Definire esperienza pura l’esperienza della fruizione estetica è la prima mossa della ragione, una mossa indispensabile per ‘situare’ il rapporto tra produzione e consumo culturale oltre la serialità quotidiana e le incursioni dell’arte nei territori della pubblicità. La destituzione di senso a cui è soggetta l’arte dalla prima rivoluzione industriale, per cui si parla da allora della sua ‘morte’, si è riproposta in forme aggiornate nel tempo fino alla proposizione del paradosso supremo della impossibilità di definirne i confini, pur essendo noi in presenza delle sue ‘opere’! Dopo e oltre le dispute storiche su autonomia ed eteronomia dell’arte, impegno e disimpegno dell’artista, committenza artistica e avanguardia, si tratta di identificare l’esperienza della fruizione estetica assegnandola a territori teorici inediti.
Esperienza pura, cioè percezione, lettura, ascolto, fruizione ‘esperta’, certo, ma soprattutto esperienza. Non c’è, tuttavia, «esperienza della libertà»: la libertà stessa è l’esperienza (JEAN-LUC NANCY, L’esperienza della libertà, EINAUDI 2000, pag.177). La ricezione dell’opera avviene dentro l’orizzonte della nostra libertà, nella nostra esistenza di singoli.
In questo rinnovato orizzonte soltanto, là dove etica ed estetica si incontrano, la fruizione estetica è sottratta alle derive del mercato e ai paradossi dell’esperienza. Al riguardo, vedere EMILIO GARRONI, Ricognizione della semiotica. Tre lezioni, Officina Edizioni 1977; I paradossi dell’esperienza, in Enciclopedia Einaudi 1982, Vo.15, Sistematica, nella Sezione Ricoprimenti tematici, pp.867-915; Senso e paradosso, Laterza 1986; Di un possibile rapporto reciproco e unilaterale di immagine e musica nel film, pagine 219-229 de L’arte e l’altro dall’arte, Laterza 2003.