Al Memento mori (“Ricordati che devi morire”) di cristiani, neoplatonici e romantici qui si oppone il Memento vivere (“Ricordati di vivere”) di Goethe, la sua disposizione costante: la meraviglia di fronte alla vita e all’esistenza, benché esse presentino aspetti dolorosi e terrificanti.
Goethe riprese la tradizione antica degli esercizi spirituali, grazie ai quali «l’individuo si sforza di trasformare il suo modo di vedere il mondo al fine di trasformare se stesso. Non si tratta di informarsi, ma di formarsi.
Hadot propone
1) l’esercizio caro a Goethe della concentrazione sull’istante presente, che permette di vivere intensamente ogni attimo dell’esistenza senza lasciarsi distrarre dal peso del passato o dal miraggio del futuro;
2) lo sguardo dall’alto, che consiste nel distanziarsi dalle cose e dagli eventi, sforzandosi di coglierli in una prospettiva d’insieme e distaccandosi dal proprio punto di vista individuale, parziale e particolare;
3) il volo dello spirito, che ci conduce lontano dalla terra e lontano dai vincoli del destino, a cui tutto è sottomesso, «eccetto l’indomabile audacia dell’animo umano, che con altro nome chiamiamo Speranza».
«Si potrebbe del resto sostenere che l’intuizione fondamentale che ispira tutto il pensiero di Goethe consiste nel considerare la realtà, […], un'”eterna azione della vita”.
E’ in questo senso che Faust traduce l’incipit del Vangelo di Giovanni: non “In principio era il Verbo”, bensì “In principio era l’Azione”, poiché solo l’azione è in grado di creare.
Ciò che conta agli occhi di Goethe non è parlare, ma pensare e agire:
Pensare e fare, fare e pensare. Ecco la somma di ogni saggezza […]. Ambedue debbono nella vita continuamente alternarsi, come l’inspirazione e l’espirazione. [Si deve] provare il pensiero con l’azione e l’azione con il pensiero. (J.W.Goethe, Gli anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister, II, 9, pp.850-851)
La vita filosofica non consiste solo nella parola e nella scrittura, ma nell’azione comunitaria e sociale, come già auspicavano Epitteto e Marco Aurelio.
In questa prospettiva dell’agire deve essere intesa la massima goethiana “Ricordati di vivere”, in cui si riassume lo straordinario amore della vita presente in Goethe. […]
Il Memento vivere non è simmetrico al Memento mori ed è una massima paradossale. E’ possibile dimenticare che si vive dato che, appunto, si sta vivendo? Eppure, fin dal V secolo a.C., Antifonte sofista rimproverava ai suoi contemporanei di dimenticare la vita presente per prepararsi a un’altra vita. E durante il Rinascimento, Montaigne scriveva queste righe che ho sempre ammirato:
“Non ho fatto niente oggi”.
“Come? non avete vissuto? E’ non solo la vostra occupazione fondamentale, ma la più insigne”. […] Il nostro grande e glorioso capolavoro è vivere come si deve. […] E’ una perfezione assoluta, e quasi divina, saper godere lealmente del proprio essere. (M. de Montaigne, Saggi, tr.it. Adelphi, Milano 1992, vol.2, p.1485, p.1496)
Qui, nuovamente, l’uomo aveva dimenticato che stava vivendo, assorbito com’era da un dettaglio dell’esistenza. I due punti di vista, Antifonte e Montaigne, ci introducono ai due significati che si possono attribuire alla massima di Goethe.
Anzitutto, per Goethe, vivere significa essere attivi, agire nel presente. “Ricordati di vivere” significa, allora, “non dimenticare il tuo compito quotidiano, l’azione che devi compiere al servizio degli uomini, in breve: il tuo dovere”. Ma “ricordati di vivere” può significare anche “non dimenticare di godere la vita”. Godere la vita è in primo luogo, per Goethe, godere pienamente dei piaceri della vita […]. Ma godere della vita era anche, per lui, trovare il proprio appagamento nell’esistenza in quanto tale, in quanto vi è di meraviglioso nell’attività del corpo e dello spirito. Era, infine, unirsi profondamente alla gioia che si esplica in quell'”eterna azione della vita” in cui “viviamo, agiamo e siamo”.» (pp.163-165)