Il rapporto tra Etica ed Estetica, assieme allo statuto dell’una e dell’altra, costituisce il problema per noi, qui.
Le controversie secolari che si sono avute sulla natura dell’Arte si riducono oggi alla questione dello sguardo, cioè alla ricezione dell’arte, all’intrattenimento che essa favorisce, alle istanze spirituali dell’uomo coinvolte nel processo semiosico di produzione del senso, alla natura del piacere in cui si assomma l’esperienza estetica.
Diremo che di emozione si tratta, anche se non di una sola emozione di tratta.
Dell’essere coinvolto nell’esperienza di piacere diremo che di homo palpitans si tratta. I suoi palpiti varranno a dire in uno godimento dell’opera e costellazioni di senso nelle quali sarà difficile separare l’attribuzione di valore ai dati dell’esperienza estetica.
Nell’emozione estetica incontreremo il valore sociale dell’esperienza estetica. Godimento solitario e comunicazione di senso si equivarranno, ché gioverà alla fruizione dell’opera sia la mera contemplazione sia la restituzione dell’esperienza fatta.
Chiameremo esperienza pura la dislocazione ai confini dello sguardo, al culmine della produzione di senso, quando la fruizione si sarà fatta solo sguardo, restituzione cioè di quell’impressione iniziale accresciuta di ragioni perché non sia più mera impressione. Sarebbe forse più corretto dire affezione dell’anima, giacché il modo di darsi dell’opera si configurerà per noi come personale sentire, risposta della percezione alle modificazioni intervenute nella nostra sensibilità viva.
Se l’ordine del cuore sosterrà adeguatamente la lettura dell’opera, norma e valore si accamperanno sulla scena estetica come esito e condizione del retto sentire.
Salvare l’emozione estetica, infatti, sarà il programma in cui impegneremo le ragioni dell’anima, perché il soggettivo dell’esperienza estetica non precipiti in mero gradimento, come temeva Barthes quando argomentava intorno al piacere del testo: più che le declinazioni private del rapporto con l’opera d’arte conta per noi il grado di approssimazione alle ragioni dell’arte, che si sostanzierà talvolta del conflitto delle interpretazioni, ma anche della certezza dei limiti dell’interpretazione. Non sono possibili infinite interpretazioni di un’opera!
Soltanto il circolo chiuso della semiosi renderà possibile l’esperienza pura dell’emozione estetica.
La restituzione delle ragioni umane dell’arte ci condurrà nei domini dell’Etica, cioè nelle regioni del più profondo sentire dell’uomo, là dove Bene e Male si scontrano per lasciare poi che si affermi la rappresentazione dell’uno e dell’altro nel concreto farsi dell’arte.
Luce e tenebra modulerano i passi del viandante. Non mero fruitore né lettore, ma viandante apparirà il soggetto dell’esperienza estetica. Le sue ragioni etiche cercheranno e troveranno nell’opera le necessarie risonanze affettive. Alla parola poetica farà da contrappunto la parola del viandante, che non sarà meno saggia ed efficace, perché si nutrirà delle ragioni dell’arte. Il suo consistere nel mondo sarà dato dal suo daimon e dalla sua capacità di farsi angelo, cioè di (ri)produrre la giusta rappresentazione del mondo rappresentato dall’artista.
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L’espressione homo palpitans proviene da Franco Moretti che la propone in
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