CAMMINARSI DENTRO (120): Prima persona singolare.

*

Solitamente ricorriamo alla terza persona singolare. Preferiamo il registro impersonale, per dare vigore logico alle nostre parole. Ci riferiamo al mondo, alle cose del mondo, all’esperienza altrui; e ci rivolgiamo al mondo, che eleggiamo a nostro destinatario, interlocutore ideale del nostro dire.

Costruire questo spazio qui non è più facile. Si tratta di tenere insieme le tre direzioni – verso di sé, verso gli altri, verso il mondo – che abbiamo posto alla base della nostra educabilità, cioè della possibilità di educare gli altri, di costituirci come figure di riferimento credibili.

Il cammino verso di me, verso la ‘verità’ della mia esperienza educativa, è qui sottoposto a giudizio, essendo pubblico il lavoro di espressione, di manifestazione delle mie emozioni e dei sentimenti. Il movimento verso gli altri e verso il mondo – che è già dato nella mia esistenza – sarà descritto a partire dal lavoro avviato di ricerca delle mie ragioni.

La meta costante è la vita autentica, il compimento dell’esistenza nella realizzazione del compito educativo.

Contrassegnato | Lascia un commento

Misura la velocità della tua ADSL

Test ADSL / Speed Test


Con il nostro tool potrete misurare subito e gratuitamente la velocità del vostro collegamento
internet e ADSL.


(c) speedtest-italy.com –

Speed Test

Contrassegnato | Lascia un commento

DARE UN VOLTO ALLE COSE (14): Andrea Zanzotto

________________________________


.

Pubblicato in Dare un volto alle cose | Lascia un commento

DARE UN VOLTO ALLE COSE (13): GIACOMO LEOPARDI, Sopra il ritratto di una bella donna scolpito nel monumento sepolcrale della medesima

________________________________

Tal fosti: or qui sotterra
Polve e scheletro sei. Su l’ossa e il fango
Immobilmente collocato invano,
Muto, mirando dell’etadi il volo,
Sta, di memoria solo
E di dolor custode, il simulacro
Della scorsa beltà. Quel dolce sguardo,
Che tremar fe’, se, come or sembra, immoto
In altrui s’affisò; quel labbro, ond’alto
Par, come d’urna piena,
Traboccare il piacer; quel collo, cinto
Già di desio; quell’amorosa mano,
Che spesso, ove fu porta,
Sentì gelida far la man che strinse;
E il seno, onde la gente
Visibilmente di pallor si tinse,
Furo alcun tempo: or fango
Ed ossa sei: la vista
Vituperosa e trista un sasso asconde.

Così riduce il fato
Qual sembianza fra noi parve più viva
Immagine del ciel. Misterio eterno
Dell’esser nostro. Oggi d’eccelsi, immensi
Pensieri e sensi inenarrabil fonte,
Beltà grandeggia, e pare,
Quale splendor vibrato
Da natura immortal su queste arene,
Di sovrumani fati,
Di fortunati regni e d’aurei mondi
Segno e sicura spene
Dare al mortale stato:
Diman, per lieve forza,
Sozzo a vedere, abominoso, abbietto
Divien quel che fu dianzi
Quasi angelico aspetto,
E dalle menti insieme
Quel che da lui moveva
Ammirabil concetto, si dilegua.

Desiderii infiniti
E visioni altere
Crea nel vago pensiere,
Per natural virtù, dotto concento;
Onde per mar delizioso, arcano
Erra lo spirto umano,
Quasi come a diporto
Ardito notator per l’Oceano:
Ma se un discorde accento
Fere l’orecchio, in nulla
Torna quel paradiso in un momento.

Natura umana, or come,
Se frale in tutto e vile,
Se polve ed ombra sei, tant’alto senti?
Se in parte anco gentile,
Come i più degni tuoi moti e pensieri
Son così di leggeri
Da sì basse cagioni e desti e spenti?

