Una foto di Roland Barthes, con le forbici in mano, intento ad accumulare ritagli di giornale, vicino a un grande tavolo bianco mi procurò – quando egli era ancora vivo – una forte emozione: un’attività che io ritenevo ‘bassa’ – ritagliare ‘pezzi’ di giornale – era praticata con gusto anche da lui, a giudicare dall’espressione soddisfatta che esibiva nella foto.
Il rinvio a un ritaglio del 20 luglio 1996 contenuto nel post precedente è un chiaro esempio del mio modo di lavorare. Mi sorprendo ancora oggi, dopo il congedo dalla scuola, a classificare ritagli, ben custoditi in cartelline e faldoni tematici, per un loro impiego non meglio definito.
A casa di mia madre, in fondo al corridoio c’era uno sgabuzzino – come lo chiamavamo noi – in cui venivano conservati gli oggetti preziosi. Naturalmente, per mia madre tutto era prezioso: conservava i resti delle cose più impensate, come il personaggio di Così parlò Bellavista. Anche lei aveva piccole scatole che nascondevano pezzi di filo, piccole conchiglie… Tutto poteva servire ancora!
Con la stessa cura maniacale, io raccolgo da la Repubblica, da l’Unità e da l’Espresso i commenti, i servizi, le inchieste, le recensioni, qualche bella foto. Potrebbero servire!
Per far comprendere ai miei alunni cosa sia un Dossier tematico, ho portato spesso in classe le mie cartelline, che ho fatto circolare tra i banchi, perché apprezzassero il lavoro paziente di raccolta. Una cartellina sul Tempo che contenga ritagli che risalgono anche a trent’anni fa produce sicuramente qualche emozione nello studente in cerca di metodo.
Il Dossier che accompagna le tracce per la prova scritta di Italiano all’Esame di Stato è un modello a cui ispirarsi. I testi proposti sono brevi in quelle tracce. I ritagli di giornale, perché conservino tutta la loro forza argomentativa, è bene che siano riprodotti per intero.
Sulle questioni più ardue – come eutanasia, fecondazione assistita… – non è sbagliato fornire testi esemplari, da leggere a casa, su cui lavorare, per estrarne informazioni e argomenti a sostegno di una tesi. I ragazzi capiscono che su quella materia saranno chiamati a scrivere nei mesi successivi in una prova ufficiale. Cureranno la sottolineatura del testo, la produzione di titoletti accanto ai paragrafi e ai blocchi di testo, di annotazioni a margine, di schemi, di mappe, di sintesi brevi. Estrarranno l’idea centrale, la tesi, i rinvii ad altre fonti di studio. Stileranno un elenco delle idee, che preciseranno nel tempo. Cureranno la definizione dei termini, a partire dalle parole-chiave contenute nel testo. Predisporranno una scheda per quella che diventerà voce di glossario: le conoscenze accumulate vi saranno contenute tutte. Cercheranno le relazioni esistenti tra ambiti disciplinari, fino a risalire alle teorie generali. Discuteranno le teorie. Avvieranno il complesso lavoro del pensiero, che non smette di pensare gli oggetti più importanti dell’esperienza. Si faranno un’opinione sulle cose. Getteranno uno sguardo interessato sul mondo esterno. Scopriranno che c’è ancora da leggere, da conoscere. Dubiteranno sempre delle acquisizioni recenti. Andranno alla ricerca di sempre nuova conoscenza.
Per questa via, almeno la produzione di testi argomentativi è ben fondata. I modi dell’argomentazione – contenuti nel Trattato dell’argomentazione di Perelman e Olbrechts-Tyteca – e lo schema del saggio e del tema argomentativo sorreggeranno il lavoro in classe, come a casa.
Il filosofo ed epistemologo francese Georges Canguilhem ha spesso parlato di “lavorare un concetto…”. Potremmo servirci di questa espressione per il nostro programma di studio della scrittura.