23:32 Gasparri: “L’alimentazione e l’idratazione non sono accanimento terapeutico”
Gasparri ha detto: “Sono una persona responsabile che rispetta il presidente della Repubblica e la vita dell’ultimo cittadino che aspetta di morire. E chiedo che il Senato voti domani una mozione in cui si dica che nno si può far morre di fame e sete nessuno. L’alimentazione e l’idratazione non sono accanimento terapeutico”
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Alimentazione e idratazione artificiale non vanno considerati «atti medici»
I saggi bioetici: nutrire sempre chi è in coma
Documento del Comitato nazionale (Cnb): lo stato vegetativo è vita, l’alimentazione va garantita anche se il paziente era contrario
ROMA – Non si può togliere il sondino ai pazienti in stato vegetativo persistente. Non si deve privarli di cibo e acqua. Alimentazione e idratazione artificiale non vanno infatti considerati «atti medici», ma rientrano nell’ordinaria assistenza. Ed anche se è lo stesso malato ad averne richiesto la sospensione nel suo testamento biologico, scritto quando era in piena coscienza, né i medici né i familiari hanno diritto a sottrargli questi due elementi, necessari perché resti legato ad un esilissimo filo di vita. Ammesso che si possa ancora chiamare così una vita prolungata con macchine e farmaci.
IL DOCUMENTO – Il Comitato nazionale di bioetica (Cnb) ha quasi ultimato il documento che doveva dire sì o no ad uno degli interrogativi riproposti qualche mese fa dal caso Terri Schiavo e poi, più vicino a noi, dal caso Englaro. Se sia accettabile dal punto di vista morale essere privati, oltre alle cure, della nutrizione artificiale. Per Terri è stato deciso che anche quei tubicini dovevano essere staccati ed è proprio la sua storia lo spunto per dipanare la questione. In Italia non sarebbe potuto accadere. Il principio è che non si può far morire di fame e di sete una persona anche se probabilmente neppure se ne rende conto. Sarebbe una forma «da un punto di vista umano e simbolico particolarmente crudele di abbandono del malato». E non di «doverosa interruzione di accanimento terapeutico». L’atteggiamento è di estremo garantismo, sebbene la mozione del gruppo di esperti coordinati da Francesco D’Agostino, cattolico, filosofo del diritto all’Università di Tor Vergata, non abbia avuto la caratteristica dell’unanimità. E’ stata approvata con larga maggioranza venerdì scorso, ma per la pubblicazione definitiva manca la posizione di minoranza espressa dagli esponenti laici, a partire dal vicepresidente Cinzia Caporale, che a loro volta si sono divisi a metà. Su temi del genere il voto unico è un miraggio.
IL PUNTO – Nelle conclusioni il Comitato premette che «la vita umana è un valore indisponibile, indipendentemente dallo stato di salute, di percezione della qualità della vita, autonomia o capacità di intendere e di volere». Viene giudicata arbitraria ogni distinzione tra «vite degne di essere vissute o non degne». Il punto centrale viene così articolato: «Idratazione e nutrizione dei pazienti in stato vegetativo persistente vanno ordinariamente considerate alla stregua di un sostentamento vitale di base e la loro sospensione va giudicata eticamente e giuridicamente lecita quando si realizzi l’ipotesi di un accanimento terapeutico», quando cioè l’intensità delle cure è sproporzionata rispetto agli effetti. Inoltre la sospensione è condannabile quando viene effettuata «non in base alle esigenze della persona interessata, ma della percezione che altri hanno della qualità della vita del paziente».
I PARERI – Fra i laici, si distingue la posizione sostenuta da Demetrio Neri, ordinario di bioetica a Messina: il sondino è un trattamento medico, come indicato da una vasta letteratura internazionale, e quindi è il medico a decidere se toglierlo attuando la cosiddetta «eutanasia di compassione». Ciò non costituirebbe una «forma crudele di abbandono del malato». Secondo Neri, non sono cibo e acqua ad essere somministrati, ma un composto chimico. Soddisfazione per la decisione del Cnb è stata espressa dagli esponenti di An e Fi, Riccardo Pedrizzi e Francesco Giro. E si dice d’accordo con il documento anche il sottosegretario alla Salute Domenico Di Virgilio.
I CASI – Sono migliaia, in Italia, i pazienti in stato vegetativo persistente (6000 secondo alcune ricerche) e per loro non c’è via di ritorno o recupero. Vi sono infatti vari tipi di coma, ha spiegato il presidente dell’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani (Aaroi) Vincenzo Carpino, e da alcuni c’è possibilità di ripresa, ma «dallo stato vegetativo persistente, in cui un danno gravissimo della corteccia cerebrale determina la totale perdita della coscienza di sé e dell’ambiente circostante – ha sottolineato – non c’è speranza di miglioramento».
Margherita De Bac
05 ottobre 2005