*
Una sera qualsiasi – ma anche un pomeriggio va bene – è utile perché accada quello che poi da sé può non bastare: un incontro che non è un incontro; pochi contatti occasionali o nessun contatto vero, soltanto sguardi da lontano e sguardi. Dell’Inconfessabile questo si può dire, se pure pochi vorranno dire e sapranno riconoscere che ci fu una piccola rivoluzione se non degli affetti delle emozioni sì.
.
Quella sera qualsiasi – non ricordo se era un pomeriggio – io vidi lei, non tanto da lontano da non poter dire che era proprio lei, una figura che si distingueva dal mondo circostante per ragioni tutte da raccontare.
Il pregio della bellezza è forse proprio in questo annuncio aurorale di sé, nella sua epifania mondana, presenza pura che non è mai pura presenza: le altre voci tacciono, solo sguardo e gesto, appena accennati, tali che possono anche sfuggire alla vista. E mi stupisco della cecità del mondo quando, talora, mi trovo quasi a dire: ma non vedete la sua bellezza? non vi sembra che meriti che tutto si fermi un po’ intorno a lei? per permetterle di dire di sé come vorrà, con la semplicità delle cose al loro primo apparire. Non se ne sa nulla, eppure già esse parlano al cuore.
E’ stato detto: gli occhi e la bocca. E io mi fermo a considerare il mistero dello sguardo – io non so cosa lei veda – e la piccola linea della bocca, promessa di suoni e di baci per ora inauditi.
Ma non è già presumere troppo sulla sua bocca? E’ meglio dire: labbra?, per perdersi nel loro plurale essere lì davanti a me, appena mosse da un rumore improvviso che suscitò breve sconcerto e domanda senza risposta.
Ora seguo i suoi passi, immaginando dove possa andare. La trattengo mentre va. Intreccio dialoghi improbabili, balbettando pretesti, suscitando qualche dolorosa ilarità. Ripeto, allora, la strada già fatta e mi protendo verso un futuro più lontano ancora, accennando in cuor mio a vaghe promesse d’amore. Ripeto il sogno antico, mille volte sognato di una vita da svegli già vissuta insieme, per tentare l’accordo e verificare la probabilità del successo.
La mente indaga e disunisce, distingue tempi ed eventi, in luoghi sconosciuti o nel giardino di casa, sempre come improvviso e aspettazione, per tornare a incrociare lo sguardo e immaginare dialoghi appena abbozzati, solo le prime battute come nei sogni da svegli che non partono mai e ossessivamente si ripetono al loro inizio.
Le labbra e gli occhi parlano a me, distrattamente, di cose non mie, che riferisco a me. Lei posa lo sguardo distrattamente e allegramente sulle cose intorno a sé.
Attendo una risposta al mio vano interrogare. Che dire di me? Perché sono qui? E’ bene che non avverta in me una presenza interessata: il suo sguardo deve nascere da un suo interesse per me. Dunque, non forzerò lo sguardo, indugiando troppo sul suo sguardo, cercando con insistenza gli occhi. Ma più volte tornerò a farlo per brevi intervalli, per suscitare almeno il sospetto che sono rimasto lì per lei. Non dev’essere, però, chiara richiesta di attenzione. Piuttosto, una distratta curiosità. Ecco, semplice curiosità, innocuo e innocente stupore. Abbassare il livello dell’indagine a poche parti del corpo. Solo gli occhi, infine. Soltanto lo sguardo.
A volte, è accaduto di cercare e di incontrare solo uno sguardo, per decidere poi che non sarebbe stato prudente fare di più.
E allontanarsi così. Certo, non paghi di aver acquistato tesori per sé. Anzi, più poveri di prima, incerti tra sogno e realtà. Non immemori, però. Sulla superficie dell’anima restano tracce sicure della presenza di cari simulacri che un giorno sembrò esistessero per noi, solo per noi.
*