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Martedì 9 ottobre 2012
CAMMINARSI DENTRO (424): Un elogio del silenzio
Anche la rabbia ne esce ridefinita. Nella sua forma più rozza e primitiva non è altro che ‘risposta’ alle mancate risposte, ostinazione contro il silenzio. Quest’ultimo, nelle relazioni umane, non è altro che viltà o misconoscimento efficace della verità che l’altro non ha niente da dirci. Allora, la rabbia non sarà rivolta all’altro e al suo silenzio, ma si farà astratto furore, che durerà fino a quando la verità ben rotonda non si accamperà sulla scena e noi ci sentiremo pacificati, se saremo capaci di riconoscere che di un addio si è trattato.
Quanto lungo dovrà essere il silenzio del cuore, prima di arrivare ad ammettere che di questo si tratta? che altro non ‘arriva’ fino a noi, se non duro silenzio? Non la durezza del cuore dell’altro o altre bizzarre invenzioni della mente aiuteranno a vedere giustamente. Il nostro significato è estinto.
Gli addii possono essere bruschi oppure no. Quando non sono bruschi, essi hanno la caratteristica che stiamo cercando di descrivere da tutti i lati. Si risolvono semplicemente nel silenzio. L’altro attende l’illuminazione che ci faccia finalmente vedere ciò che pure è già evidente.
Perché poi bisognerebbe preferire un brusco addio, quando comunque seguirà il silenzio e l’attesa dell’illuminazione che ci faccia vedere ciò che pure è già evidente?