MARCO TRAVAGLIO, Minchiate, Passaparola 7 dicembre 2009

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PINA VARRIALE, Tutti tranne uno, Edizioni PIEMME

CONCITA DE GREGORIO, Giulia, la povertà all’improvviso, nel libro di Pina Varriale – Scheda Edizioni PIEMME

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Sei gradi di separazione

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MARCO TRAVAGLIO, La mafia non esiste, Dell’Utri e Berlusconi sì, Passaparola 30 novembre 2009,

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9383 giorni dopo – 25° fondazione Exodus – Concerto di musica sinfonica – Verona 30 novembre 2009 – ore 21.00 – Teatro Filarmonico di Verona – “Adiemus – Songs of Sanctuary” di Karl Jenkins

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CAMMINARSI DENTRO (106): ANTONIO SCIORTINO, La famiglia cristiana, una risorsa ignorata, MONDADORI

Famiglia cristiana

In un’Italia sempre più vecchia, in cui la situazione economica si fa di giorno in giorno più difficile, la famiglia è in gravi difficoltà. Ogni campagna elettorale porta con sé grandi promesse, ma il nostro è un Paese che attua politiche familiari dal respiro corto, con assegni per i figli “una tantum”, aiuti limitati e senza una vera prospettiva sul futuro.
E infatti godiamo di un triste primato in Europa: ci si sposa e si fanno figli sempre più tardi (a 32 anni gli uomini, a 29 le donne, che affrontano la prima gravidanza intorno ai 32). Naturalmente, la ragione non è solo economica: mancano progetti che spingano i giovani ad assecondare il desiderio di paternità e maternità, che li sostengano nel difficile compito di conciliare vita lavorativa e vita familiare, e che aiutino gli adulti ad assolvere le funzioni educative e a gestire le situazioni più complicate, come l’assistenza agli anziani o la cura di un disabile. A dire il vero, su congedi di maternità e paternità, part-time, telelavoro e asili nido la nostra legislazione qualche piccolo passo in avanti l’ha fatto. Per certi aspetti, siamo persino all’avanguardia. Ma, purtroppo, solo sulla carta: nella realtà c’è molta resistenza a mettere in atto quanto previsto dalle politiche familiari, soprattutto da parte degli imprenditori.
Don Antonio Sciortino, che da molti anni dirige il settimanale “Famiglia Cristiana”, traccia il quadro della famiglia italiana, quella vera, non il suo surrogato pubblicitario delle fiction televisive, invitando tutti, laici e cattolici, a una riflessione sul significato che ha assunto oggi. Costituzione alla mano, affronta il delicato tema delle unioni di fatto, e sottolinea la necessità di una politica a favore del ricongiungimento familiare, vera sfida delle politiche sull’immigrazione, unica via percorribile per raggiungere una reale integrazione. Convinto che la famiglia, lungi dal rappresentare una voce di spesa a fondo perso nel bilancio dello Stato, sia una risorsa da sfruttare per il bene comune e per il futuro del nostro Paese: “La famiglia è un di più per il contributo che la sua stabilità e la forza dei legami danno alla società. L’educazione che dà ai figli ha un riverbero sociale non indifferente. Se in famiglia si stabiliscono rapporti di fiducia, se si educa a cooperare e a collaborare, è probabile che questa stessa logica sarà messa, più facilmente, a servizio della società”.

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CAMMINARSI DENTRO (105): Padre nostro…

Mattutini

Padre nostro, perché non sei soltanto padre mio? Non dirmi che sono egocentrico, emotivo, adolescente. Ho tanto bisogno di sentirmi posseduto dalla tua paternità. Non sarò geloso se, dopo, sarai anche padre degli altri. Ho bisogno per un attimo di rapirti, annusarti, come si annusano i gigli, le rose, i tulipani. Voglio annusarti per portarmi dentro il tuo profumo di padre. Sei stato per troppo tempo nei cieli, ora ti voglio per terra, ti voglio vicino, voglio tenerti per mano, cantare, camminare,dormire insieme, sentire il tuo respiro. Il cielo è troppo lontano. Senza di te, qui, il cielo è inutile e la terra un inferno. Ascoltami: padre mio che sei qui in terra, mangia con me non solo il pane quotidiano, ma anche l’aceto quotidiano, sorridi con me quando perdono, piangi con me quando sbaglio… Allontana le tentazioni, perché mi sento tanto debole, troppo debole.Anche con te vicino ci sono troppi lupi in giro che dissacrano il tuo pane, che avvelenano il tuo vino, che deridono la tua misericordia. Ti prego resta qui con me. Abbà!

