.
16 aprile 2008
In cerca di una sponda a cui ‘appoggiarsi’ mentre fuori diluvia, trovo soltanto l’antica fedeltà a ciò che sono. Si tratta sempre di continuare a diventare ciò che si è, cioè di esprimere fedeltà al proprio desiderio, senza cedere alla pretesa dell’Altro di aderire alle sue richieste, e senza conformarsi alle dicerie degli untori o alla clava della forza. Resistere, certo! Ma soprattutto scrivere la verità, perché viva la parola, perché il pensiero, avvolto come una molla, scattando all’improvviso, uccida! Contro la malinconia del così fu, praticare la gaia scienza del corpo: l’unica colpa di un soggetto è di cedere sul suo desiderio (Lacan). A quarant’anni esatti dal ’68, io mi appresto a celebrarlo come l’inizio della mia vita da sveglio, giacché da allora è nato in me l’amore per la libertà che si spinge fino al sacrificio, fino al punto di pensare che per essa sono pronto a sacrificare la vita.
Hannah Arendt ha scritto:
I lager sono i laboratori dove si sperimenta la trasformazione della natura umana […]. Finora la convinzione che tutto sia possibile sembra aver provato soltanto che tutto può essere distrutto. Ma nel loro sforzo di tradurla in pratica, i regimi totalitari hanno scoperto, senza saperlo, che ci sono crimini che gli uomini non possono né punire né perdonare. Quando l’impossibile è stato reso possibile, è diventato il male assoluto, impunibile e imperdonabile, che non poteva più essere compreso e spiegato coi malvagi motivi dell’interesse egoistico, dell’avidità, dell’invidia, del risentimento; e che quindi la collera non poteva vendicare, la carità sopportare, l’amicizia perdonare, la legge punire. La manifestazione del vento del pensiero non è conoscenza, ma è la capacità di distinguere il giusto dall’ingiusto, il bello dal brutto. E in realtà questo può impedire le catastrofi, almeno per me, nei rari momenti in cui si è arrivati a un punto critico.
La verità che giace al fondo e che abbiamo paura di riconoscere, scegliendo consumismo e conformismo, è che proveniamo dal nostro desiderio: il primum assoluto è il desiderio; incontreremo l’individuo al punto di intersezione tra desiderio e ‘parola’. Sempre di nuovo, si tratta di dare voce ad esso. E’ l’unica forza che sia capace di sovvertire l’ordine costituito, l’ordine che avanza. Per non soccombere alla forza del presente. Nel vento del pensiero è malinconia e disincanto, ma anche gioiosa promessa del sapere che distingue e che sceglie, che osa e che rischia, che resiste e che non teme di consistere qui e ora, mentre fuori piove a dirotto.
L’antipolitica è oggi la forma che l’Ideologia assume, e che agisce per conto del capitalismo. Essa si è data come compito di trasformare la natura umana, per fare degli abitatori del tempo e dei mortali individui sovrani e meri consumatori che si conformano allo spirito del tempo. Altro sapere non è dato. Il male assoluto sta prendendo questa forma. Sappiamo già come combatterlo. E’ anche importante sapere, però, dopo Bolzaneto, quello che ci aspetta.