Lunedì 11 maggio 2009, alle ore 7.13 su Facebook Leo nodari inseriva questa Nota:
100 anni fa di mio nonno dicevano…
“Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane.
Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri.
Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti.
Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci.
Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti.
Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti.
Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro.
Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.
I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali”.
La relazione così prosegue: “Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni
che gli americani rifiutano pur che le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più.
La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione”.
Il testo è tratto da una relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre 1912
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Mercoledì 13 maggio, alle ore 18.51, il mio amico Baldo Lami – rinviando alla Nota di Nodari, a sua volta scriveva:
L’anima del “respingente”
Ma l’anima di chi non tollera lo straniero nel migrante che chiede accoglienza come sta?
Due sono le possibili visioni di quest’anima:
La prima ci comunica che non essendosi essa stessa riconosciuta straniera al mondo, si è appiattita sui suoi valori materialistico-conservativi, contingenti ed effimeri;
La seconda ci comunica una male forse ancora maggiore, e cioè che si è talmente estraniata dalle sue stesse radici umane da non riuscire a sopportare anche la semplice vista di chi, col suo carico di sofferenza per lo sradicamento dalla sua terra d’origine, gliele ricorda.
In entrambi i casi la percezione è di estrema solitudine, desolazione e abbandono. Di un’anima annichilita, indurita, persa a quel “progetto di apertura al mondo” che un tempo l’ha costituita. Dato che chi respinge lo straniero respinge se stesso nella sua più intima essenza. E muore al percorso e al suo linguaggio.
Di quest’anima mi duole nello stesso modo (anche se diversamente) di quella del migrante respinto.
(Questa riflessione nasce anche dalla lettura della nota di Leo Nodali che sta girando su FB:
http://www.facebook.com/inbox/readmessage.php?t=1055562841716#/note.php?note_id=77658574068&id=1294451147&ref=share)