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Lunedì 31 dicembre 2012
IMPARARE A VIVERE (5)
Aσκήσεις (8): Prima di ogni più esatto sentire
Si potrebbe riassumere questa riflessione dicendo, in prima istanza: Uscire dall’indifferenza. Se vogliamo ‘curare’ la nostra infelicità o siamo impegnati a rincorrere la felicità, come se essa fosse il bene più grande a cui mirare, dobbiamo prendere coscienza della vera natura di questo grado zero della sensibilità che è distacco emozionale, mancanza di interesse per il mondo, distrazione, noncuranza, mimetismo conformista del sentire.
L’indifferenza è il nocciolo duro da spaccare nella vita di relazione, per dare vita a più significativi rapporti umani. Noi vogliamo che le persone escano dall’indifferenza, scegliendo di dare un senso alla nostra presenza. Ma non sospettiamo nemmeno lontanamente che l’indifferenza possa essere una necessaria difesa dall’invasione delle emozioni, che bombarderebbero la nostra anima, se ogni presenza nel mondo ci colpisse fortemente, alterando i nostri stati di coscienza oltre misura e indiscriminatamente. Rischieremmo di essere ‘affetti’ da chiunque volgesse lo sguardo verso di noi. Tra le altre cose, finiremmo per innamorarci senza ‘criterio’!
La distanza che mettiamo tra noi e gli altri non è il modo più efficace per proteggere il nucleo fragile della nostra anima? E non è quello che fanno in ogni istante della loro vita anche gli altri? Paradossalmente, è proprio perché i più sono poco interessanti ai nostri occhi e per questo non entrano nella sfera del nostro sentire, per lasciarvi tracce durature, che costituisce un evento significativo nell’orizzonte della nostra esperienza l’epifania di una persona che distingueremo da tutte le altre, perché oggetto di amore naturale o di amore elettivo.
Naturalmente, tra i due estremi dell’indifferenza e dell’esatto sentire c’è l’errore, l’illusione, la convinzione acritica di essere nel giusto. E questa certezza personale ci situa già oltre l’indifferenza. È preferibile all’indifferenza.
Naturalmente, accanto all’angustia della mente, all’apatia dei sensi, all’aridità del cuore, che concorrono a generare indifferenza, c’è l’insieme delle vicissitudini della coscienza più autentiche e positive: ogni più esatto sentire è preceduto dalla spontaneità, dalla genuinità, dall’innocenza della vita degli affetti.
Leggere anche
Aσκήσεις (1): La nostra esperienza morale
Aσκήσεις (2): Lo spirituale un tempo
Aσκήσεις (3): La dissimulazione onesta
Aσκήσεις (4): Strategie di apparizione
Aσκήσεις (5): I nostri Esercizi
Aσκήσεις (6): Di fronte al rifiuto di rispondere alla domanda d’amore
Aσκήσεις (7): Parlare in pubblico
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Ασκήσεις è parola greca (è il plurale di Àσκησις), che sta per esercizi spirituali. La preferiamo al più chiaro ‘esercizi spirituali‘ di Hadot, perché ci consente di ‘risalire’ alla fase precristiana della nostra civiltà morale. Non per opporre una tradizione all’altra o per esprimere una preferenza ‘laica’ da anteporre allo spirito cristiano… Piuttosto, per una ragione terminologica.
Esercizi. Semplicemente, esercizi che vedranno impegnata sicuramente la parte immateriale della nostra esperienza, ma nondimeno graveranno, accanto alla presenza di atteggiamenti emozioni sentimenti passioni, gli stati di corpo, le pratiche a cui ci sottoporremo per entrare nella nuova condizione che ci aspetta.
Dovremo prepararci a vivere in condizioni di precarietà e insicurezza, pur possedendo i beni accumulati nella fase precedente. Non è detto che vivremo male. Dovremo, sicuramente, convivere con tanti giovani senza prospettive certe di vita, in un mondo che non sarà più quello di prima. Chi ha avvertito per tempo i cambiamenti in atto si sta preparando. Molti sono già pronti.
L’esperienza sta subendo una torsione ‘restrittiva’, a causa degli sconvolgimenti economici che investono Cosmopolis. Bisogna registrare i cambiamenti che intervengono nel mondo-della-vita in seguito all’austerità obbligata che ci ritroviamo a vivere. Non rinunceremo solo al superfluo. Saranno intaccati stili di vita ‘da sempre’ improntati a dissipazione e consumo.
C’è forse speranza che tornino i volti, quando avremo ‘archiviato’ la civiltà malata dell’usa e getta?
Il termine Ασκήσεις contiene anche una preziosa sfumatura ‘ascetica’, un’allusione a ‘rinuncia’ che non abbandoneremo mai. Chi scrive queste note ‘proviene’ da un’educazione interamente improntata a sacrificio e rinuncia. Occorre verificare quanto resti di quella tradizione e se non stia giungendo il tempo in cui sacrifici e rinunce acquisteranno un senso nuovo, nel fuoco della moralità privata.