Un’altra rinuncia

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Martedì 16 ottobre 2012

CAMMINARSI DENTRO (427): Un’altra rinuncia

I sentimenti che accompagnano lo strascico degli addii non sono improntati tutti a rabbia e illusione. Il nostro tragediare quotidiano è consapevolezza raggiunta dello scarto incolmabile, dell’assoluta impossibilità di comunicare in modo significativo. I litigi interminabili sono sempre la riprova del fatto che non c’è più volontà di incontro da una parte, perchè non c’è (più) disponibilità alcuna dall’altra.
Dopo l’interminabile oscillare tra accettazione e rifiuto, non si cerca un’aurea medietà ma un dignitoso consistere ricercato tra le varie forme dell’eccitazione e del distacco controllato. Dopo aver provato vari modi di essere, si tenta con ironia e scetticismo, assenso formale e diniego studiato. Ma ancora non basta! Troppo forti ancora sono i toni della risposta.
Oggi ho provato un’emozione nuova. Sopra il ‘carico’ di sempre – lo strascico dell’addio mai veramente ‘dichiarato’ – lunghi momenti trascorsi insieme da soli. Al suo imbarazzo, che forse temeva che potessi avvicinarmi o esprimere una richiesta, è seguito un sereno fair play da parte mia, che ho parlato con garrula letizia delle cose più futili e amene, come se nulla potesse intervenire a turbare quella serena distanza. Mi sono comportato con lei come mi comporto solitamente con le donne con le quali non ci sia grande familiarità, cioè con spassionata franchezza e rispetto. La timidezza continua sempre a fare la sua parte di compagna fedele che provvede prontamente a stabilire una distanza. Altre volte ero riuscito a dimostrare a me stesso che sono in grado di stare da solo con una donna senza sentirmi in dovere di corteggiarla. Oggi, però, era diverso. Ho pensato che non darò più voce al desiderio con lei, anche per non sentirmi dire ancora un cortese no, mascherato con i pretesti più stupidi e inverosimili. Mi è piaciuto pensare che di serena rinuncia si trattava. Un’autentica rinuncia. Sarà affar suo, ora, procedere oppure no.

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