Ho ricevuto l’invito da un gruppo di universitari sorani ad aderire all’Associazione Studentesca don Lorenzo Milani. Ho spedito all’animatore e promotore di questa Associazione il testo che segue.
Ho insegnato ininterrottamente per 34 anni, dal 1974 al 2008, in scuole pubbliche, cioè statali. Scuole di tutti. Per tutti. In cui c’era posto per tutti. Ho studiato fino ai dieci anni in una scuola privata cattolica della città, ma mi sono formato e sono cresciuto come cittadino nelle scuole pubbliche della stessa città. Alla moralità cattolica, che era propria della mia famiglia, ho aggiunto nel tempo un nuovo tipo di moralità, che non contrastava con la prima, ché ne era anzi un ideale completamento: la laica tolleranza pluralistica della cittadinanza democratica moderna, in cui l’esercizio pubblico della critica non era astratta pretesa illuministica, ma libero pensiero che non rinunciava alla critica del potere, ovunque esso si manifestasse e attecchisse.
Tutti i miei alunni hanno potuto esprimere sempre quello che si agitava nella loro mente e nel loro cuore. Sono stati liberi di amare e di odiare i contenuti culturali che la scuola proponeva. E’ stato compito mio appassionarli allo studio e alla ricerca, perché si affrancassero dall’ignoranza e dalla paura, che sono stati i primi nemici della mia vita.
L’amore per la conoscenza, che anima ancora la mia vita e che mi accompagnerà fino alla fine dei miei giorni, è il sentimento fondamentale che ho fatto sentire ai miei alunni, perché ne uscissero contaminati a loro volta: a questo solo dovere e obbligo ho voluto che si piegassero, sempre convinto che la meta della conoscenza giace fuori della conoscenza. Conosciamo le cose, cioè, per uno scopo che supera la scienza stessa delle cose.
Tutti i nostri sforzi, infatti, tendono alla realizzazione del significato della nostra vita: hanno di mira l’attribuzione di un significato alla nostra vita. Questa appare insensata, se la lasciamo andare alla deriva, se non la costringiamo nell’alveo dei doveri civili e morali.
Sentirsi liberi solo se tutti coloro che calpestano la terra come noi lo sono ci spinge a combattere per la libertà di tutti. La scuola pubblica è libera, perché è fatta da uomini liberi, perché vuole che tutti gli uomini lo siano. Essa non vive entro confini angusti. Non conosce censura né mortificazione morale, se non quando le idee siano conculcate e si impedisca ad esse di diffondersi nella comunità scolastica. O quando uno stile educativo autoritario intimidisce e ostacola il libero manifestarsi delle idee.
In 34 anni di esercizio della professione di insegnante non ho mai subito gravi limitazioni della mia libertà. Ho generato ogni volta di nuovo, all’inizio di ogni nuovo anno scolastico, lo spazio linguistico indispensabile perché tutti i ragazzi potessero esprimersi, depositando in quello spazio emozioni e pensieri.
Ho addestrato alla scrittura e all’espressione orale in lingua italiana, suggerendo la sobrietà e la misura, perché la chiarezza prevalesse su ogni altra preoccupazione. Ho aiutato i ragazzi ad avere fiducia nei loro pensieri, perché imparassero a pensare, indicando il nesso forte tra pensare e scrivere. Ho educato il pensiero, perché il rapporto tra le parole e le cose fosse sempre sostenuto da una nozione chiara della realtà in cui viviamo.
L’educazione della mente non è stata mai disgiunta dall’educazione sentimentale. Ho voluto che pensassero l’uomo non solo come animale politico, cioè sociale; né solo come essere pensante, né come animale simbolico, cioè come produttore di linguaggi. Prima che agente e pensante, l’uomo è stato definito come senziente e agente e paziente.
Abbiamo osservato insieme il modo in cui gli uomini del nostro tempo edificano il loro ambiente: come il sentire privato si fa ethos, cioè costume, abitudine, sensibilità, moralità pubblica.
Abbiamo studiato i vizi e le virtù, il potere delle illusioni e la dolcezza dell’amicizia. Abbiamo detto padre, madre, fratello, patria, cielo, terra, destino, felicità. Abbiamo detto di avere paura e abbiamo scritto amore e morte.
Abbiamo chiesto aiuto e ci siamo stretti in una catena solidale che qualcuno oggi vorrebbe spezzare. C’è chi vorrebbe impedirci forse di continuare a sperare che sia più importante fare le cose insieme che farle da soli.
Nella scuola pubblica siamo stati educati tutti all’idea di don Lorenzo Milani che di fronte a un problema sortirne da soli è egoismo, sortirne insieme è politica.
Ai ragazzi dobbiamo solo ricordare ancora le parole di quel prete che era convinto di questo: tra due uomini, quello che conosce 20.000 parole è il padrone e quello che ne conosce solo mille è lo schiavo.
La scuola pubblica è lo spazio in cui è sempre possibile crescere in consapevolezza e dignità, come cittadini, tutti insieme. Sotto lo stesso cielo.
Con questi sentimenti, aderisco all’Associazione Studentesca Don Lorenzo Milani, per continuare a testimoniare l’amore per la libertà e per la conoscenza che mi ha sorretto lungo tutta la mia carriera di insegnante nella scuola pubblica.
Sabato 22 novembre 2008