Pubblicato in Dare un volto alle cose | Lascia un commento

DARE UN VOLTO ALLE COSE (12): Un enigma

________________________________

Il ritratto di Luca Pacioli

Pubblicato in Dare un volto alle cose | Lascia un commento

DARE UN VOLTO ALLE COSE (11): Riconoscere volti nella folla

________________________________

«… Mi sono assolutamente convinto che il volto è una finestra, una sorta di oblò attraverso il quale si può guardare fuori e si può entrare dentro, e dal quale, ugualmente, si riversa una luce sulla terra. Ed è per questo che il volto possiede una prospettiva inversa: attira dentro e al tempo stesso cerca di uscire, avanza e attacca; guardando un volto, non sai in quale mondo vivi e quale dei due sia il più grande, inghiotti questo fiume e insieme ti lasci trasportare da esso…
In breve, il volto viola tutte le leggi spaziali. Esso è come un paravento sottilissimo, trasparente in tutti e due i sensi: verso lo spirito e verso la materia…
Sul ritratto e sull’icona si potrebbe scrivere una dissertazione dal titolo: Il mondo visibile in un volto

(ABRAM TERZ, Una voce dal coro, GARZANTI, 1982, pp.96-97)

Pubblicato in Dare un volto alle cose | Lascia un commento

Iniziazione e tossicodipendenza

.
«[…] dal punto di vista degli scopi inconsci il volgersi alla droga può essere visto anche come tentativo di iniziazione, carente già nella premessa per mancanza di consapevolezza. Le tappe del processo si potrebbero riassumere come segue.

1) Situazione di partenza da trascendere perché insignificante. Come l’adolescente della società primitiva per essere strappato a quella insignificanza e immaturità si affidava all’iniziazione, che gli dava finalmente un’identità completa e adulta, così l’uomo della nostra società, sperduto, passivo, capace solo di consumare e di ripetere gesti compiuti da milioni di altri uomini, sogna segretamente una trasformazione che lo faccia adulto, inconfondibile, protagonista, creatore e non più solo consumatore (per questo il nostro discorso tornerà spesso sugli aspetti psicologici del consumismo).

2) Morte iniziatica. Accettazione di una fase di chiusura al mondo, rinuncia all’identità precedente, ritiro libidico dagli investimenti usuali (che nella nostra società dovrebbe consistere soprattutto in un’astinenza dalle pratiche consumistiche).

3) Rinascita iniziatica, favorita psicologicamente dalla condivisione dell’esperienza con altri, dall’accompagnamento di rituali e, chimicamente, da un’assunzione controllata di droga: fantasia, questa del controllo, quasi sempre presente fra i giovani drogati, ma in realtà effettiva per lo più solo in certe società primitive.

Il tossicomane della nostra società fallisce nel processo complessivo non tanto per la modalità con cui consuma la doga (che è spesso, ma non necessariamente, smodata piuttosto che controllata), quanto perché salta interamente la seconda fase. In questo modo mostra di essere già in partenza intossicato: non da una sostanza, ma proprio da quel consumismo che voleva negare e che non ammette rinunce, depressioni, spazi psichici vuoti. Egli non dispone, insomma, dello spazio interiore che, insieme a rituali esterni, deve fungere da contenitore per l’esperienza di rinnovamento.»

LUIGI ZOJA, Nascere non basta. Iniziazione e tossicodipendenza, RAFFAELLO CORTINA EDITORE 2004, pp.7-8

Pubblicato in Addiction | Lascia un commento

DARE UN VOLTO ALLE COSE (10): Leggere il volto. Mia madre.

________________________________


madre L’immagine di un volto è il risultato della costruzione mentale di anni, quando la frequentazione di una persona sia stata lunga e sia stata segnata dalla profondità degli affetti. Dire che è un risultato poi significa alludere al lungo processo che ha favorito dalla propria nascita l’assunzione del volto di lei – della propria madre – ad emblema della vita stessa e delle cose care.

Raccontare quel volto significherebbe fare un resoconto dell’intera mia esistenza, dalle attese consumate a tavola, mentre lei preparava di là il pranzo, agli anni in cui l’ho vista intenta al lavoro dell’uncinetto. La sua paziente laboriosità e l’instancabile cura delle cose hanno fiaccato la mia anima. Indolenzito d’amore, tutte le volte che oggi provo una intensa commozione è come se tornassi a patire la sua silenziosa presenza.

Questa foto in bianco e nero, scattata da me e stampata nella mia camera oscura, fu rubata a lei, che non amava farsi ritrarre, mentre lavava i piatti. Io la chiamai, perché si voltasse, e fermai in immagine quello che poi si rivelò il mio capolavoro. A dispetto dei difetti della stampa, qui è ombra, più ombra che luce, tenue ombra, che pure seppe guidare la mia vita. Per vie nascoste, teneva il mio cuore. Senza realizzare una presa diretta, mi teneva stretto a sé. Pochi mi chiamano per nome: preferiscono dire ‘professore’. Quando qualcuno mi chiama per nome è lei che mi chiama. E’ come se solo lei sapesse di me. Scelse lei il mio nome.

