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L’espressione ai confini dello sguardo, oggi, coincide con una svolta, con un’ulteriore individuazione. Mi lascio alle spalle, perché ‘psicologistica’, un’epoca che coincide quasi per intero con la vita trascorsa, giacché in essa prevalse l’interesse quasi esclusivo per l’amore, che fu studiato, vissuto, patito al di fuori delle ragioni morali che sempre dovrebbero accompagnare le vicissitudini della nostra coscienza; ma, al di là dell’educazione sentimentale cattolica, che era sostanzialmente ‘asessuata’, cosa abbiamo disegnato poi se non un quadro fatto di palpiti, passioni travolgenti, incantamenti, seduzioni, ma senza visione, come si direbbe oggi, cioè senza responsabilità né capacità di dire No dopo aver detto infiniti Sì! Ogni relazione avviata era un lungo viaggio di sola andata: non si riusciva ad interrompere la corsa di un treno che viaggiava senza freni! Le relazioni sentimentali erano destinate a durare per sempre, più per inerzia che per intima convinzione: i miti d’amore, da una parte e dall’altra, pesavano più di tutto. Di qui l’impossibilità di uscire da relazioni nelle quali entravamo per ragioni spesso poco chiare. Scoprire, strada facendo, di aver imboccato la strada sbagliata non era mai sufficiente per condurre poi le cose sul giusto binario che avrebbe portato alla loro pietosa sepoltura.
La percezione di qualità di valore, infatti, che accompagna il sentimento statu nascenti, dovrebbe renderci avvertiti sulla natura dell’oggetto delle nostre attenzioni, prima che diventi consuetudine e legame affettivo, magari senza essere mai passati attraverso un giudizio di valore, che sarebbe richiesto per poter dire se le prime impressioni e tutto ciò che ne derivò abbiano consistenza morale.
Si potrebbe dire che so tutto dell’amore, fin dalla sua ‘declinazione’ filosofica. L’ultimo guadagno è dato, senz’altro, dall’idea presa in prestito dal fenomenologo Guido Cusinato dell’amore come esercizio che dovrebbe educarci ad amare senza invidia, e dall’idea presa in prestito dall’ultimo Lacan dell’amore come rinnovata domanda che il desiderio dell’altro esprime ogni giorno, ripetendo ancora di volere ciò che dice di volere.
Ai confini dello sguardo, dunque, per dire sempre di nuovo: nel momento dell’incontro e dello scambio di risorse, sì, nella comunicazione emozionale, nella comunicazione aperta, che riusciamo a tenere sempre aperta, per esprimere il linguaggio dell’accettazione.
Ai confini dello sguardo, tuttavia, nel contatto con la realtà umana dell’altro incontriamo un’esistenza che esiste, un’esistenza che, con l’esercizio, dobbiamo imparare a percepire come quello che è, situandoci all’altezza dei modi di consistere dell’altro, rispettando i suoi gradi di individuazione, di consapevolezza di sé, di capacità di nascere del tutto.
Diremo, senz’altro, che dialogo è possibile con chi sappia sollevarsi al di sopra dei propri stati mentali, per emergere alla consapevolezza come persona. Soltanto la presenza in noi e nell’altro dei sentimenti morali consente, ad esempio, di affrontare le asprezze del dialogo, quando la situazione dialogica ci metta di fronte all’errore e al compito di riconoscerlo, di accettarlo, di provarne vergogna, di pentirsi, di chiudersi nel necessario pudore, per riconsiderare le nostre conoscenze sbagliate e da lì ripartire per procedere verso nuova conoscenza.
3 gennaio 2021