[dalla quarta di copertina di Mattutini,
di don Antonio Mazzi]

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CAMMINARSI DENTRO (104): Sentinella del Mattino.

La scelta di don Antonio di chiamare Mattutini la sua opera più recente e più importante suona felicemente antimoderna, ma per niente nostalgica. Non contiene l’elogio della città antica, come nel Dante del XV del Paradiso, dove l’elogio di Firenze antica poggia quasi per intero sull’esaltazione della campanella che diffondeva nell’aria il suono delle ore canoniche: era il «tempo della Chiesa» a cui sempre più si opponeva ormai il «tempo del mercante» (J. Le Goff).

Se è stato detto, anche per questo, che il poema di Dante è il canto del cigno della civiltà feudale al tramonto (A. Gramsci), di nessun passato glorioso e incontaminato vorremmo essere con don Antonio vessilliferi.

Interamente conficcata nel presente, la realtà di Exodus è dimensione educativa, preoccupata certo delle derive del tempo, ma impegnata nel presente a testimoniare la possibilità di una vita migliore.

A noi preme qui sottolineare il fatto che l’ora canonica chiamata Mattutino sia prediletta da don Antonio a significare per noi la volontà strenua di tenersi comunque appartato nella sua dimensione religiosa, nella pratica della preghiera. Forse, egli cerca di dirci che tutto quello che ha fatto assieme a noi negli ultimi venticinque anni non è stato altro che preghiera. Egli non ha fatto altro che perdonare e ringraziare.

Il volume dei Mattutini ha un secondo titolo: Orme sui Mattutini. In fondo al volume, la prima di una serie di immagini è dedicata alle orme. Essa ripropone nella parte bassa la foto di impronte umane sulla sabbia (il cammino terreno?) e nella parte alta impronte che escono dalla foto per perdersi nella parte bianca della pagina, verso l’alto (il cammino ultraterreno che lo attende?). «Comunque vada… ci sarò!!!» : egli non ci abbandonerà.

Se l’ufficio del Mattutino fa pensare alle ore insonni durante le quali egli ha scritto – ha meditato e ha pregato -, ciò che l’opera sembra dirci è questo: cercate nel tempo dell’anima la vostra salvezza, non nelle ore feriali del lavoro e degli affanni mondani. Siate come la sentinella che veglia sul sonno dei fratelli. Anticipate il giorno (la sua quarta Beatitudine: Beati quelli che fanno prevenzione?). Fate come il monaco pio che approfitta del silenzio della casa: sia tutta la vostra vita un raccolto meditare e pregare, perché più fruttuose siano le ore del lavoro.

Come il monaco impegnato nella veglia, assorto nei Salmi, don Antonio ci parla dai suoi Mattutini, dalle ore e dagli uffici notturni, senza allontanarsi mai da noi: in realtà, non è mai stato lontano. Infatti, in fondo all’opera scrive: Compagni di viaggio, e nel numero dei suoi compagni ci sono i canti che abbiamo cantato insieme; in apertura, il testo letto da Walter Drusetta – a nome di tutti i suoi Educatori – in Santa Maria delle Grazie a Milano: questa presenza significa chiaramente che la prima ‘orma’ è quella che noi abbiamo lasciato nel tempo, camminando assieme a lui. Il suo non è stato un cammino solitario. Non era una avanguardia aristocratica, detentrice di un sapere iniziatico. Era (è) padre. Giustamente, oggi manda avanti i suoi figli. Ad essi chiede di lasciare l’impronta del cammino fin qui tracciato.

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CAMMINARSI DENTRO (102): Orme sui Mattutini.

