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Domenica 7 ottobre 2012
CAMMINARSI DENTRO (420): Braccia chiuse
Abbracciare ed essere abbracciati non sono la stessa cosa. Noi possiamo abbracciare i nostri nipotini, perfino i nostri cani, e sentirci ripagati, remunerati quasi del dono che facciamo, come se qualcuno stesse lì ad abbracciare noi, a confortare noi… Ma non è la stessa cosa che essere abbracciati! Forse le nostre braccia sono troppo grandi, troppo ampie per essere ‘contenute’ da altre braccia o forse sbagliamo noi perché ci immaginiamo sempre con le braccia aperte, pronti a soccorrere o, più semplicemente, a fare la nostra parte: comprendere dentro le nostre braccia il bisogno di altri che attendono. Dovremmo, forse, chiudere le nostre braccia, e rannicchiarci quasi, per farci oggetto d’amore e permettere che altri facciano a noi quello che forse non dovremmo fare solo noi! Forse il segreto è tutto qui, nelle nostre braccia spalancate, come i nostri occhi che non si stancano mai di bere il mondo, di succhiare quasi tutta la bellezza che promana umile dalle cose. È possibile stringere in un abbraccio anche lei, senza che si avveda che nel contatto casuale da cui ci sciogliamo troppo presto si nasconde un bene lungamente atteso che sognavamo per noi. È forse solo da lei che ci attendiamo lo scioglimento, che la guerra dei fraintendimenti e delle incomprensioni cessi, per non rinnovare altre vanificazioni e ritrovarsi qui ancora con le braccia saldamente aperte!
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