*
Il cuore della cosa stessa – la realtà dell’anima, la sua vita, le forme del suo sentire – è storia, narrazione, racconto, vicissitudine, incanto.
Dentro il flusso della vita, nel caotico succedersi dei fatti quotidiani, non cerchiamo un Oriente: sappiamo di dover consistere nel magma indistinto, cercando appigli, file di continuità nella catena dei frammenti, riconoscimenti, la ‘salvezza’ delle cose oltre il loro svanire. Noi cerchiamo di risalire, oltre il disincanto del mondo, all’autentico dispiegarsi dell’esistenza umana.
Ciò che pregavi con amore,
che come cosa sacra custodivi,
il destino alle vane ciance umane
ha abbandonato per ludibrio.La folla entrò, la folla irruppe
entro il sacrario dell’anima tua,
e di misteri e sacrifici ad essa
aperti tu arrossisti tuo malgrado.Ah, fosse mai che le ali vive
dell’anima librata sulla folla
potessero salvarla dall’assalto
dell’immortale volgarità umana!Fedor Tjutcev
Questi versi rendono bene l’idea di ciò che si dà quando si superi la linea di confine che separa dall’invisibile: l’accesso a quest’ultimo non è ingresso letterale, effettivo, l’affacciarsi determinato al senso dispiegato delle cose.
Il contatto con l’anima e con il corpo dell’altro non è possesso. Non di un oggetto si tratta, infatti, ma di un soggetto che si dà per ritrarsi subito dopo, per pudore, perché sia salvo il nucleo di sé dall’oltranza della bellezza.
L’insistenza del pettegolezzo e dell’insinuazione, come la rivelazione di segreti lungamente custoditi nell’anima, ma anche – più semplicemente – il tradimento dei sensi nascosti di una vita, che era stato consentito di conoscere per privilegio o per amicizia, tutto l’intrudere, l’invadere, l’irrompere scomposto e ‘non autorizzato’ è far precipitare nel disincanto una relazione non importa quanto profonda e importante.
Stare ‘al di qua’ è contemplare l’incanto delle cose. Anche l’amore non dovrebbe essere stropicciato. La manutenzione degli affetti prevede cura e attenzione, certo, ma anche distanza e rispetto.
L’arte di fare passi indietro andrà ‘coniugata’ adeguatamente da una parte e dall’altra con accettazione e perdono, con l’arte della redenzione del ‘così fu’: contro la malinconia, che tende a far precipitare nell’irredimibile torti e incomprensioni, occorre elaborare in ascolto l’accaduto, prevedendo l’approdo a un’innocenza seconda che non è impossibile attingere, oltre l’errore e la dimenticanza.
L’imperfezione dei nostri strumenti umani è colpa. Solo prudenza e pazienza, umiltà e accettazione potranno impedire il perpetuarsi dell’errore e il rischio della caduta nella confusione dei sentimenti, che si traduce nell’incapacità di percepire il valore di ciò che ci sta più a cuore. La colpa più grande è, tuttavia, perdere di vista l’incanto delle cose, accostarsi ad esse con distrazione e scetticismo, incuranti della fragilità delle esistenze che popolano il mondo intorno a noi.
*
Le basi dell’educabilità di un Educatore (in Exodus) sono tre: muovere verso se stessi, verso gli altri, verso il mondo. La condizione dell’educabilità dei ragazzi dipende interamente dalla capacità di educare se stessi.