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Lunedì 4 febbraio 2013
CAMMINARSI DENTRO (453): Il lampadiere
I camminatori veri sanno dove appoggiare i piedi e dove appoggiarsi con le mani. Come il lampadiere: colui che mette la luce in cima alla canna e mette la canna sulla spalla con la luce rivolta all’indietro, in modo che altri possano seguire tranquillamente il sentiero. Mi sono chiesto come può il lampadiere vedere il sentiero. Mi piace pensare che ci sia un cammino già tracciato, un terreno sicuro dove appoggiare il piede solcato da migliaia di tracce che altri prima hanno lasciato. Così il cammino del lampadiere risulta sicuro. E’ forse questo lo stare dalla parte buona della vita? – Don Antonio Mazzi
«Stare dalla parte buona della vita» è espressione bellissima, che reca conforto e fa bene al cuore. Produce l’effetto benefico del rasserenamento: come se cessasse all’improvviso l’assedio rappresentato dalle cattive notizie di cronaca. Come se non corressimo più alcun pericolo! Come se il Politico non costituisse più una minaccia. Come se i poveri non dovessero più temere la vendetta dei ricchi.
L’immagine diffusa del lampadiere ce lo presenta come impegnato a fare luce a quelli che seguono. Il pensiero corre subito al resto, a come egli possa avanzare al buio, senza perdersi o cadere. È intervenuta opportunamente l’interpretazione di don Mazzi, che arricchisce l’immagine di un significato in più: «Mi piace pensare che ci sia un cammino già tracciato…». Davanti a lui non è solo buio, impenetrabile tenebra, quasi a significare la fatica dell’Educazione, l’ostacolo dell’errore e del male. La luce che egli riesce a scorgere davanti a sé non è nelle cose: non è una luce. E’ dentro il buio che riesce a poggiare il piede sul terreno sicuro dato dalle orme lasciate sulla terra da altri che vi hanno tracciato un sentiero. Forse la ‘competenza’ del lampadiere è proprio in questa sua capacità di valorizzare quanto altri hanno saputo fare prima di lui. Forse i buoni camminatori sono proprio come lui, sempre protesi a strappare un insegnamento alla vita, perché essa non procede mai nella tenebra assoluta, come una nave che avanzi nella tempesta senza un timoniere a bordo! Ci è stato dato il coraggio, perché inaugurassimo ogni volta qualcos’altro ancora. Per poter dare luce, occorrono occhi di seconda vista, cioè la capacità di tenere unite luce e tenebra. Forse la parte più importante è proprio la tenebra: come potremmo testimoniare diversamente la difficoltà del cammino, se il cammino stesso fosse rischiarato sempre da una luce diffusa, che nulla lascia inindagato e inespresso? La luce della conoscenza è tutta nella lampada? Non siamo soli nella notte. Come gli angeli, che non conoscono l’ansia, siamo noi: di questo sempre certi, che le strade battute da altri prima di noi sono il miglior viatico per la notte. Da lì facciamo derivare la luce della nostra lampada.
È stato sempre così: non abbiamo mai potuto fare a meno di essere costruttivi, concilianti, protesi a creare le condizioni per l’unità, perché in tutte le sedi politiche e sociali prevalesse l’unità sulla frantumazione dei progetti o dei semplici punti di vista. Siamo stati impazienti e ci siamo fatti travolgere dalla malinconia tutte le volte che abbiamo visto prevalere gli elementi di divisione. In mezzo alle crisi più gravi, nel dramma delle catastrofi naturali, di fronte alle perdite irreparabili e agli abbandoni, non abbiamo esitato mai: ci siamo sporti verso la vita, a cercare il barlume che salva, lo spiraglio, la maglia che non tiene, per niente rassegnati alla malinconia del così fu. Abbiamo voluto sempre per noi che la timida ala della speranza non perdesse il suo vigore. Abbiamo la contentezza nel cuore, perché siamo grati dei doni ricevuti. Non ci manca mai il conforto delle voci amiche, per riscaldare i giorni in cui domina la tetraggine e tutto sembra vacillare intorno a noi. Siamo certi che i bambini abbiano qualcosa da dirci. I nostri maestri più grandi oggi sono loro. La vita scaturisce dai loro sogni e dal candido ritmo della loro voce squillante. Mi ritrovo dalla parte buona della vita grazie a loro.
Ma stare dalla parte buona della vita significa, soprattutto, avere fiducia, credere nelle intenzioni altrui, affidarsi alla mano premurosa di chi ci ospita nella propria casa, concedere agli altri la possibilità di spiegarsi, creare lo spazio linguistico necessario perché venga fuori quanto di buono gli altri hanno da dare. Concedersi il compito di illudersi ancora su di loro, perche possano esprimere più di quanto non abbiano mostrato di sé finora. Che debbano crescere o debbano cambiare, le persone presenti nella nostra vita costituiscono per noi una promessa. Imbarcarsi nell’impresa ricorrente di un progetto nuovo ha suscitato sempre in noi il sentimento fiducioso dell’attesa. Anche se siamo stati smentiti mille volte dalla realtà, non possiamo fare a meno di pensare che domani le cose andranno meglio. Il nostro compito è portare la speranza a chi non ce l’ha.