Mattutini

La sera di sabato 3 ottobre 2009, dopo cena, a Sirmione sul Garda, il terzo giorno del XXI Capitolo di Exodus, don Antonio ha voluto che facessimo una Veglia di preghiera, come ogni anno. Eravamo circa cinquecento. Ognuno con tre piccoli sassi raccolti sulla riva del lago. Abbiamo disegnato lungo la sala dell’Auditorium del Garda Village una croce con la quale l’ambiente è risultato suddiviso in quattro aree che dovevano corrispondere alle quattro Aree di Exodus: Nord Ovest, Nord Est, Centro, Sud. Ci siamo disposti dentro la nostra Area. Abbiamo ascoltato, cantato, pregato, meditato in silenzio. Don Antonio era commosso e riconoscente.

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CAMMINARSI DENTRO (103): Il Mattutino.

Il nome della rosa è suddiviso in sette giornate e ciascuna giornata in periodi corrispondenti alle ore liturgiche. Nella Nota che precede il Prologo Umberto Eco avverte: i riferimenti alle ore canoniche da parte di Adso, l’estensore del manoscritto dal quale egli finge di trascrivere la narrazione, suscitano in lui perplessità, «perché non solo la loro individuazione varia a seconda delle località e delle stagioni, ma con ogni probabilità nel XIV secolo non ci si atteneva con assoluta precisione alle indicazioni fissate da san Benedetto nella Regola.
Tuttavia, a orientamento del lettore, deducendo in parte dal testo e in parte confrontando la regola originaria con la descrizione della vita monastica da Edouard Schneider in Les heures bénédictines (Paris, Grasset, 1925), credo ci si possa attenere alla seguente valutazione:

Mattutino (che talora Adso chiama anche con l’antica espressione di Vigiliae). Tra le 2.30 e le 3 di notte […].

Il computo si basa sul fatto che nell’Italia settentrionale, alla fine di novembre, il sole si leva intorno alle 7.30 e tramonta intorno alle 4.40 pomeridiane».

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Secondo giorno
MATTUTINO
Dove poche ore di mistica felicità sono interrotte da un sanguinosissimo evento.

Simbolo talora del demonio, talora del Cristo risorto, nessun animale è più infido del gallo. L’ordine nostro ne conobbe di infingardi, che non cantavano al levar del sole. E d’altra parte, specie nelle giornate invernali, l’ufficio di mattutino ha luogo quando ancora la notte è piena e la natura tutta addormentata, perché il monaco deve alzarsi nell’oscurità e a lungo nell’oscurità pregare attendendo il giorno e illuminando le tenebre con la fiamma della devozione. Perciò saggiamente la consuetudine predispose dei veglianti che non si coricassero con i confratelli, ma trascorressero la notte recitando ritmicamente quel numero esatto di salmi che desse loro la misura del tempo trascorso, così che, allo scadere delle ore votate al sonno degli altri, agli altri dessero il segno della veglia.

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CAMMINARSI DENTRO (101): La dimensione educativa di Exodus.

vita autentica

A Sonico (Brescia, 6 settembre), in uno dei più importanti incontri con i suoi Educatori, la svolta. La realtà di Exodus viene ridefinita da don Antonio Mazzi nella sua architettura dinamica, con una sintesi non nuova, ma con un tono del discorso che lascia intendere una volontà di progetto che chiude una riflessione che coincide con tutta la storia della Fondazione. Oltre le sue sedi.

  • Il Capitolo, arcata portante. Sinodo, Capitolo, momento forte d’incontro. Punto d’arrivo e punto di partenza.
  • Le Carovane. Il cammino. L’esodo.
  • Anche noi Educatori dobbiamo tornare all’Esodo. La nascita come elemento costituente. Una volta all’anno bisogna mollare tutto per stare insieme. Il pellegrinaggio del 2009 ha avuto come meta la Terra Santa. Il pellegrinaggio del 2010 ci condurrà da Roma all’Abbazia di Montecassino, lungo la Via Benedicti. sarà un cammino di umiltà e sarà impostato sul sentimento del perdono.
  • Le attività che noi chiamiamo Avamposti:

La cornice di tutto questo è la Parola. Stare insieme. Le relazioni. Non il lavoro che facciamo, ma le relazioni. La Parola è amore, tenerezza, disperazione. Far venire fuori le ricchezze che abbiamo dentro. Facciamo prendere coscienza del fatto che siamo scartini.