Questa foto mi rimanda la sua voce roca e gentile, dolcissima e spesso accorata; e poi gli affanni che segnarono la sua lunga vita e le pause che sempre metteva in mezzo alle liti e la disapprovazione per i contrasti e il conforto che veniva solo da lei e un ridere basso e ricordi e nemmeno un rimpianto.

Pubblicato in Dare un volto alle cose | Lascia un commento

DARE UN VOLTO ALLE COSE (9): Leggere il volto. Il Volto Santo di Manoppello.

________________________________


Il Volto Santo di Manoppello

Il Volto Santo è un velo tenue, i fili orizzontali del tessuto sono ondeggianti e di semplice struttura, l’ordito e la trama si intrecciano nella forma di una normale tessitura.

Le misure del panno sono 17 x 24 cm. E’ l’immagine di un viso maschile con i capelli lunghi e la barba divisa a bande.

Caso unico al mondo in cui l’immagine è visibile identicamente da ambedue le parti. Le tonalità del colore sono sul marrone. Le labbra, che sono leggermente rosse, sembrano annullare ogni aspetto materiale. Non sono riscontrabili residui o pigmenti di colore. Le due guance sono disuguali: l’una, più arrotondata dell’altra, si mostra considerevolmente rigonfia. Gli occhi guardano molto intensamente da una parte e verso l’alto. Perciò si vede il bianco del globo oculare sotto l’iride. Le pupille sono completamente aperte, ma in modo irregolare. Nel mezzo, sopra la fronte si trova un ciuffo di capelli, corti e mossi a mo’ di vortice.

Pubblicato in Dare un volto alle cose | Lascia un commento

DARE UN VOLTO ALLE COSE (8): Leggere il volto. Franz Kafka.

________________________________


Tutte le persone che incontrarono Franz Kafka nella giovinezza o nella maturità ebbero l’impressione che lo circondasse una «parete di vetro». Stava là, dietro il vetro trasparente, camminava con grazia, gestiva, parlava: sorrideva come un angelo meticoloso e leggero; e il suo sorriso era l’ultimo fiore nato da una gentilezza che si donava e si tirava subito indietro, si spendeva e si chiudeva gelosamente in se stessa. Sembrava dire: «Sono come voi. Sono uno come voi, soffro e gioisco come voi fate». Ma, quanto più partecipava al destino e alle sofferenze degli altri, tanto più si escludeva dal gioco, e quell’ombra sottile di invito e di esclusione sul margine delle labbra assicurava che egli non avrebbe mai potuto essere presente, che abitava lontano, molto lontano, in un mondo che non apparteneva nemmeno a lui.

Cosa vedevano gli altri, dietro la delicata parete di vetro? Era un uomo alto, magro, esile, che portava in giro il suo lungo corpo come se l’avesse ricevuto in dono. Aveva l’impressione che non sarebbe mai cresciuto; e non avrebbe mai conosciuto il peso, la stabilità, l’orrore di quella che gli altri chiamano con gioia incomprensibile l’«età matura». Una volta confessò a Max Brod: «Io non vivrò mai l’età virile: da bambino diventerò subito un vecchio coi capelli bianchi».

Tutti erano attratti dai suoi grandi occhi, che teneva molto aperti e talora spalancati e che in fotografia, colpiti dal lampo improvviso del magnesio, sembravano da spiritato e da visionario. Aveva le ciglia lunghe: le pupille venivano definite ora marroni, ora grige, ora blu-acciaio, ora semplicemente scure, mentre un passaporto assicura che erano «grigio-blu scure». Quando si guardava allo specchio trovava che i suoi sguardi erano «incredibilmente energici»: ma gli altri non finivano di commentare e di interpretare i suoi occhi, come se soltanto essi offrissero una porta verso la sua anima. Qualcuno li giudicava pieni di tristezza: qualcuno si sentiva osservato e scrutato: qualcuno li scorgeva illuminarsi di un tratto, splendere con dei granelli d’oro, poi diventare pensosi e addirittura scostanti: qualcuno li vedeva penetrati di un’ironia ora mite ora dissolvente: qualcuno vi scorgeva stupore e una strana furbizia: qualcuno, che lo aveva molto amato inseguendo in mille modi il suo enigma, pensava che, come Tolstoj, egli sapesse una cosa di cui gli altri uomini non sanno nulla: qualcuno li trovava impenetrabili; qualcuno, infine, credeva che una calma di pietra, un vuoto mortale, un’estraneità funeraria dominasse a volte il suo sguardo.

