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Si può dare moralità al di fuori di contesti significativi di riferimento forti e condivisi? Io temo di no. Per questa ragione, sono sempre stato portato a credere soltanto nelle cose in cui era possibile credere assieme a qualcuno. Il tragediare quotidiano oggi è proprio in questo disfarsi progressivo delle ragioni comuni, nell’effetto prodotto dall’azione corrosiva dei fondamenti del vivere civile ad opera dell’antipolitica. Il cancro che sta divorando ogni cosa è nell’homo oeconomicus, nella sua stupidità.
Questo potrebbe far pensare a una negazione della moralità personale, all’impossibilità di darsene una, all’inconsistenza di affermazioni positive sulla possibilità di una vita buona. In realtà, il situazionismo è il grido scettico di chi ama la vita ed aspira ad uscire dall’incredulità a cui lo condannano la distrazione e l’indifferenza altrui.
L’unica utopia è la comunità. Hanno ragione i filosofi, che non hanno mai creduto alla esistenza delle comunità. Ciò che si dà è solo la società, cioè l’insieme dei rapporti formali che legano individui in società.
Ritenere che la fragilità del bene sia ‘superabile’ da una volontà strenua, tutta intesa al bene, equivale a negare l’Ombra che è in noi. E’ come tagliare a metà le cose per prenderne in considerazione una sola metà!