Noi siamo un piccolo Movimento educativo. Una piccola cellula educativa.

L’educabilità (dei ragazzi) dipende dalla nostra educabilità.

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Il XXI Capitolo (Sirmione sul Garda, 1-4 ottobre 2009) ha avuto come tema “… la pietra scartata …”.

Tra le cose trattate:

A un certo punto Cristo ha fatto diventare Dio relazione: “Non chiamatelo Javeh, chiamatelo padre”.

Ognuno deve tornare alla propria storia.

Le 10 parole per il prossimo anno:
(per i ragazzi)
SCEGLI DI ESSERCI
SAPER ACCETTARE GLI INSUCCESSI E’ UN SUCCESSO
PULIRSI LE SCARPE PRIMA DI ENTRARE
IMPARARE AD IMPARARE
SPALLA A SPALLA NEL CAMMINO
(per gli Educatori)
RICORDATI DI RICORDARE DI NON DIMENTICARE
L’UTOPIA NON E’ UN SOGNO
SPERSONALIZZARSI PER PERSONALIZZARSI
L’ORIZZONTE NELLO SGUARDO
LA GRAZIA DELLA FERMEZZA

Cambiare con le piccole cose.

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La formazione del 2009 si chiude con le giornate di Costagrande (Verona, 11-12-13 dicembre 2009), che avranno come tema: Spostare le tende.

1. La teologia dello scartino.

2. La condizione di base della Educabilità.

3. Autobiografia.

4. Fin dove spostare le tende.

Macrotemi comuni a Educatori senza frontiere

1. Le attuali tendenze alla mondializzazione. I Paesi poveri e i Paesi impoveriti. Quali povertà e quali sviluppi…

2. Il paese dei balocchi: consumi e dipendenze. Oltre lo sballo e il culto dell’esteriorità.

3. Le istituzioni pubbliche e private nell’era apolitica. Quello che resta del sistema e le sue alternative.

4. I Cristi delle tende. Beati i poveri.

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Leggere

FRANCO TAVERNA, Come gira il fumo… Parole e fatti per capire e affrontare le droghe, EDIZIONI SANPAOLO

Don Antonio Mazzi, Di squola, si muore!?, EDIZIONI SANPAOLO

 

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CAMMINARSI DENTRO (100): E’ tempo di padri.

[Post in progress]

don


È tempo di padri.
Il grande Anno delle Madri sta declinando.
Proprio nel massimo del suo fulgore il tempo del femminino mostra limiti e mostruosità a lungo nascoste.
La fratellanza inquieta dov’è?
Dove la casa comune?
Il sogno reciproco?
La merce sulle bancarelle si fa stantia.
Altre voci incalzano. Padri sereni avanzano severi e corrucciati.
Per niente disposti ad annuire scontenti.
È tempo di padri.

Non si tratta di fondare movimenti o di dettare proclami. Non c’è da contrapporre ragioni a ragioni. Piuttosto, è ora che i padri si assumano le loro responsabilità di padri. Dopo che è stata decretata la loro morte, è tempo di far sentire la voce che è propria del padre. La pazienza e la lungimiranza, la capacità d’ascolto e il perdono, il coraggio e il silenzio, il segreto… Bisogna procedere da soli, non attendere e non vivere di risulta, appoggiati alla sponda femminile. Non bisogna lasciare che siano le donne a decidere, per evitare conflitti anche gravi: se le donne sono incapaci di tenere a bada la loro Ombra, non rassegnarsi alla loro violenza. Gli amori nascono e muoiono. Le relazioni basate sul primato della stupidità non servono a niente: generano lutti e rovine. Tenere ben distinti i ruoli di maschio e femmina, moglie e marito da quelli di padre e madre. Riconoscere e rispettare il ruolo della madre e pretendere che la madre faccia vivere presso i figli la figura del padre. Riconosce e rispettare il ruolo del padre e pretendere che il padre faccia vivere presso i figli la figura della madre. L’esperienza nel Centro di ascolto insegna che spesso la madre nega la realtà del padre, come accade pure che padri autoritari neghino la realtà della madre. Il diniego è la causa prima della violenza. Nessuno accetta di buon grado di vedere negato il proprio ruolo, la propria funzione educativa. Allora, è indispensabile che ciascuno per la propria parte, se essa è oscurata dal partner, proceda senz’altro, senza indugi, che parli con franchezza e onestà ai figli, perché emerga finalmente il padre.