PIETRO CITATI, Kafka, 1987

Pubblicato in Dare un volto alle cose | Lascia un commento

DARE UN VOLTO ALLE COSE (7): Leggere il volto. Virginia Woolf.

*

Di quando era bambina ricorda la sensazione di stare raccolta dentro un acino d’uva. Le pareva di vedere le cose che accadevano al di là di un velo giallo semitrasparente, una membrana, che non la separava dal mondo esterno. NADIA FUSINI, Possiedo la mia anima. Il segreto di Virginia Woolf, 2006

Pubblicato in Dare un volto alle cose | Lascia un commento

DARE UN VOLTO ALLE COSE (6): Leggere il volto. Cristina Campo.

*

Non le visioni sgomentano l’uomo – ma l’ombra che si muove / sul fondo di solitari specchi o nelle gravi acque d’attesa. / Non il gesto od il grido – ma nel deserto del cuore / le lente vibrazioni di un silenzio insondabile. (Margherita Guidacci)

Pubblicato in Dare un volto alle cose | Lascia un commento

DARE UN VOLTO ALLE COSE (5): Leggere il volto. L’armonia dei contrari.

*

Trovare la Bellezza non solo nelle cose ma nella trama di ombre, luce e buio che le cose proiettano.

TANIZAKI JUN’ICHIRO

Pubblicato in Dare un volto alle cose | Lascia un commento

DARE UN VOLTO ALLE COSE (4): Leggere il volto. L’esempio di Manzoni.

*

Il suo aspetto, che poteva dimostrar venticinque anni, faceva a prima vista un’impressione di bellezza, ma d’una bellezza sbattuta, sfiorita e, direi quasi, scomposta. Un velo nero, sospeso e stirato orizzontalmente sulla testa, cadeva dalle due parti, discosto alquanto dal viso; sotto il velo, una bianchissima benda di lino cingeva, fino al mezzo, una fronte di diversa, ma non d’inferiore bianchezza; un’altra benda a pieghe circondava il viso, e terminava sotto il mento in un soggolo, che si stendeva alquanto sul petto, a coprire lo scollo d’un nero saio. Ma quella fronte si raggrinzava spesso, come per una contrazione dolorosa; e allora due sopraccigli neri si ravvicinavano, con un rapido movimento. Due occhi, neri neri anch’essi, si fissavano talora in viso alle persone, con un’investigazione superba; talora si chinavano in fretta, come per cercare un nascondiglio; in certi momenti, un attento osservatore avrebbe argomentato che chiedessero affetto, corrispondenza, pietà; altre volte avrebbe creduto coglierci la rivelazione istantanea d’un odio inveterato e compresso, un non so che di minaccioso e di feroce: quando restavano immobili e fissi senza attenzione, chi ci avrebbe immaginata una svogliatezza orgogliosa, chi avrebbe potuto sospettarci il travaglio d’un pensiero nascosto, d’una preoccupazione familiare all’animo, e più forte su quello che gli oggetti circostanti. Le gote pallidissime scendevano con un contorno delicato e grazioso, ma alterato e reso mancante da una lenta estenuazione. Le labbra, quantunque appena tinte d’un roseo sbiadito, pure, spiccavano in quel pallore: i loro moti erano, come quelli degli occhi, subitanei, vivi, pieni d’espressione e di mistero. La grandezza ben formata della persona scompariva in un certo abbandono del portamento, o compariva sfigurata in certe mosse repentine, irregolari e troppo risolute per una donna, non che per una monaca. Nel vestire stesso c’era qua e là qualcosa di studiato o di negletto, che annunziava una monaca singolare: la vita era attillata con una certa cura secolaresca, e dalla benda usciva sur una tempia una ciocchettina di neri capelli; cosa che dimostrava o dimenticanza o disprezzo della regola che prescriveva di tenerli sempre corti, da quando erano stati tagliati, nella cerimonia solenne del vestimento.

*

Pubblicato in Dare un volto alle cose | Lascia un commento

DARE UN VOLTO ALLE COSE (3): Quando le cose senza neppure esser nate si fanno segreta speranza e promessa.

*

Una sera qualsiasi – ma anche un pomeriggio va bene – è utile perché accada quello che poi da sé può non bastare: un incontro che non è un incontro; pochi contatti occasionali o nessun contatto vero, soltanto sguardi da lontano e sguardi. Dell’Inconfessabile questo si può dire, se pure pochi vorranno dire e sapranno riconoscere che ci fu una piccola rivoluzione se non degli affetti delle emozioni sì.

Continua a leggere

Pubblicato in Dare un volto alle cose | Lascia un commento