): il labirinto detto ‘unicursale’, il labirinto manieristico, il rizoma, o la rete infinita.
Ognuno di noi possiede nella propria mente la personale ‘enciclopedia’, costruita negli anni e perennemente in costruzione. La memoria personale non è magazzino, archivio a cui attingere. Al pari delle memorie collettive, essa è sistema aperto, acentrato, ipertestuale. La costruzione del ’sistema’ avviene al presente. Mentre viviamo siamo già impegnati a scegliere ciò che andrà a costituire il mosaico della nostra esistenza e di volta in volta sceglieremo cosa rammemorare e cosa lasciar cadere nell’oblio.
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