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Ieri c’è stata a scuola la ‘festa’ riservata ai tre Colleghi che avevano presentato Richiesta di dimissioni volontarie dall’impiego. Io ero uno dei tre. Naturalmente, abbiamo ricevuto il regalo di prammatica. A me è toccato un Navigatore satellitare di colore nero, lucido. Mi è piaciuta come idea. Ne ho approfittato subito. Ho inserito l’indirizzo di casa e me ne sono tornato allegramente indietro, sotto la guida di una voce che mi ricordava i nomi delle strade, avvertendomi con largo anticipo delle svolte e dei pericoli che correvo. Il giocattolo mi mancava. Gli altri ce li ho tutti!
Ci siamo detti tutto. Tranne una cosa: non ci rivedremo più. Se interrogo l’esperienza, infatti, scopro facilmente come si siano perdute le tracce di tutti i Colleghi che in precedenza hanno concluso la loro carriera. Raramente si è parlato poi di loro. Erano fantasmi, larve del passato. Figure esangui delle quali non si sapeva quasi più nulla. Non solo sbiadite nel ricordo, di esse si sapeva ormai poco. Come se dovessero scontare una pena per una colpa oscura… Io sapevo che questo era accaduto. Mentre si parlava ieri, pensavo proprio a questo. Mi sembrava quasi doveroso dirlo. Assaporavo già il piacere di dire: «Noi non ci rivedremo più». Non per punire qualcuno, ma per un omaggio alla verità in cui, in verità, non credo. Chi mi conosce un po’ sa che per me la verità è il tono di un incontro; ma la parola ‘incontro’ non significa rendez-vous, appuntamento, contatto occasionale, per quanto ripetuto nel tempo. E’ facile frequentarsi anche per anni senza incontrarsi mai veramente! A chi attribuire la ‘colpa’ di questo paradosso dell’esistenza? Insomma, ero sul punto di farlo. Mi sarebbe piaciuto farlo, ma non l’ho fatto. Sarebbe stato ingiusto! Ludwig Wittgenstein ha scritto che di tutto ciò di cui non si può parlare si deve tacere. Naturalmente, si riferiva al fatto che si può chiedere solo ciò di cui si conosce già la risposta. Ammesso pure che io conosca quella risposta, si sarebbe richiesto che ognuno dei presenti, a sua volta, sapesse. Ma chi è disposto a ‘sapere’ che mentre ci salutiamo, in realtà ci stiamo separando; che non ci cercheremo più; che non ci saranno più occasioni per rivedersi; che non ci sono ‘ragioni’ per farlo? Non ci sono ‘ragioni’ per farlo! Ebbene, è proprio così: non ci sono (più) ‘ragioni’ in coloro che ieri mi dicevano ‘arrivederci’ per rivedermi, per cercarmi, per ‘incontrarmi’ ancora! Ed io? Dovrei avere ragioni da vendere, per rivendicare questo diritto! Almeno, dovrei aver accumulato ragioni per cercare ancora, pretesti, scuse…
Mi viene da ridere, allora, al pensiero del web, che viene subito definito da noi tutti come mondo virtuale: in questo momento della mia vita posso dire che i ‘contatti’ più reali sono proprio quelli che intrattengo con alcuni amici che non esito a definire tali, che vivono in lontane città del Nord di quella che un tempo si chiamava Italia. Gente con cui parlo di Letteratura. Mentre a scuola mi è stato concesso raramente di farlo. Esistono gruppi di lettura, ai quali si può partecipare allegramente, riferendo in essi delle proprie emozioni…
A scuola, non interessa a nessuno di quello che si prova a leggere – mentre ci si appresta a percorrere l’ultimo tratto della propria vita – il racconto che chiude il volume Nemico, amico, amante… di Alice Munro. Lì, un uomo e una donna non più giovani sono indotti dalla malattia a decidere di separarsi, dopo vari decenni trascorsi insieme, senza separarsi mai… Un dettaglio della sorte – la necessità di stare lontani per un mese, per consentire a Lei di adattarsi senza pentimenti alla realtà nuova del luogo che la ospiterà – si trasforma in fattore di trasformazione: nuovi eventi intervengono a modificare le cose. Non si ritroveranno più. O forse sì, alla fine della storia, in fondo a tutte le sofferenze a loro riservate dal tempo, Lei gli dirà che ricorda, che non avrebbe mai potuto pensare che lui potesse abbandonarla veramente! non lo aveva mai pensato possibile!
La risorsa dell’Illusione è fonte essiccata, ormai! In altri tempi avrei pensato sicuramente che in mezzo a tutti i volti festanti c’era qualcuno che sapeva di me cose che nessun altro poteva sapere; e questo è vero, ma per quella persona, che accompagna la mia vita, non vale quanto dicevo dei miei Colleghi. A questi ultimi, in realtà, non ho nulla da rimproverare. Riesco a distinguere senza fatica tra le cose reali. Riconosco la realtà. E non mi dolgo mai del fatto che ciò che vi è sia così e non altrimenti. Da quanti amori mai nati ci siamo separati? Quante volte abbiamo creduto di credere? Da quanti ci siamo allontanati, senza riuscire a capire chi si allontanava da chi? Resta da chiedersi cosa possiamo sperare. Ma questo lo sappiamo già.
Quando è venuto il mio turno, ho preso a parlare del fatto che non mi dispiaceva di andar via, ché mi portavo dietro oltre trent’anni di ricordi; che solo i vecchi hanno un futuro, perché hanno una lunga memoria del passato; che io avevo di loro, della scuola, molti anni di ricordi che avevo da custodire…; che un amico conosciuto nel web ama dire che l’età presente che stiamo vivendo io e lui è pre-vecchiaia, che sarà una lunga età che precede la vecchiaia…; che il futuro è un territorio del passato… Ho cercato, insomma, di dire che per me non finiva nulla, e che non iniziava nulla: che non continuava in forme aggiornate la vita di sempre; che non intervenivano nuovi interessi ad arricchire la vita e a non farla precipitare nella malinconia… Chi mi conosce sa bene che per me la battaglia contro la malinconia è compito per tutti noi, nell’epoca delle passioni tristi. I destini comuni non vanno citati mai: stanno sullo sfondo. Ne parliamo solo quando ci sentiamo smarriti, quando non ricordiamo perché siamo nel punto in cui siamo arrivati… A ricordarcelo sarà sempre la voce amica che vorrà ancora esprimere per noi l’interesse che si addice alle persone lungamente ospitate nella propria mente. Come ebbe a dire tanti anni fa un logico che argomentava intorno all’analogia e alla necessità di continuare a cercare l’ago nel pagliaio – altre analogie! -, quando la storia ci richiederà di dire dove eravamo, potremo dire di essere (stati) dalla parte giusta.