Essere madri, compagne, padrone di casa, lavoratrici. Tutto in un giorno. Quante donne affannate si rendono impazienti, inadempienti, prede dell’Ombra! Sembra quasi che altro a momenti non sia dato vedere, se non duri riflessi dell’Ombra.

Nel 1975 ho visto esplodere il femminismo in Italia, una nuova stagione di diritti, la nuova donna, parità più che uguaglianza, case editrici, antropologhe, filosofe, tanta letteratura. (L’onda è giunta fino a noi, a questo Evo di ferro, in cui ritorna il fascismo, la violenza imperversa dappertutto, contro i bambini, contro i diversi e gli stranieri, i tossicomani, i disabili, i deboli, le donne). Le mie amiche di allora dichiaravano tristi che non sarebbero state felici, che solo le loro figlie avrebbero visto il nuovo: loro portavano ancora nell’anima i segni della civiltà che tramontava sotto i colpi della dignità delle donne finalmente ritrovata. Bisognava aspettare venti o trent’anni, forse anche più, per vedere la nuova donna nascere finalmente libera in una società che non avrebbe educato più alla sottomissione e al silenzio. In quegli anni ero femminista anche io. Mia figlia Sara era nata un anno prima. Ero con lei, impegnato a farla crescere libera, cioè senza paure. Con il tempo, ho smesso di dire di essere femminista: qualcuno mi guardava in cagnesco. Correva questa voce: “Non c’è niente di più tristo / di un maschio femministo”. Sentivo di non poter sopportare nemmeno il pensiero che una donna potesse essere violentata. Ero pronto all’evenienza di una violenza per strada. Giravo armato, per sentirmi pronto a difendere una donna che potesse essere aggredita da un balordo. Insomma, ero felice del nuovo. Sentivo che ne saremmo usciti rigenerati tutti. E così è stato. Ho visto crescere i miei alunni negli anni ottanta e novanta, fino a questo decennio che volge al termine. C’è stata una mutazione antropologica anche per i maschi. Non più padri-padroni né primi o più forti. Abbiamo imparato a distinguere i tratti del carattere maschile da quelli del carattere femminile. Io non condivido l’ottimismo teorico di chi considera superata la Frauenfrage: la lotta tra i sessi non è mai finita. Si è aggiornata. Ha assunto nuove forme. Eventi culturali e di costume si sono succeduti numerosi nel tempo, fino a disegnare un paesaggio che non consente di dire più che siamo al cospetto del maschio di una volta o della donna di una volta. questo nuovo, tuttavia, non si lascia interpretare univocamente. Se appena ci mettiamo a discutere, la distanza delle opinioni si fa all’improvviso grande. Io ragiono in termini di genere umano maschile e di genere umano femminile, per significare una diversità, una differenza, una distanza che sono destinati a crescere, a dispetto dell’ottimismo ingenuo che circola nella nostra società. i facili costumi sono scambiati per vicinanza e facilità delle relazioni.

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MARCO TRAVAGLIO, Berluschino il breve, Passaparola, 16 novembre 2009.

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MARCO TRAVAGLIO, Piano B: non finire in carcere, Passaparola del 9 novembre 2009

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Eluana era morta la notte del 18 gennaio 1992, quando sbandò con l’auto sul ghiaccio tornando da una festa con amici.

TOMMASO CERNO, Eluana, la verità,
l’Espresso online, 12 novembre 2009

ONORE A BEPPINO ENGLARO!

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