Restare per sempre

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Giovedì 24 gennaio 2013

CAMMINARSI DENTRO (449): Restare per sempre

Ci sono giorni in cui non ti prende la malinconia, e fino a sera tu non cerchi altro che qualche parola accorta, che sia disposta a prenderti per mano e a condurti oltre la soglia del dolore muto. Che giunga balsamo ristoratore, lenimento, fresco sentore di cose pulite. Ti basterebbe una voce disposta a farsi mano protesa nell’attimo estatico in cui ancora non è pronta la guarigione e si intravvede appena la promessa di un bene leggero e durevole. E’ in quella apertura, nel sorriso appena accennato, nel calore della voce che precipitano i grumi di dolore. E si sciolgono quasi d’incanto. Scende invocata la voce amica di donna innamorata a ricordare il tempo del fremito e dell’ansito breve. I sospiri trattenuti a che valgono ora, lei assente? Non si apparecchia il miracolo per noi. Nessuna epifania mondana interverrà a rischiarare il cielo. Piove dappertutto.
E’ solo nella presenza il miracolo. Non è altro il miracolo. A che serve l’azzurra lontananza di romantica memoria? A prolungare uno strazio indicibile.
Noi non vogliamo cieche speranze, per cullarci ancora in una vana attesa. Vogliamo consistere qui, in questo tempo incerto della nostra vita, paghi di vedere soltanto le nostre file di continuità.
Che scenda finalmente dal cielo la creatura che salva. Che scenda in mezzo a noi, e restare per sempre sia il suo compito. Non chiediamo altro al cielo! E il miracolo da mostrare sia la mano accorta che apre e chiude il nostro cuore, come fa altrettanto accortamente la primavera con i primi suoi boccioli: non c’è voce capace di toccare le cose che non ci faccia pensare alle sue piccole mani!

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