La fenomenologia come pratica spirituale (369): Imprescrittibile-Irredimibile-Imperdonabile

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La fenomenologia come pratica spirituale (369): Imprescrittibile Irredimibile Imperdonabile
Domenica 26 gennaio 2025

Di tutte le domande alle quali fatichiamo tutta la vita a dare una risposta, la più aspra e pungente è questa: perché il Male?
Nelle prime pagine di “Se questo è un uomo” Levi scrive:
«Con l’assurda precisione a cui avremmo più tardi dovuto abituarci, i tedeschi fecero l’appello. Alla fine, – Wieviel Stück? [Quanti pezzi?] – domandò il maresciallo; e il caporale salutò di scatto e rispose che i «pezzi» erano seicentocinquanta, e che tutto era in ordine; allora ci caricarono sui torpedoni e ci portarono alla stazione di Carpi. Qui ci attendeva il treno e la scorta per il viaggio. Qui ricevemmo i primi colpi: e la cosa fu così nuova e insensata che non provammo dolore, nel corpo né nell’anima. Soltanto uno stupore profondo: come si può percuotere un uomo senza collera?»
Ci portiamo dentro lo stesso sentimento, che ci accompagnerà fino alla fine, di stupore di fronte al Male. Abbiamo dedicato l’intera vita e tutti i nostri studi per cercare di capire e accettare come possano convivere in noi il Bene e il Male, ma è così: non esiste – non è mai esistita – la Terra senza il Male.
E sappiamo bene, ormai, quanto sia inutile cercare l’origine del Male fuori di noi, in un’entità superiore, in un principio, in una causa, in un accidente.
La migliore risposta ci è venuta dal filosofo Jen-Luc Nancy che, nella sua opera “L’esperienza della libertà”, parla della Furia, cioè della libertà che si accanisce contro se stessa.
Almeno a partire da Baudelaire non si contano più gli artisti e gli scrittori che hanno subito la fascinazione del Male.
Il marchese De Sade ci ha insegnato che possiamo vivere l’erotismo come «approvazione della vita fin dentro la morte». Sappiamo nutrirci del dolore degli altri. Per soddisfare il nostro desiderio.
Il soldato tedesco che colpisce al viso con il calcio del suo fucile, perché un ordine non è stato compreso, non è indifferente al dolore che infligge al prigioniero.
Giustamente, Levi ci ha insegnato che «è accaduto, dunque accadrà ancora». Auschwitz è stato soprattutto la dimostrazione storica della possibilità di organizzare tecnicamente, quasi senza errori, il rastrellamento, l’internamento e lo sterminio di un numero grande di persone. Auschwitz è il trionfo della tecnica.
I più grandi filosofi del Novecento hanno teorizzato il potere della Tecnica, che avrebbe dissolto ogni istituzione, ogni istanza spirituale, la realtà umana tutta.
Per questo, non per l’immane di fronte al quale siamo stati messi, Auschwitz è imprescrittibile, irredimibile, imperdonabile. E’ accaduto. È l’Irreparabile. È ciò che non doveva mai accadere. Ma è accaduto.
Noi veniamo dopo Auschwitz. George Steiner si esprime così, per dire che sappiamo che un ufficiale tedesco può benissimo la sera ascoltare Mozart e Beethoven, leggere Goethe, e il giorno dopo andare a lavorare ad Auschwitz. A dimostrazione del fatto che non è vero che il Nazista sia privo di sensibilità. Forse, tanta disinvoltura gli viene dalla sazietà, dall’aver goduto di tutti i beni materiali e spirituali senza incontrare mai un limite.
Dopo Auschwitz, c’è da chiedersi che ne è di noi, in un mondo in cui l’avanzata del Male è sotto i nostri occhi, se siamo disposti a tollerare la violenza che cresce o se il Male non debba essere combattuto, chiamandolo con il suo nome.
In Italia, oggi, ad esempio, il Male è incarnato dalla destra eversiva, da una destra che è pronta a servirsi degli strumenti della democrazia – come accade nel resto del mondo – per servirsene allo scopo di perseguitare chiunque si opponga ai suoi disegni di morte.
In attesa di una resipiscenza nella parte non malata dell’opinione pubblica, c’è da chiedersi cosa si possa opporre al Male.
Il filosofo Luigi Pareyson nella sua “Filosofia della libertà” scrive:
«La potenza del male è grande, ma la potenza del dolore è maggiore. Solo il dolore è più forte del male: l’unica speranza di debellare il male è affidata al dolore, che per travagliosa e dilaniante che sia la sua opera è l’energia nascosta del mondo, la sola capace di fronteggiare ogni tendenza distruttiva e di vincere gli effetti letali del male.
Non è l’essere che è in contatto con il nulla: il contatto veramente originario è quello fra il nulla e la libertà. Dove si presenta il problema del nulla, lì c’è la libertà, e inversamente. Il contatto con il nulla non qualifica la sola libertà negativa, ma la libertà stessa come scelta. La libertà può essere positiva solo se ha conosciuto la negazione e l’ha sgominata, presentandosi come vittoria sul nulla e sul male.
È per la libertà che sorge e si afferma il bene, ma è anche per la libertà che nasce e dilaga il male».
Luigi Pareyson, Filosofia della libertà.
Dopo Auschwitz, dovrebbe essere chiaro a tutti cosa sia il Male e dove si annidi, che debba essere fronteggiato e sgominato, per non soccombere ancora sotto i colpi della Furia.

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